Stephen Curry, giocatore della settimana ad ovest 3 volte su 6 (Photo by Andy Lyons/Getty Images)

Stephen Curry, giocatore della settimana ad ovest 3 volte su 6 (Photo by Andy Lyons/Getty Images)

Si rischia di essere ripetitivi quando si fa riferimento al record dei Warriors, quasi come se si stesse parlando di un’impresa dalle sfumature eroiche. La verità è che il record è arrivato al 23-0, semplicemente il miglior inizio nella storia della NBA e un attestato di potenza fuori dal comune. Arriveranno davvero all’anello, senza voltarsi mai? Ci possono essere mille interpretazioni, davvero. La forma di Steph Curry non lascia, invece, spazio ad alcuna discussione. Allenamento, fiducia mentale e fisica, voglia di crescere ancora. Poche volte nella storia si è vista una capacità come la sua nell’essere decisivo nonostante la taglia fisica non di primo livello. Le cifre dicono 32.2 punti a partita, con 6 assist e 5 rimbalzi per arrotondare. Percentuali dal campo sopra il 50%, da tre sopra il 45% e sopra il 90% ai liberi.
I Clippers sembrano usciti dal letargo, avendo inanellato un record di 7-3 nelle ultime 10 uscite, segno che la fiducia sta tornando ad essere uno degli elementi fondamentali tra i giocatori di coach Rivers. Traballante la posizione di Lance Stephenson, da cui ci si aspettava un rendimento più incisivo e invece rimane spesso e volentieri in fondo alla rotazione. Ognuno riesce a dare un contributo alla causa, sempre sotto la direzione del professor Paul, autore di 18 punti e 18 assist nell’ultima partita disputata, contro i Bucks.
Note dolenti per le altre 3 della Division. A Phoenix non è continuato il buon momento di forma che stava permettendo loro di scalare qualche posizione ad ovest, piombando prepotentemente fuori dalle 8 in proiezione playoff, anche se solo di una posizione. Discorso diverso per i Kings, bisognosi di una svolta vera e propria, avendo a disposizione un roster di qualità. Grande fatica a carburare e azzannare la partita alla giugulare. Che dire sui Lakers? Scossi dall’addio di Kobe, di sicuro. Ma proprio per questo motivo bisognerebbe ipotizzare un’ultima stagione speciale, non solo per lui, ma per qualunque membro della franchigia gialloviola. Sempre gli stessi problemi, sempre le stesse soluzioni che si faticano a trovare. Sempre quell’ultima posizione ad ovest. Conference che, fino a qualche anno fa, era praticamente proprietà di Bryant e soci.

 

Klay Thompson, autore di 39 punti contro Indiana (Credit: Mark J. Rebilas-USA TODAY Sports)

Klay Thompson, autore di 39 punti contro Indiana (Credit: Mark J. Rebilas-USA TODAY Sports)

GOLDEN STATE WARRIORS (23-0, primi ad ovest) – Si allunga il record nella Baia, per far capire a tutti che in casa Warriors non ci si deve e non ci si può accontentare di quello che si è visto tra lo scorso anno e l’inizio di questa regular season. Un ventaglio di elementi sempre utili alla causa, al posto giusto nel momento giusto, ogni partita. Se Thompson dovesse trovare la sua dimensione al 100%, restando gli altri elementi invariati, la striscia vincente degli uomini di Kerr potrebbe continuare ancora per diverse partite. La completezza di Draymond Green è uno degli altri fili conduttori tra queste due annate di successi, abbinata alla sua attitudine difensiva nel difendere contro più ruoli. Anche la panchina e le tante soluzioni a disposizione di Golden State rappresentano a tutti gli effetti uno degli elementi che apporta sempre la giusta continuità. In questo momento, la finale ideale sarebbe nella stessa conference: numero 1 contro numero 2, Warriors contro Spurs. Ma questa, al massimo, potrebbe essere la finale ad ovest. E sarebbe lo scontro tra le due migliori pallacanestro in circolazione.

