Il general manager dell’Olimpia Milano passata alla storia, quella di D’Antoni-Meneghin-Mc Adoo-Gallinari (sr)-Peterson, parla a ruota libera con  Dailybasket. ‘Due  soli stranieri per squadra, così si guarisce il basket italiano malato’, la proposta forte del ‘nobile’ Cappellari. Che tra i suoi avi vanta persino un Pontefice…

Oscar Eleni, sodale cappellariano di rito Antico e Accettato

Oscar Eleni, sodale cappellariano di rito Antico e Accettato

TRENTO  – Incontriamo Toni Cappellari a Trento, nei giorni della Trentino Basket Cup, di ritorno da una delle consuete incursioni enogastronomiche compiute assieme ad Oscar Eleni, pezzo pregiato dell’aristocrazia giornalistica che ruota intorno al cesto (o di quel che ne rimane).

All’appello, per formare un trio delle meraviglie degno dell’attacco brasiliano di inizio anni Sessanta, manca solo il ‘legionario’ Werther Pedrazzi. Ma è come se ci fosse. Cappellari ed Eleni, a Trento, hanno scovato delle ottime birre rosse, e infatti hanno dei tratti rubizzi in viso (appena sfumati: parliamo di gente che dà del tu al bicchiere, quindi gente capace di bere e di contenere gli eccessi).

D’altro canto Trento è la terra della Forst Sixtus, una birra rossa assimilabile ai Lakers di Pat Riley: spettacolarmente sublime. Affrontando passato, presente e futuro,  Cappellari- come dice lui- ‘ce la spiega’. Nel bellissimo Scarpette Rosse di Werther, Limina edizioni, di cui abbiamo già diffusamente parlato, abbiamo appreso che Toni Cappellari è ‘nobili origine natus’: discendente della famiglia dei conti Cappellari Rizzà di Mengalvio, originaria di Enego, Treviso, Toni vanta tra i suoi avi persino un Pontefice, ossia Gregorio XVI, capo della Chiesa dal 1831 al 1846, prima di morire in maniera davvero poco simpatica (vi rimandiamo alla lettura circa i particolari..). Cappellari parla con scienza at coscienza, del resto è stato il General Manager di Adolfo Bogoncelli, della famiglia Gabetti, l’uomo che portò a Milano Gianelli, D’Antoni, Peterson, Mc Adoo, Joe Barry Carroll, l’uomo che strappò Roberto Premier a Gorizia dopo 6 ore di estenuante pranzo condito da alcolici e superalcolici (quella sera, terminata la trattativa, Cappellari se ne andò in albergo a dormire, incapace di rimettersi al volante). Ci piace, Toni Cappellari. Perché viene da lontano e dice quel che pensa. Ascoltiamolo. Ascoltatelo. Non è mai banale. Non è mai scontato.

D. Toni, cominciamo dalla Nazionale di Simone Pianigiani. Cosa ne pensi?

R.  Sicuramente le prime uscite mi sono piaciute di più. E’ una squadra senza lunghi, Cusin con tutto l’affetto fa tre falli in 3 minuti, quindi in una competizione come gli Europei non basta. L’altro 5 sarà Melli, con tutti i problemi del caso. Bargnani non lo reputo affatto recuperabile, anche perché non è propriamente un  cuor di Leone. Mi spiace molto per lui, perché si era speso con generosità (ndr: Cappellari è un profeta, dal momento che queste parole sono state pronunciate il 9 agosto). Mi sono piaciuti Datome e Belinelli, mi piace molto questa novità di Rosselli, il quale è l’unico vero grande difensore fisicato. In regia bene Cinciarini, Diener da rivedere, inoltre io porterei in Slovenia Poeta.

D. Coi se e coi ma non si fa la storia né tanto meno il basket, ma col Gallo e Hackett- oltre all’infortunato recente Bargnani- saremmo stati davvero forti..

R. Gallo e Hackett sono carenze gravi: Gallo è uno vero, Hackett viene da un campionato straordinario. Questa storia delle cellule staminali mi ha lasciato perplesso. Chissà se c’è un discorso aperto con l’Nba…

Eravamo i più bravi. E anche i più simpatici..  (Foto di Savino Paolella 2013)

Eravamo i più bravi. E anche i più simpatici…
(Foto di Savino Paolella 2013)

D. Credo fermamente che la forza di Danilo Gallinari sia, prima di tutto, la forza di Vittorio e della sua famiglia. Tu che li conosci bene condividi oppure no?

R. Danilo viene da una famiglia eccezionale, che ha sempre interpretato lo sport in modo appropriato e  corretto. Danilo si è sempre divertito, crescendo con la schiena dritta.  E diventando super.

D. E quand’è che Alessandro Gentile diventerà come Nando?

R. Mah, devo dirti che Alessandro ha fatto progressi incredibili, soprattutto mentali. Se invece Danilo ride sempre, Alessandro ha quella che noi chiamiamo- senza offesa, ovviamente- ‘faccia di cazzo’, ossia è sempre torvo, ha gli occhi perennemente imbronciati. Dovrebbe sorridere di più: fa il lavoro più bello del mondo, ha doti enormi e diventerà un grandissimo giocatore, quindi non so perché debba essere così incazzato.

D. Toni, siamo nell’anno in cui si fa basket-mercato senza soldi. Tu che l’hai fatto in tempi dorati, epici, come valuti oggi la figura del General Manager di una squadra professionistica di basket?

