berry sj winWalter Berry era conosciuto come “The Truth”, ben prima di Paul Pierce, nei play ground di Harlem ed al Rucker Park, è stato parte importante dei Fabolous Red Men che portarono Saint John’s alla Final Four NCAA, è ricordato nella NBA come uno dei bust più cocenti ed a Napoli come Diego Armando Maradona mentre a Cantù hanno un ricordo decisamente meno eroico, in Grecia ha girato tutto l’Ellade ma in tutta la sua lunga carriera ha sempre avuto un obiettivo ben preciso e lo ha perseguito come un segugio.

Figlio purissimo della Grande Mela nasce nel 1964 e già da adolescente diventa un idolo dei playground di NYC, diplomatosi alla Benjamin Franklin HS non ha i voti per la Division I e così passa un anno in uno junior college a San Jacinto in Texas per sistemarli. Può così riunirsi sotto la guida di Lou Carnesecca, mitico coach originario di Pontremoli, al più grande gruppo mai visto con la maglia dei Red Men di St.John’s: con lui vi sono Chris Mullin, Marc Jackson, Bill Wennington, Shelton Jones, Ron Rowan e persino il nostro Marco Baldi nell’ultimo anno di Berry nel college di Jamaica, Queens. Un simile squadrone vince subito la Big East davanti alla Georgetown di Pat Ewing che però alla Final Four NCAA batte i Red Men in semifinale. L’anno seguente, senza Mullin passato alla NBA, è Walter Berry a divenire la stella della squadra, con Rowan secondo violino, ottenendo il premio di giocatore dell’anno grazie ai suoi 23 punti e 11.1 rimbalzi per partita. Berry è una macchina da punti, attacca preferibilmente dalla destra del campo cercando il centro dell’area usando la sua mano sinistra e con un campionario di finte e controfinte riesce sempre ad avvicinarsi al canestro dove fa partire dolcissimi tiri in sospensione e mezzi uncini.

Immarcabile, tutti sanno cosa sta per fare ma nessuno può opporsi. Ed ha un senso per il rimbalzo innato, pur non essendo un super atleta sa sempre dove la palla sta per cascare. E tutto sempre con la stessa medesima faccia da pokerista.

Parecchi giocatori da riconoscere in questa foto...

Parecchi giocatori da riconoscere in questa foto…

Con un anno ancora di eligibilità decide di passare alla NBA venendo selezionato dai Portland Trail Blazers alla quattordicesima chiamata. Ma Berry non vuole giocare là ed è un disastro, i problemi cominciano già al training camp e Berry in una discussione con un compagno lo affronta con un coltello da burro minacciando di aprirlo in due, impresa notevole con un coltellino che essenzialmente non taglia ma serve a spalmare! Finisce che coi Blazers gioca solo sette partite per esser poi mandato a San Antonio in cambio del mitico Kevin Duckworth.

A San Antonio le cose sembrano andare meglio e viaggia sopra i 17 punti a gara ma presto si mette a litigare con il coach Larry Brown e viene scambiato a New Jersey ed infine a Houston dove dà un pugno ad un allenatore chiudendo così ingloriosamente la sua carriera nella NBA.

A Napoli

A Napoli

Su di lui si getta l’ingegner De Piano, presidente della Paini Napoli, in cerca di un grande acquisto. Lo paga ben 250.000$, un’enormità per l’epoca e di gran lunga il giocatore più pagato della storia della società partenopea. Ma l’impatto di Berry è clamoroso. Talmente forte che non ha nemmeno bisogno di allenarsi, e spesso si “dimentica” di presentarsi agli allenamenti, lui è come un “Padrino” per la squadra ed ha carta bianca. I tifosi urlano “Walter Berry Alé Alé!” e lui ricambia con una stagione da 29.6 punti a partita e 11.5 rimbalzi. Va un anno in Spagna e poi torna a Napoli: ancora 28.9 punti e 11.2 rimbalzi per il Maradona del basket che scalda il PalArgento.

Poi ricomincia a girare e si specializza in squadre greche. In sequenza: Olympiakos, Paok, Iraklis, ancora Olympiakos ed Aris, ed ovunque va produce la sua doppia doppia.

Franco Polti, allora presidente di Cantù, aveva un vezzo: “regalare” ai suoi tifosi un campione NBA ad ogni campagna acquisti, aveva cominciato con Thurl Bailey ed aveva continuato con poca fortuna con Jerry Reynolds e per sostituire il magnifico Big T decise di prendere l’ex Re di Napoli reduce dalle stagioni greche.

