Ecco Bryant Dunston, il lungo cresciuto nel college di Yelverton

VareseC’è un sottile “fil rouge” che lega Bryant Dunston a Varese. Una linea rossa che prende il via dall’altra parte dell’Oceano, da Rose Hill Campus, Bronx, New York, sede di Fordham University, famoso college che gli appassionati di storia cestistica varesina associeranno, in tempo zero, ad un altro grande prodotto di quell’ateneo: Charlie Yelverton.

Dunston, esattamente come l’indimenticabile “Charlie Sax”, è stato giocatore a Fordham e con la maglia dei Rams ha macinato un record via l’altro (2° miglior marcatore di sempre, tanto per fare un esempio) conquistando qualche attenzione anche da parte dei professionisti dell’NBA.
«Ho sentito parlare di Yelverton, uno dei pochi giocatori che, uscito da Fordham, prima è approdato in NBA poi – dice Bryant -, si è costruito un’eccellente carriera in Europa. Per quanto riguarda le attenzioni dei professionisti devo dire che, al di là di diverse partecipazioni alle Summer League – Las Vegas con i Los Angeles Laker, Denver con i Miami Heat solo per citare le più prestigiose -, esse non sono mai sfociate in niente di serio sotto il profilo contrattuale».
Dispiaciuto per aver ricevuto la porta in faccia dai “Pro”?
«La delusione è stata grossa perché arrivare in NBA è il sogno di tutti i ragazzi che negli Usa giocano a pallacanestro. Tuttavia, incassato il rifiuto, non ne ho fatto una malattia pensando che nel mondo c’è tanto basket e, per fortuna, esistono molte altre possibilità di essere professionisti».
Lei ne ha sperimentate diverse viaggiando ai quattro angoli del globo cestistico: Corea, Grecia, Israele e, adesso, l’Italia…
«Ad eccezione della sfortunata parentesi greca, pochi mesi di gioco disputati con la maglia dell’Aris Salonicco, ho il ricordo di esperienze eccellenti sia dal punto di vista tecnico, sia umano. In Corea e Israele sono stato benissimo, mettendo assieme stagioni più che soddisfacenti. Campionati di buona caratura, fondamentali per aprirmi le porte verso un campionato competitivo come quello italiano».
Cos’è per lei l’Italian League? Un punto d’arrivo?
«Niente di tutto ciò: direi piuttosto un altro ostacolo da superare per diventare un giocatore e un uomo migliore. In Grecia e Israele ho già avuto l’opportunità di affrontare grandi squadre come Panathinaikos, Olympiakos o Maccabi e alcuni tra i più importanti giocatori europei. Ma quasi tutti mi hanno descritto il campionato italiano come uno dei più duri aggiungendo che solo da voi si giocano partite tiratissime ogni domenica. L’Italia rappresenterà un banco di prova sul quale testare il mio livello di preparazione e, perché no, anche le mie ambizioni per il futuro».
Dunston giocatore ambizioso, voglioso di crescere, migliorare e con l’età giusta: un club come la Cimberio non potrebbe chiedere di meglio…
«So che Varese dopo aver conquistato i playoff per due stagione consecutive vorrebbe alzare ancora di più l’asticella e – commenta il lungo biancorosso -, per riuscire a centrare l’obbiettivo ha allestito una squadra nuova di zecca. Intorno a me ci sono tanti ragazzi motivati, pronti a chiedere molto a loro stessi e desiderosi di sfondare. Io e miei nuovi compagni stiamo camminando insieme e uniti in una sola direzione».
Dunston, tanto potente e presente sul parquet, appare come un ragazzo timido, riservato, di poche e misurate parole quando è lontano dalla palestra…
«Fordham, College dei Gesuiti, ha una forte matrice religiosa. Io stesso appartengo alla Chiesa Battista e smessi i panni di giocatore mi considero “Spirituale”. Ma sul campo mi piace esprimere energia, atletismo, fisicità ed entrare in tutte le fasi del gioco. Insomma, spero che la Cimberio, con me, abbia trovato il suo punto di riferimento dentro l’area».


Massimo Turconi - La Prealpina