Dopo 20 anni la Virtus ritorna in cima all’olimpo del basket italiano. Lo fa nel modo più inaspettato, da sfavorita, battendo la squadra che fino a qualche settimana fa era una schiacciasassi in Italia e una delle invitate alle Final Four di Colonia. Per comprendere bene questa impresa dobbiamo riavvolgere il nastro e tornare all’8 dicembre 2020, quando il club bianconero ha richiamato in panchina coach Djordjevic dopo sole 24 ore dall’esonero. Decisivo è stato l’ammutinamento di tutti i giocatori che, a seguito della scoperta dell’allontanamento dell’allenatore serbo, si sono rifiutati di partecipare all’allenamento. In quel momento la squadra e il coach si sono compattati ancora di più avvolgendosi di una corazza che è stata in grado di far reggere la delusione dell’eliminazione, in semifinale, dall’Eurocup che ha negato a Bologna la qualificazione alla prossima Eurolega. La stagione regolare, conclusasi al terzo posto, è proseguita con alti e bassi fino all’intervallo di gara 3 dei quarti di finale contro Treviso. Sotto di 15 punti, al termine del primo tempo, c’è stato un confronto in spogliatoio tra giocatori e coach che ha cambiato definitivamente il volto alla Segafredo. Quello è stato l’altro momento sliding doors della stagione bianconera. Da quel momento la Virtus si è trasformata in una squadra dalla difesa impenetrabile con rotazioni e gerarchie ben definite. Senza Tessitori, out per infortunio, e Adams, tenuto costantemente in panchina per scelta tecnica, i minuti e il rendimento di Abass e Alibegovic sono progressivamente aumentati. Annichilendo Brindisi, in semifinale, con un perentorio 3 – 0, la Virtus ha acquisito ulteriore sicurezza e ambizione che si sono tradotte in una intensità fanatica (prendendo in prestito l’aggettivo utilizzato da Sale Djordjevic) sprigionata contro Milano. La faraonica e strafavorita Olimpia, giunta all’ultimo atto della stagione, è apparsa spiazzata ed inerme di fronte all’energia messa in campo da Bologna. Fino a quel momento la squadra di Messina aveva già battuto la Segafredo quattro volte in stagione segnando poco più di 85 punti di media. In finale ne ha segnati 67 di media è la chiave dello scudetto è stata quella. L’emblema della difesa bianconera è stato Alessandro Pajola, che ha costantemente mandato in tilt il Chacho Rodriguez e ha collezionato un numero record di palloni recuperati, mostrandosi anche presente in attacco. Nella metà campo offensiva i leader designati, Teodosic e Belinelli, si sono fatti trovare sempre pronti, con Djordjevic che li ha spesso alternati con successo in quintetti diversi. Il playmaker serbo, meritatissimo MVP delle Finals, non ha avuto solo il merito di segnare canestri importanti, ma anche quello di mettere sempre in ritmo e coinvolgere i propri compagni e così la Segafredo è stata capace di trovare spesso protagonisti diversi come il capitano Pippo Ricci in gara2 oppure Kyle Weems in gara3. Coach Messina invece si perso tra il suo lunghissimo roster a disposizione. Ha alternato gli stranieri, ma non il risultato finale. Gli italiani, ad eccezione di Datome, dopo aver visto poco il campo durante la stagione, non sono riusciti ad incidere e così, paradossalmente, è stata la Virtus ad apparire la squadra con le rotazioni più lunghe. Il record di 10 – 0 in questi immacolati playoff ha portato a Bologna il 16esimo scudetto, quello meno prevedibile e maggiormente ottenuto attraverso il lavoro di squadra e la comunione d’intenti tra coach e giocatori. Al termine di gara4 il raggiante patron Zanetti ha dichiarato: “Dedico questo Scudetto ad Alberto Bucci. Sono qua grazie a lui. Ho mantenuto la promessa e l’anno prossimo cercheremo di fare una squadra ancora più forte per andare in Euroleague”. Non si nasconde Mister Segafredo che, dopo aver preso la Virtus in A2 e averla portata in vetta al campionato italiano in soli quattro anni, vuole ora alzare ancora di più l’asticella e puntare all’Eurolega. Per provare ad ottenere questo nuovo traguardo ha in mente una mezza rivoluzione: fuori Djordjevic (stavolta definitivamente) e dentro Scariolo con un triennale. Questo comporterà un turn over degli stranieri della Virtus con soli pochi giocatori che hanno chance di restare (Weems? Hunter?) e apre il rebus della permanenza di Teodosic. L’asso serbo ha contratto per l’anno prossimo, ma ha anche una clausola di uscita in suo favore che potrebbe esercitare. Sarà lui l’ago della bilancia del mercato bianconero, così come il suo ingaggio fu il primo tassello del percorso che ha portato la Virtus a vincere lo Scudetto.