FABRIZIO PROVERA

‘Il dolore è forte ma voglio rimanere qui a vedere la partita, e se riusciamo a vincerla.
Non me ne frega un cazzo del ginocchio…’

E’ la tarda primavera del 1991, al Forum di Assago, il sole alto e la temperatura è mite. Pomeriggio avanzato da sfida all’Ok Corral, quando la Caserta di Franco Marcelletti compie il miracolo sportivo: è il sacco di Milano, l’Olimpia di Montecchi, Riva, Pittis e coach D’Antoni s’inchina alla maestosità di Charles Shackleford, alla sostanza di Tellis Frank, al trio dei miracoli Gentile-Esposito-Dell’Agnello.

Enzino si maciulla un ginocchio, lo sento urlare anch’io che sono seduto sui gradoni del Forum, 17enne canturino che (ovviamente) tifa Caserta.

(Foto Savino PAOLELLA 2015)

(Nando Gentile, Foto Savino PAOLELLA 2015)

Ai microfoni della Rai, verso le 19 della sera (altro che Rai Sport…) in diretta nazionale sui canali principali, Franco Lauro intercetta il Diablo…ed entra negli annali della memorialistica sportiva.

Anni dopo è sempre Franco Lauro a raccontare lo scudetto della stella, l’ultimo di Varese: dalla saga di Morse, Dino Meneghin, Raga e Yelverton ai galletti di Carlo Recalati, Mrsic, De Pol e Andrea Meneghin.

Nel 1989 il catino di Livorno, che negherà a Forti il canestro dello scudetto per la Libertas assegnando all’Olimpia il più incredibile degli epiloghi, assiste al ‘lancio’ dell’asciugamano di Roberto Premier a Gianni Decleva, ovviamente a favor di telecamera e in diretta Rai.
E c’era ovviamente Franco Lauro, a bordo campo.

L’uomo giusto, al momento giusto, al posto giusto..

La più grande (ed irripetibile) epopea del basket italiano, i fine anni Ottanta con Gianni De Michelis presidente di Legabasket, un contratto Rai faraonico da 50 miliardi di lire in 5 anni, che riempie i forzieri delle società (30 anni dopo, l’introito odierno da diritti tivu comparato a quello di fine Ottanta assomiglia a una cassa di vino in cartone); la compresenza di stelle dal firmamento Nba, passato presente e futuro (McAdoo, Richardson, Kukoc, Radja, Del Negro, Mike Mitchell, Michael Cooper, Brian Shaw, Danny Ferry); la Nazionale italiana medaglia d’argento all’Europeo 1991 di Roma, piegata solo dall’ultima versione della ‘selecao’ jugoslava.

Franco Lauro c’era, sempre. C’era con la grande, iconica capacità di rappresentare l’allora monopolio Rai sul basket, con le pay tv di là da venire ed il solo Dan Peterson che dai primi anni Ottanta commentava su Canale 5 partite Nba (giocate anche una settimana prima, altro che Sky e Buffa e Tranquillo in diretta a ogni ora del giorno e della notte..).

I telecronisti Rai, che appartenevano a un mondo che non esiste più (la gravitas dei commentatori della tivù di Stato, con tutto il rispetto un’altra galassia rispetto a certe ‘repliche’ e replicanti degli anni a venire, a nostro modesto avviso), erano gli ideali ‘transfer’ dell’immagine cestistica. La Rai sul piccolo schermo ancora regno del duopolio, che le pay tv e la legge Bosman liquideranno nel volgere di pochi lustri, e la mistica del Superbasket di Aldo Giordani nelle edicole.

I grandi patron: Allievi, Gabetti, Porelli, Cazzola, Seragnoli. Le spese da nababbi dell’Italia gaudente (e socialista, come l’omonima pagina Facebook). Gli allenatori oracoli: Bianchini, Peterson, Guerrieri, Tanjevic.

Eravamo il centro del mondo cestistico al di fuori dei marziani Usa, Milano la 24° franchigia Nba, Toni Cappellari stava per firmare Kevin McHale riuscendo tuttavia a portare in Italia JB Carroll e Bob McAdoo.

E poi.. E poi l’euro- e pure Maastricht, la Seconda Repubblica e il basket italiano relegato ai margini, in Europa e nel mondo- erano di là da venire.

Franco Lauro, in tutto questo, c’era. Divisa impeccabile (giacca, cravatta e camicia bianca), abbronzatura perenne, la tonalità forgiata da ore ed ore di diretta.

Era un altro mondo, era un altro basket, erano altri uomini.

Perfetti? Tutt’altro. Ricchi di denaro, come anche di errori ed eccessi.

Ma sapete cosa c’era (allora) e c’è molto meno, nel basket di oggi?

C’è che, mentre scriviamo di Franco Lauro (pace all’anima sua) e rivediamo
per la trecentesima volta la scena finale di Sapore di mare, con Jerry Calà e Marina Suma,
ci sovviene una melanconica certezza: a quei tempi, ci batteva forte il cuore.

Mi sembra di ricordare che ci batteva forte il cuore, come ci ha insegnato Virna Lisi.
A buon rivederci, Franco Lauro.