LOTTA SALVEZZA CERCASI

Vi ricordate che meraviglia era la lotta per non retrocedere? Quante emozioni si vivevano nelle ultime giornate di campionato? Forse anche di più di quelle della lotta scudetto: si lottava sul filo dei secondi, della differenza punti, spesso in contemporanea e a centinaia di chilometri di distanza.

Geri De RosaSe eri parte in causa, ovviamente, ti divertivi un po’ meno però come dimenticare la felicità dei biellesi al PalaDozza di Bologna per la salvezza del 2005? E dire che festeggiavano dopo una sconfitta visto che nel frattempo Reggio Calabria aveva perso a Livorno. Oppure quante emozioni ha regalato la sfida senza domani tra Capo d’Orlando e Reggio Emilia nell’ultima emozionante giornata del 2007? Insomma la lotta per non retrocedere rappresentava al meglio l’anima della pallacanestro, l’unico sport nel quale puoi toccare, perdere e ritrovare in pochi secondi la gioia e la disperazione, il paradiso e l’inferno. Rappresentava, appunto: perché, ovviamente, essendo uno degli aspetti più emozionanti, se non addirittura il più emozionante (almeno negli ultimi anni in cui la lotta scudetto non è esistita), il basket italiano ha pensato bene di rimuoverlo. Quest’anno la lotta per la retrocessione non è mai cominciata, ne abbiamo forse visto un fugace succedaneo nei primi mesi dell’anno. Del resto se si decide di istituire una sola retrocessione, si decide anche di rinunciare a tavolino a questa emozionante volata o, almeno, di ridurre drasticamente le possibilità che questa ci sia fino alla fine. L’anno scorso, proprio per questo motivo, è arrivata l’idea più maldestra di tutte, la madre di tutte le “geniali” intuizioni: il cosiddetto “premio di risultato” o “wild card” (non chiamatela così, mi raccomando, se no in Lega si offendono…), da cui, a cascata, si è originata una sequela di disastri che neanche Stanlio e Ollio avrebbero potuto inventarsi. Non ultimo il campionato monco, a diciassette squadre, e, appunto, la singola retrocessione. E dire che ce l’hanno venduta come una grande trovata progressista, nel nome di un progetto che avrebbe dovuto dare stabilità al movimento. Peccato che tale fantomatico progetto, per il resto, non è mai esistito. Anzi, si è trattato di pura improvvisazione e quando si improvvisa spesso finisce così: se si commette un errore ci si ingegna per rimediare e così se ne commette un altro e poi un altro ancora in una lunga catena, una catena nella quale tutti ora come ora sono impigliati. E così dal premio di risultato si è passati al balletto fra Teramo e Venezia della scorsa estate, al campionato a 17 squadre, alla singola retrocessione e alla ulteriore perdita di interesse di un campionato che fatica sinceramente ad entusiasmare. Il tutto per una serie di scelte, a tavolino, che privilegiano chiaramente gli interessi individuali (in questo caso il rischio limitato di retrocedere) a quelli complessivi del movimento. Quest’anno tutte le squadre, tranne Casale, potranno festeggiare la salvezza: festeggiarla in campo però era un’altra cosa.

GERI DE ROSA