R. Oggi la figura del general manager non esiste. Esistono segretari che applicano i desideri dei presidenti. Io ho avuto la fortuna di aver avuto persone come la famiglia Gabetti, che mi lasciavano decidere in assoluta libertà. Poi, a fine anno, si facevano i conti e i bilanci delle mie scelte. Oggi il dramma del basket è che non esistono più i dirigenti, non esistono persone che abbiano propositività e nuove idee. I dirigenti, ahimé, non si parlano mai. Ai miei tempi ci vedevamo una volta al mese: Gianluigi Porelli (lo storico presidente della Virtus Bologna, ndr) ci chiudeva in un ufficio, litigavamo di brutto ma alla fine si usciva con volontà comuni. La grandezza del  basket anni Ottanta e Novanta nasce anche e soprattutto da lì.

Un ex playmaker, allora sconosciuto, ingaggiato dalla Milano di Cappellari..

Un ex playmaker, allora sconosciuto, ingaggiato dalla Milano di Cappellari

D. E’ sempre questione di uomini, Toni…

R. Sicuramente. Oggi le Leghe sono gestite da burocrati del catasto. Servono idee nuove e forti. Io ne lancio un paio: un massimo di due stranieri per squadra e mercato chiuso. Perché: due stranieri per valorizzare i giovani italiani, che da noi non giocano.  Non penso che il livello calerebbe così tanto e che i palazzetti sarebbero vuoti.  Mercato chiuso: la gente non si affeziona più ai giocatori, perché lo spettatore non sa chi troverà la domenica successiva in squadra. Noi abbiamo perso un campionato perché Meneghin si fece male, così come successe ad altri. Gli infortuni fanno parte del gioco.

D. Sei perfettamente d’accordo con Riccardo Sbezzi, che sugli stranieri pensa le tue stesse cose.. Parliamo di agenti e procuratori: sono oppure no il male del basket di oggi?

R. Gli agenti sono, oggi come oggi, il fattore più importante del movimento. Vanno indirizzati anche loro. Tra di essi ce ne sono di buoni e di meno buoni. Personalmente oggi faccio parte della Commissione Procuratori: bisogna parlarci, dobbiamo confrontarci. Come in  ogni mestiere, ci sono ottimi agenti e pessimi agenti.

D. Ma quanto tu trattavi Mc Adoo o Carroll, com’era il rapporto con gli agenti delle grandi star?

R. Erano anni diversi, in cui avevo la fortuna di essere mandato in America 3 o 4 volte l’anno, tanto che la mia segretaria pensava avessi un’amante a New York. E’ ovvio che, tramite amicizie e conoscenze, siamo riusciti a piazzare dei grandi colpi. E’ altrettanto chiaro che oggi, con l’allargamento dell’Nba, è tutto molto più difficile. Però servono idee nuove e fantasia.

D. Parliamo del libro di Werther: il basket manca di uomini, ossia proprio quello di cui parla Scarpette Rosse, i grandi uomini… Cosa ti ha colpito di più, tra quelle pagine?

R. Sai, è un libro che attraversa buona parte della mia vita. Da quando andavo a vedere il Simmenthal in curva fino a che il basket divenne la mia professione, quindi gli anni Ottanta e Novanta. E poi scusami la presunzione, ma molte delle cose scritte da Werther gliele ho dette io, che diamine! (ride…)

D. Chi è stata la regina del mercato italiano?

R. Avellino si è mossa molto bene, Sassari anche. Milano ha preso giocatori discutibili, ma facendo una squadra molto importante. Se prima avevamo l’invasione dei pesaresi, oggi abbiamo quella dei toscani. Ma non  dimentichiamo che Milano ha dato il massimo quando aveva i veneti. Come me.

D. Senti Toni, ma alla Milano di oggi non manca un po’ di poesia?

R. Mah, hanno un’idea abbastanza diversa della società rispetto alla nostra. Prima hanno cancellato il passato, poi hanno tentato di recuperarlo. A loro discolpa va detto che fare sport a Milano è difficilissimo, con Milan e Inter  lo è ancora di più. Il problema più grosso è che non hanno ancora fatto emozionare Giorgio Armani. Speriamo non si stanchi..

D. Toni, il problema dei diritti televisivi: secondo te si può migliorare sul piano dei ricavi e della visibilità mediatica?

R. Sicuramente i margini di crescita esistono. Ma se tu dai i diritti a La 7, specializzata in Luna Rossa, rugby e Superbike, un’emittente che durante i Tg non trasmette nulla di basket, non vai molto lontano. E’ ovvio che devi aiutare chi trasmette il basket, non inviare solo la fattura a fine mese. Tanto è vero che abbiamo avuto audience ridicole.

D. Una domanda di carattere sentimentale: l’epopea milanese di Cappellari-Peterson-D’Antoni è irripetibile?

R. No, può tornare. L’importante è trovare le persone giuste. Inoltre se la squadra è buona la gente torna al palazzo, perché se non  vinci il pubblico milanese non ti considera.  Quindi una riedizione di quella Milano non è impossibile a priori.

D. Cosa farà da grande, Toni Cappellari?

R. Attualmente faccio il tifoso professionista e la ‘spiego’, ossia la racconto su tutti gli argomenti. E la gente spesso e volentieri resta ad ascoltare, perché so come si rompono le balle.

Avete capito adesso- soprattutto voi, lettori di età inferiore ai 25 anni, che siete il futuro di questo sport- perché la Milano di Cappellari vinse tutto? No? Allora siete dei casi senza speranza. Meglio darsi ad altre discipline.

Fabrizio B. Provera. Che avrebbe voluto essere nobile come  Toni Cappellari, ma che invece vanta soltanto solo la nobiltà plebea della campagna lombarda, della vanga e dello ‘scusarin’. Georgos, in greco contadino. Come un certo Franco Giorgio…