Alvin Gentry (Christian Petersen/Getty Images)

Alvin Gentry (Christian Petersen/Getty Images)

Ultimi ad ovest, a Phoenix non stava funzionando praticamente niente. 13 vittorie in metà stagione sono davvero poche per sperare di aver iniziato la ricostruzione nella direzione giusta. E dunque dopo aver permesso giovedì sera ai Milwaukee Bucks di vincere in Arizona dopo 24 sconfitte consecutive, quel gentiluomo che risponde al nome di Alvin Gentry ha incontrato il presidente Lon Babby ed il proprietario Robert Sarver. Era stato il coach il primo ad arrivare ufficialmente alla conclusione che alla sua avventura nel deserto dell’Arizona sarebbe stato meglio mettere la parola fine. E da quella riunione si è usciti con l’accordo per una separazione consensuale, che non rovina i rapporti tra le parti, davvero rinforzati da 9 anni di collaborazione.

Era arrivato a Phoenix come assistente di Mike D’Antoni. Era rimasto nello staff di Terry Porter dopo che il “Baffo” aveva preso il volo in direzione New York. Quando l’attuale assistente di Adelman ai Timberwolves era stato esonerato, era diventato capo-allenatore ad interim. E con i buoni risultati si era guadagnato la conferma. Sfruttando il gioco ad alto ritmo imposto da D’Antoni, Gentry aveva saputo prolungare la serie di stagioni positive dei Suns, garantendosi, sulla spinta di Steve Nash, un record di 54 vittorie e 28 sconfitte e la scalata fino alla finale di conference nella prima stagione completa da head coach.

Ma non è durata. In seguito Phoenix ha avuto risultati altalenanti, stazionando in quella mediocrità che spesso nella NBA è difficile abbandonare. La partenza di Stoudemire verso il contrattone propostogli dai Knicks ha messo la squadra nella difficile condizione di trovare una prima punta offensiva, mancata in tutta la scorsa stagione tormentata anche da problemi difensivi. La decisione di cedere Nash ai Lakers in un sign-and-trade nell’ultima estate ha dato ufficialmente il via ad una nuova fase storica della franchigia, concretizzata presentando ai nastri di partenza un roster con ben 9 elementi nuovi. Ma, mentre col gruppo precedente il lavoro di Gentry aveva dato risultati quantomeno sufficienti, con questo semplicemente non si stava integrando nel modo giusto: “Alvin è un valido allenatore ed una brava persona – ha dichiarato BabbyPurtroppo con questo roster, tutti noi, lui per primo, ci siamo accorti che non stava funzionando. I pezzi del puzzle non si stavano incastrando nel modo giusto”.

Un rinnovamento così ampio nel roster porta sempre diverse incognite e arrivare a guidarlo nell’ultimo anno di contratto non è mai una condizione semplice per un coach, ma Gentry, che finisce l’esperienza in Arizona con 158 vittorie e 144 sconfitte, non l’ha usato come pretesto per polemizzare con la dirigenza: “Dopo 9 anni con i Suns, la dirigenza ed io abbiamo concordato di dover prendere direzioni diverse – ha dichiarato in un comunicato – Ho il massimo rispetto per Robert Sarver e per quanto ha fatto per la franchigia. Mi dispiace non essere riuscito a realizzare gli obiettivi”.

L’ex head coach di Clippers, Pistons e Heat, che in queste 41 partite ha provato varie soluzioni ma senza mai riuscire a trovare il miglior equilibrio nelle rotazioni, recentemente aveva detto che sarebbe meglio puntare al massimo sui propri giovani e guardare al futuro, ma non potrà essere lui a mettere in atto questa politica: “Il problema non è tanto nello scarso numero di vittorie – ha detto Babby – ma la percezione di non essere progrediti, anzi di aver fatto passi indietro. E sono sicuro che ne è consapevole anche Alvin. Vogliamo vedere progressi nei nostri giovani”. Anche se Gentry non può essere considerato l’unico responsabile e la notizia ha suscitato la sorpresa sia di D’Antoni che di Nash, solo 6 successi nelle ultime 24 sfide, 2-7 a gennaio e solo 1 vittoria nelle ultime 7 partite in casa sono in effetti numeri abbastanza inquietanti.

Marcin Gortat (Photo by Barry Gossage/NBAE via Getty Images)

Marcin Gortat (Photo by Barry Gossage/NBAE via Getty Images)

Mentre Marcin Gortat– il principale punto fermo di questa squadra insieme a Goran Dragic, su cui la dirigenza ha investito molto – su Twitter ha consigliato alla franchigia di ingaggiare Stan Van Gundy (che lo ha già allenato ad Orlando), dall’interno dell’organizzazione, verrà scelto un coach ad interim – che non potrà ovviamente essere l’immediata soluzione a tutti i mali – nel giro di 24-48 ore, per guidare la squadra (seconda peggiore per percentuale concessa dal campo e da tre punti) fino al termine della stagione, a partire dalla sfida di mercoledì a Sacramento.

Sarà interessante cercare di capire quale sarà la ricetta scelta, se si punterà con maggiore convinzione sulla prima scelta Kendall Marshall, che finora ha giocato pochissimo, e sugli altri elementi meno esperti del roster, come un Markieff Morris al secondo anno che avrebbe bisogno di maggiore stabilità, anziché fare avanti e indietro tra campo e panchina. Oppure se si punterà ad andare sul mercato, magari per cercare quella guardia da quintetto che per attitudine non può essere Shannon Brown e per caratteristiche tecniche non può essere Jared Dudley, e per scaricare qualche elemento rimasto al di sotto delle aspettative. Il nome di Beasley (37.6% al tiro e 2 perse di media in 21’), che ha sprecato l’ennesima occasione della carriera, viene in mente subito, vero?