Se Reggio Emilia ha raggiunto un traguardo storico dopo quarant’anni di storia, se si è conquistata il rispetto di tutta l’ Italia basket addicted, lo deve anche, e soprattutto, a Rimantas “Rimas” Kaukenas e Darjus Lavrinovic.
Elencare le cifre prodotte dal duo venuto dall’ est ci sembra banale ed allo stesso tempo scontato poichè appare inutile ridurre l’impatto di questi due “califfi” a qualche cifra; daremmo una notizia nel dirvi che l’anno scorso le statistiche sono aumentate al crescere della temperatura?

La risposta è ovviamente NO. Pur rispettando una branca della matematica, che ha un’importanza via via crescente nel mondo della pallacanestro (a conferma di ciò il sorgere delle cosiddette statistiche avanzate) sarebbe fuorviante e riduttivo commentare percentuali ed efficienza offensiva o rapporto assist/palle perse quando i soggetti in questione sono due figure così talentuose e soprattutto carismatiche.

Rimas Kaukenas, quasi 38 e non sentirli (foto A.Montanari 2014)

Rimas Kaukenas, quasi 38 e non sentirli (foto A.Montanari 2014)

Il primo ingaggiato prima di Natale del 2013, in seguito alle non convincenti prove di Coby Karl, il centro nella scorsa estate, ultimo tassello di una campagna acquisti ritenuta dagli addetti ai lavori alquanto “interessante”. Fino alla post season hanno potuto giocare poco assieme a causa dei noti problemi di infortuni che hanno colpito in serie tutti i componenti della rosa, e l’assenza dal parquet più grave in termini di partite saltate ed importanza relativa è stata senza dubbio quella di Lavrinovic: infortunio al pollice prima, ernia discale poi, Darjus per i tifosi biancorossi è stato una sorta di Keyser Soze (il misterioso boss criminale de I soliti sospetti, che nessuno ha mai visto e su cui aleggiano diverse leggende), un miraggio, fino al suo esordio ai primi di Marzo.

Poche presenze in combinata in maglia Grissin Bon, qualcuna di più con quella dello Zalgiris Kaunas (campionato vinto nel 2012-2013) ed ovviamente con la Nazionale (medaglia di Bronzo il 16 Settembre 2007 agli Europei di Madrid) dove hanno condiviso gioie e dolori con un popolo, quello della regione sul mar Baltico, innamorato, non in senso lato, della pallacanestro. E che, generalizzando come non si dovrebbe fare, la palla a spicchi sia una sorta di religione in Lituania, lo si capisce dall’atteggiamento di questi due campioni che dopo aver vinto praticamente tutto (24 titoli, 17 Kaukenas e 7 Lavrinovic, più vari riconoscimenti individuali) si allenano con l’intensità di due under 19 al loro primo impegno con i “grandi”; è l’approccio, la durezza mentale che li differenzia spesso dagli americani, a loro volta portatori di altre qualità all’interno di un gruppo.

Oltre alla classe innata (movimenti in post basso ed arresto e tiro da Treccani del basket) visibile agli occhi anche dei meno intenditori, sono il carisma e la consapevolezza che vengono spesso sottolineati; entrambi hanno il libro della pallacanestro in mano e cominciano a sfogliarlo a piacimento.
Negli scorsi playoffs Lavrinovic si è nuovamente infortunato nella serie di semifinale contro Venezia saltando tre partite, ma quando al Taliercio è ricomparso nel riscaldamento per il match decisivo, le quotazioni della compagine reggiana si sono impennate come un titolo della New Economy al Nasdaq nei giorni buoni. Purtroppo l’impiego prolungato in gara 4 di finale contro Sassari ne ha probabilmente compromesso il successivo impatto e li, forse, si sono perse molte possibilità di conquistare il tanto agoniato primo scudetto per Reggio.

Darjus Lavrinovic (Foto Claudio Devizzi Grassi)

Darjus Lavrinovic (Foto Claudio Devizzi Grassi)

Costruire un roster con degli ultra trentenni comporta certamente dei rischi, ed alcuni si sono palesati durante la stagione, le critiche non sono mancate soprattutto quando il rientro di Darjus slittava di settimana in settimana, ma a conti fatti il piatto della bilancia con i benefici è più “pesante”, grazie alla classe ed all’intelligenza di questi due campioni ed all’impatto che hanno avuto sugli altri giocatori: non è un mistero infatti che proprio il Ds Frosini e coach Menetti abbiano sottolineato più volte l’importanza all’interno dello spogliatoio del “nonno” Kaukenas.

Proprio per come era finita la finale contro Sassari c’era il rischio ci fossero ancora delle scorie nella testa dei giocatori, ma la vittoria di Torino (primo titolo italiano per la Grissin Bon ) ha spazzato via questo dubbio; non è un caso che proprio Kaukenas alla presentazione della squadra di metà agosto avesse sottolineato come il lavoro non era stato ultimato e la determinazione con cui l’aveva detto lasciava presagire cose buone per i tifosi biancorossi. Promessa mantenuta per il momento.