Gianni Corsolini era agitatissimo al suo arrivo e preoccupato decise di non far alloggiare Berry nel “solito” Hotel Sigma, che veniva utilizzata per parcheggiare i giocatori stranieri in attesa del loro appartamento, bensì nella lussuosa Villa Odescalchi.

Probabilmente influenzato dagli anni napoletani e greci Berry viaggiava sempre col borsello sotto il braccio destro, in pratica l’unico utilizzo reale di quel lato del suo corpo, e non se ne separava mai tanto che Lupo Rossini ed Eros Buratti rapidamente lo denominarono “Lello Borsello”, nick name che gli rimase attaccato nella sua stagione brianzola. In realtà non quagliò mai con il gruppo di giocatori italiani che lo “accusavano” di giocare solo per le sue statistiche. E lui era una macchina da statistiche tanto da viaggiare a 20.4 punti e 10.1 rimbalzi di media ed utilizzare il centro serbo Miro Pekarski, perennemente infortunato, come statistico personale tanto che durante la partita gli urlava “Twenty Points! Eight Rebounds!” per tenerlo informato.

walterberry1Con questo clima la Polti arriva ai play off ma Berry, incassato il suo premio per il risultato ottenuto, ha fretta di tornare a casa per gestire i suoi affari a New York. Cantù affronta negli ottavi la Fontanafredda Siena di Gerald King, la versione embrionale della grande Siena che verrà e la prima sfida fra quella che diventerà una sentita rivalità fra tifosi, e Cantù espugna Siena in gara 1 nonostante che Berry dopo aver preso un rimbalzo difensivo invece di aprire la palla a Rossini inspiegabilmente la lancia per aria. In gara 2 la Polti ha il match point per passare ai quarti ma gioca male e Siena si riporta in parità.

Si torna a Siena e la partita viaggia sui binari dell’equilibrio. Ci pensa Berry a spezzarlo, nel finale di gara fa 0-4 dalla lunetta, aveva comunque il 64% ai liberi, scagliando mattoni contro il ferro mentre i compagni lo guardano fra lo stupito ed il rabbioso. Vince Siena, Berry va negli spogliatoi. Claudio Pilutti di corsa lo insegue nel tunnel deciso a chiedere spiegazioni. Negli spogliatoi vola di tutto. Tutti contro Berry, che certamente non si scompone troppo, ne ha viste di peggiori. Al suo fianco la guardia del corpo Pekarski. Inutile dire che entrambi se ne vanno da Cantù in silenzio e disonore.

Ma a Berry non frega nulla, New York lo aspetta. Lo aspettano i suoi affari.

Si perché nel frattempo, fra una squadra e l’altra, Walter Berry aveva trovato il tempo di laurearsi a Saint John’s ed investire tutti i suoi soldi che guadagna in affari immobiliari.

Berry laureato

Berry laureato

Il suo piano era chiaro: con il talento che gli aveva dato Madre Natura e col suo stile di gioco conservativo, da gattone sornione, e poco incline agli infortuni Berry continuava a sfornare il suo 20+10 e dai GM Europei arrivava sempre una chiamata. In questo modo la sua carriera pro dura ben 16 anni, con anche un passaggio a Jesi oramai alla fine in cui produce in ogni caso 19.2 ppg e 7.7 rpg, per concludersi nei mitologici Panteras de Miranda in Venezuela.

Non torna però a NYC bensì va ad Atlanta dove apre una sua agenzia di Real Estate e poi una seconda chiamata StarGaze con base a Saddle River in New Jersey e, nonostante una brutta storia in cui viene truffato da un agente finanziario che gli aveva promesso tassi del 20% facendogli sparire un milione di dollari,  è ormai un uomo d’affari.

Spesso torna nella sua New York però. Si toglie giacca e cravatta e va al playground. Là è ancora riconosciuto e stimato anche a 50 anni suonati. Prende palla sulla destra del campo, palleggia verso sinistra, vira, controvirata, finta (vola il ragazzino che lo marca) si alza (poco) ma gli mette il corpaccione addosso, la palla parte un po’ dietro alla sua testa.

SWOOOOOOOOOOOOSH!

Canestro, come sempre.

It’s the Truth

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