Guido Rosselli, uno dei più positivi della stagione di Torino (Foto M. Marengo)

Guido Rosselli, uno dei più positivi della stagione di Torino (Foto M. Marengo)

“A Varese giochiamo noi”, “Fuori i coglioni, tirate fuori i coglioni!”, “Facci uno schema, oh Bechi facci uno schema”.

Il riassunto di una domenica disastrosa si racchiude in 3 cori fatti dagli ultras Rude Boys, la curva dell’Auxilium Torino. La sensazione è che si sia toccato un po’ il fondo e si sia decisamente in bilico tra una difficile risalita e uno scavare ancor più profonda con conseguenze potenziali che hanno un che di tragico.

Sì perché ci sono voluti 22 lunghi anni per la città per riappropriarsi di una Serie A sudata e conquistata dopo anni di purgatorio. Ci sono voluti anni per riappropriarsi di un nome, Auxilium, che per Torino rappresenta un pezzo di storia. Ci sono voluti anni per riappropriarsi di un amore di un pubblico che per troppo tempo ha snobbato uno sport che era vittima della grandezza del calcio e delle sue squadre torinesi, che facevano ombra su un movimento che non chiedeva altro che tornare a splendere di luce propria.

Ora, in sole 5 partite di Serie A, la dura realtà si è palesata di fronte agli occhi di tutti e la bella favola della rinascita, non pare più così bella.

IL NOME

Qualcuno in sala stampa nell’ultima partita ha chiesto a coach Luca Bechi se in estate non si fosse cavalcata troppo l’onda del cambio di nome e della rinascita del marchio Auxilium, con proclami della proprietà (dopo la divisione con il Mondo PMS) su un ritorno ai fasti di un tempo e di una squadra che avrebbe dovuto in qualche modo ricordare la grande Auxilium che furono. A livello di marketing la scelta è stata più che azzeccata, perché tanti appassionati hanno ripreso a seguire la squadra anche alla luce di questo clamoroso ritorno agli albori, ma da qui a trasformare l’iniziativa in un boomerang il passo potrebbe essere più breve del previsto, perché una piazza come Torino sa essere esigente e il confronto con il passato in questo momento può risultare spietato e tanti falchi (o gufi, come da voci di curva vengono chiamati gli scissionisti) sono pronti a far pesare la scelta del ripescaggio di un marchio così importante per i tifosi.

Ian Miller. Per lui voci di possibile taglio (Foto M. Marengo)

Ian Miller. Per lui voci di possibile taglio (Foto M. Marengo)

I RISULTATI

Due punti in 5 partite non è un tabellino di marcia eccezionale. Le pesanti sconfitte casalinghe contro Reggio Emilia, Venezia e Cremona, la sconfitta più onorevole contro la nemica storica Cantù e la sofferta vittoria di Caserta hanno mostrato una Auxilium in netta difficoltà a riuscire a fare la partita e a ottenere risultati, soprattutto tra le mure amiche. Le sconfitte sono state tutte pesanti e anche contro una squadra contro Cremona, che ai nastri di partenza doveva essere di un livello simile a quello di Torino, la differenza di gioco è stata troppo marcata. La classifica è ancora piuttosto corta e si può recuperare, ma il campanello d’allarme per i risultati ottenuti suona distintamente.

IL GIOCO

Qui c’è la nota più dolente della stagione. Al momento attuale Torino ha un gioco prevedibile e con poca varietà, con grossolani errori difensivi sulle rotazioni, che permettono canestri facili agli avversari e un attacco che fatica non poco a sfruttare le caratteristiche dei propri interpreti. Non mettere un giocatore come Andrè Dawkins nelle condizioni di tirare in uscita dai blocchi e sperare che possa creare canestri in situazione di palla in mano, oppure affidare un attacco statico nelle mani di Ivanov o di Mancinelli in post senza prima creare situazioni di mismatch, vuol dire non metterli nelle condizioni di rendere al meglio.

Oltretutto, in difesa, sui Pick And Roll e sui tagli dal lato debole, la squadra patisce decisamente oltre il dovuto.

