(Foto Savino Paolella 2013)

(Foto Savino Paolella 2013)

Sergio Scariolo (EA7 Milano): “C’eravamo proposti questa partita come esempio, come modello di quello che potremmo trovare nei play off: molti incontri fuori casa contro avversari forti. Siamo stati avanti dall’inizio alla fine, resistendo a un paio di rientri molto seri di Cantù, formazione ben dotata ed organizzata, specie fisicamente. In diversi frangenti del match abbiamo avuto momenti con vantaggio di statura, una buone distribuzione del gioco e ottimi passaggi ai compagni liberi. Possiamo migliorare ancora, specie se penso all’ultimo quarto, durante il quale abbiamo fatto delle scelte  affrettate. La difesa ha comunque tenuto: la lettura della stagione passa dal nostro rendimento difensivo, e oggi abbiamo fatto un sicuro passo in avanti. Questo ci rafforza nelle scelte che stiamo facendo. I giocatori che seguono regole ben precise, che si sforzano in difesa, che giocano bene l’uno contro uno, che mettono intensità ed energia sono quelli da premiare e di cui riconoscere lo sforzo.  Mentalmente ci siamo stati, non c’è dubbio che il nostro problema- in questa stagione-  è stato perdere la giusta concentrazione e lo sforzo di giocare insieme. Molto spesso questo ci è costato partite punto a punto: oggi abbiamo contenuto i cali, e senz’altro la fiducia e la personalità di chi ha preso determinati tiri sono state incoraggianti. Dovremmo riuscire a palleggiare meno, a tirare di più e più velocemente, ad essere più fluidi in attacco. Se la difesa si chiude e la palla passa agli esterni, bisogna tirare con fiducia”

 

Andrea Trinchieri (Lenovo Cantù): “Complessivamente non abbiamo prodotto una grande partita, anche se nel momento migliore abbiamo invertito l’inerzia fino al terzo e quarto fallo di Aradori, un fallo che ci è costato sangue. Abbiamo cercato di limare le palle perse, ne abbiamo regalate 6 senza motivo all’avversario. E’ una situazione strana e frustrante: riusciamo a fare il record di palle perse e subiamo in quei momenti i canestri più dolorosi. Mi vengono in mente alcune fotografie del match, che hanno determinato il finale: ad esempio che guardie di Milano ci hanno fatto molto male. Certo, ora vorrei che il nostro nuovo giocatore ci desse una mano, ma se non succede qualcosa nella testa dei miei giocatori non so quante chance avremo. Non servirebbe neppure Lebron James, stante questa situazione psicologica. Siamo andati al riposo sul meno 7 con 1 su 7 da tre e il 60% ai liberi: se Gentile va in contropiede si può anche fare fallo. Il problema è che non l’abbiamo fatto. Il primo quarto è stato fondamentale per il rendimento di Gentile: Langford ha passato molto e bene la palla, ma segnando a ripetizione non si è sentito in dovere di attaccare il ferro. Poi, a rimonta quasi effettuata, ci ha spaccato la schiena. Se possiamo fare di più? Ho l’esperienza sufficiente  per sapere che la gente  si ricorda  sempre l’ultimo tiro, ma non di quello che è successo prima, in positivo e in negaativo. Ho esternato molto chiaramente ai miei giocatori che conta tutto quello che è stato fatto, dall’inizio alla fine: quello che ci aspetta è molto chiaro. Potere, possiamo. Volere, vogliamo. E allora dobbiamo farlo, senza se e senza ma”.