ROYCE WHITE

Ogni volta che salgo su un aereo penso “ma chi me l’ha fatto fare”, ogni decollo è agonia, ogni atterraggio un sollievo enorme. Ebbene si, ho paura di volare. Mi sono sentita ripetere da chiunque, compresi diversi piloti, le solite storie secondo le quali l’aereo è il mezzo più sicuro, che le percentuali di possibilità di un incidente sono ridicole, che gli aerei
sono sempre più controllati e tecnologicamente avanzati… ok, ma io ho paura di volare. Il raziocinio non c’entra niente.

Houston potrebbe perdere la scelta fatta a giugno con il numero 16, quel Royce White che al draft non è neanche andato; ha preferito guardarlo alla televisione nel suo campus, ad Iowa State, circondato da professori, amici, parenti e psicologi. Si, psicologi, mental coaches che lo seguono per fargli vincere le crisi di ansia che periodicamente lo assalgono trasformandolo in una specie di catorcio emotivo. Crisi che arrivano regolarmente se il ragazzo sale su un aereo. Usiamo spesso il termine paura, lo usiamo per molti motivi e gli attribuiamo molte sfumature, ma la Paura, quella vera, è spesso irrazionale ma soprattutto è sempre vincente, nel senso che è capace di sconfiggere ogni difesa che la tua mente possa tentare.

White ogni volta che sale su un aereo comincia a sudare, non respira, avverte quella sensazione di catastrofe incombente che per chi ragiona non ha alcun senso, ma chi ha paura conosce bene. E a quanto pare nemmeno l’aiuto degli specialisti che anche Houston ha messo a sua disposizione serve ad aiutarlo a superare l’impasse, al punto che il ragazzo sta seriamente pensando di mollare Houston, la NBA e una carriera milionaria pur di restare con i piedi per terra, nel senso più stretto del termine.
I Rockets lo hanno voluto fortemente, hanno accettato la sua assenza al draft accontentandosi di un collegamento televisivo con la palestra di Iowa State. Gli hanno concesso il tempo di abituarsi all’idea di essere un giocatore NBA, e quindi un uomo con la valigia, permettendogli di arrivare più tardi al training camp, hanno accettato di stabilire una schedule che gli concedesse di saltare alcune trasferte che prevedessero lunghi voli. Insomma, dal loro punto di vista hanno fatto tutto il possibile pur di averlo a roster. Ma a quanto pare non basta.
White si è recentemente lamentato su Twitter perché secondo lui il supporto dei Rockets non è sufficiente, la franchigia ha risposto minacciando multe se Royce continuerà a non farsi vedere agli allenamenti e alle sedute di supporto psicologico.
Una storia che fa venire in mente tante domande: i Rockets hanno fatto bene a sceglierlo? Avrebbero dovuto capire che la vicenda sarebbe stata più complicata del previsto? Non sarebbe ingiusto abbandonare un talento solo perché ha problemi di ansia?
Lo sport non esiste per far crescere le persone, anche in situazioni limite come queste?
White ha realmente la volontà di superare i suoi problemi o sta facendo capricci?
I Rockets stanno facendo davvero tutto il possibile o stanno cercando di scaricarlo addossandogli la colpa?
Non so se avremo mai le risposte, so che la prossima volta che salirò su un aereo, proprio nel momento in cui i battiti arriveranno al massimo, penserò a Royce White.

PAOLA ELLISSE