IL ROSTER

Parlare con il senno di poi è sempre facile, ma più di qualche addetto ai lavori e molti tifosi fanno notare come alcune scelte operate dallo staff di Torino forse non siano state delle migliori. Prendere Dawkins e non farlo giocare da tiratore quale è non è una soluzione efficace. Confermare Ian Miller sapendo che come tipo di giocatore renderebbe al meglio se libero di creare palla in mano con tanti possessi a disposizione e accoppiato a un difensore che gli possa coprire le spalle neppure.

Sul reparto lunghi pesa ovviamente l’infortunio di quello che doveva essere il pezzo da 90, DJ White, ma il suo sostituto, Dejan Ivanov, ha caratteristiche troppo differenti per poterlo surrogare e con lui in campo si è sempre a rischio di subire troppo difensivamente. Considerando inoltre che il lungo più importante in questo momento è Ndudi Ebi, che sulla carta sarebbe dovuto essere lo specialista difensivo pronto a dare energia ma che allo stato attuale è chiamato a dare un grosso contributo offensivo soprattutto da situazioni dinamiche, qualcosa stride.

Nel ruolo di play, poi, Dawan Robinson non sta rendendo secondo le attese e il suo gioco offensivo risulta troppo facile da leggere e contenere, vista la sua indole a buttarsi dentro e a essere facilmente battezzabile al tiro (in questo momento viaggia con un poco edificante 14% al tiro da tre con 1 solo canestro su 7 tentativi).

A questo si potrebbe anche aggiungere l’età non proprio verdissima di Giachetti, Rosselli e Mancinelli, alle prese tutti con problemi fisici di più o meno lieve entità che ne stanno limando l’apporto (anche se ad onor del vero gli ultimi due sono risultati tra i più positivi di questo travagliato inizio di stagione).

Luca Bechi. I tifosi si aspettano di più da lui (Foto M. Marengo)

Luca Bechi. I tifosi si aspettano di più da lui (Foto M. Marengo)

LE SOLUZIONI

Stando ai “si dice” si potrebbe rivoluzionare parte del roster, con il taglio di uno o entrambi gli esterni USA al rientro di DJ White e con una conferma di Ivanov (che ad oggi pare però improbabile sia per il rendimento del bulgaro sia per i costi di investimento dell’operazione). Però in questi giorni è tornato in auge il nome di Sean Kilpatrick, già seguito in estate dalla dirigenza gialloblù. L’eventuale arrivo dell’ex Cincinnati escluderebbe proprio uno tra Miller e Dawkins (più probabilmente quest’ultimo per motivi di stipendio) e porterebbe poi a cercare un giocatore comunitario da inserire come lungo. Di sicuro il rientro di DJ White viene atteso quasi quanto il terzo segreto di Fatima.

L’altra soluzione vorrebbe la sostituzione della guida tecnica. Luca Bechi non è mai stato particolarmente amato dalla tifoseria (anche per i suoi trascorsi  in quel di Biella) e l’inizio di questa stagione lo ha mostrato poco reattivo nel trovare soluzioni ad un gioco stantio. La società però lo ha confermato con vigore, forte del contratto firmato fino al 2017, anche se negli ambienti torinesi si parla di fiducia a tempo, con le partite di Varese e Milano che potrebbero essere fatali al coach della promozione della scorsa stagione in caso di doppia sconfitta. Le alternative emerse sono le più disparate: si va da Frates a Dalmonte, che poco convincono il pubblico, a Zare Markovski, coach di esperienza internazionale ma con un ingaggio decisamente più importante.

IL FUTURO

Difficile capire quale strada intraprenderà la società, ma è certo che una scossa deve essere data all’ambiente, perché nelle sconfitte casalinghe si è vista una squadra con un approccio mentale non all’altezza della Serie A. Un cambio di rotta è auspicabile nel breve o gli scricchiolii tra tifoseria e società potrebbero diventare fratture e i cori sentiti domenica amplificarsi e trasformarsi in distacco verso una realtà che tanto ha faticato per riavvicinare il pubblico ad un palazzetto, che già nell’ultima partita presentava diversi vuoti e momenti di freddo distacco verso chi pochi giorni prima era considerato alla stregua di un’innamorata.