LOS ANGELES CLIPPERS (13-9, quarti ad ovest) – E fu così che gli uomini di Rivers decisero di risalire la western conference e rispondere presente nella corsa ai primi quattro posti disponibili. Questa dovrebbe essere la normalità da qui alla fine della stagione, normalità che è mancata fino a questo momento o che, comunque, si è vista solo ad intermittenza. Si è alzato il rendimento di JJ Redick ed è tornato Chris Paul dopo alcune gare di stop, riprendendo col botto quello che aveva lasciato in sospeso. Griffin è sempre un cliente scomodo per chiunque nella sua metà campo offensiva, mentre il rendimento di Jordan non si discosta quasi mai dalle aspettative all’inizio di ogni stagione. Solo 3 squadre sono riuscite a fare meglio dei Clippers nelle ultime 10 partite, ovvero Golden State (10-0), San Antonio e Charlotte (8-2). Le prossime 10 partite sono un mix di avversarie abbordabili e di squadre di livello notevole, ma se non si vuole abbassare il rendimento, sarà importante entrare in campo contro qualunque avversario con la convinzione di imporsi per 48 minuti.

Markieff Morris, volenteroso nel cambiare squadra (Rick Scuteri / USA TODAY Sports)

Markieff Morris, volenteroso nel cambiare squadra (Rick Scuteri / USA TODAY Sports)

PHOENIX SUNS (10-13, noni ad ovest) – Hanno mollato un po’ la presa, in concomitanza con la risalita di alcune squadre come Houston e altre franchigie che, a differenza dei texani, hanno come obiettivo la parte bassa dei playoff. Effettivamente, i playoff ad ovest saranno difficilmente alla portata dei Suns, essendoci squadre più organizzate per ottenere un record migliore e fare più strada in post-season. Minnesota, Portland e Denver non sembrano avversarie così tanto temibili e, forse, i Nuggets sono la più pericolosa tra le inseguitrici. Resta il fatto che, ad esclusione di Utah, tutte le altre franchigie sopra Phoenix hanno dimostrato e probabilmente dimostreranno di avere qualcosa in più. Peccato che Utah sta disputando un’eccellente stagione e che la tegola Markieff Morris potrebbe influire più del dovuto sui risultati della squadra. Nelle prossime settimane si saprà qualcosa in più sul caso del gemello rimasto in Arizona e sull’andamento, che rischia di subire un ulteriore tracollo a cavallo del periodo natalizio.

SACRAMENTO KINGS (8-15, tredicesimi ad ovest) – Ufficialmente un fuoco di paglia ciò che si è visto lo scorso mese. I Kings sono ritornati alla dura realtà dei fatti, nonostante la loro vena realizzativa si mantenga sempre nei primi posti della Lega. La stagione è lunga, ma la situazione dei californiani fa ben sperare fino ad un certo punto. Cifre alla mano, sono la seconda squadra che incassa più punti dalle avversarie e, come si usa dire con un eufemismo che non passa mai di moda, con gli attacchi si vendono i biglietti ma con le difese si vincono i titoli. Vantano ben 6 giocatori in doppia cifra per punti realizzati, ma anche questo dato sembra non bastare per sollevare i Kings dal banco degli imputati. La voglia di riscatto è tanta, come testimoniato dalle dichiarazioni di Cousins nei giorni precedenti. Per non rimanere un’eterna incompiuta serviranno diversi ingredienti ma, a differenza di altre squadre, il prodotto di base è di livello. E di sicuro non è un aspetto su cui tutte le franchigie possono contare.

Kobe Bryant e Julius Erving, durante l'omaggio riservato da Philly (Photo/Matt Slocum)

Kobe Bryant e Julius Erving, durante l’omaggio riservato da Philly (Photo/Matt Slocum)

LOS ANGELES LAKERS (3-19, quindicesimi ad ovest) – Sempre lì, sul fondo dell’ovest. Kobe ha annunciato, riempiendo di commozione il mondo intero, il suo addio al basket giocato una volta conclusa la stagione in corso. Non è bastato, però, a svegliare gli animi e scaldarli al punto tale da inanellare una serie di prove positive. Anche l’ultima apparizione, contro i T’wolves, si è chiusa con una sconfitta di un punto dopo un overtime, segno che manca sempre quel guizzo per arrivare alla semplice sufficienza. Si è visto un Kobe intenzionato a stare in panchina più del solito, per lasciare spazio ai giocatori più giovani che devono accumulare esperienza. Si è visto un Byron Scott sempre più stabile, nonostante i risultati pessimi, per poter guidare la squadra fino al termine della stagione, per poi essere rivalutato a bocce ferme. Si è visto, per non farsi mancare nulla, un Nick Young critico con chi non l’ha preso seriamente in considerazione lo scorso anno come miglior difensore della Lega. Chicca finale, il paragone tra la sua mancata nomina e un’eventuale esclusione di Drake e del suo ultimo pezzo ai prossimi Grammys. È pur sempre Los Angeles, non dimentichiamocelo.