In quattro è meglio. In quattro si spacca che è una bellezza. E si rappa senza un domani. Come quella volta in cui le strade di Ghemon, Madbuddy, Kiave e Johnny Marsiglia si incrociarono. Per dare vita a “We love this game”.

Di Ghemon, Pick and Rock si era già occupato in tempi non sospetti. Era il 2015 e il giovanotto aveva appena inciso “Vola alto”, singolo scelto come canzone ufficiale del campionato di basket di serie A. E già all’epoca, sapevamo che saremmo tornati sul luogo del delitto. Perché Gianluca Picariello, così è registrato all’anagrafe Ghemon, la sa lunga. Sulla pallacanestro e sull’hip-hop. Che spesso si intersecano tra di loro fino a diventare un unico soggetto. Niente di più facile per uno che, quand’era ancora un pischello, timbrava il cartellino delle squadre di minibasket della Scandone Avellino, per poi continuare a buttare la palla nel cesto a scuola e nelle minors. Il rap alla fine se l’è portato via ma la spicchia è sempre lì in agguato. Come testimonia “We love this game”, uscito nel 2014 come colonna sonora dell’evento “The search of the baddest”.
Attenzione però a non dimenticare tutti gli altri. È vero, Mr. Picariello è lì a sciorinare rime, ma non è il solo: al suo fianco ecco Madbuddy, Kiave e Johnny Marsiglia. Complici di una crew di tutto rispetto per un tributo alla nostra disciplina sportiva preferita.

 

I quattro si dividono i compiti spezzando il brano in altrettante parti, come in un vero e proprio lavoro di equipe, come quando in attacco la palla circola veloce tanto da mandare fuori dai coppi la difesa avversaria. A partire è Ghemon, per il quale il basket è anzitutto palestra e sudore: “Il coach chiama la treccia a cinque, quelli più scarsi a fare i suicidi (…), la palestra è vuota, se non corri geli, dalla lunetta parli al ferro e lo preghi, oggi è l’ultimo a lasciare il campo come ieri, il primo ad arrivare in fondo come il Beli”. E il Beli, ma che ve lo diciamo a fare, sta per Marco Belinelli, citato da Ghemon assieme a un altro grande del calibro di Sasha Danilovic (“tiro da 4, andate a casa vostra!”). Poi tocca a Madbuddy (al secolo Marco Gorgone), e la sua è una visione più spirituale del basket, se ci si concede il termine: “Parlo con la testa su, aspettando che accada, nel cielo le parole sono come palloni rimasti in aria (…). La tua faccia, la tua verità, sarei quello che serve, ma pure senza gravità rispetterei le regole. Siamo i numeri di spalle in questo campo, tipo chi ti dà le spalle in questo campo. Stanco del passato perché un giorno vale un altro, e se è vero che conta dove stai andando, tu stai andando forte”. E se Kiave (Mirko Filice), dispensa perle di saggezza (“Il fuoriclasse lo distingui dagli assist, la vita serve pochi alley-oop, pure se spacchi vince tutta la squadra, non tu”), Johnny Marsiglia gioca a fare il duro (“Prendo il microfono a metà campo, tu chi sei? Clown! Dov’è la tua corona, re del playground? (…) Nel mio quartiere i ragazzi mi portano rispetto, per come sono e per come rappo, ok? Ogni vittoria è per i miei fratelli”.
“We love this game” è un rap di grande impatto, realizzato con la complicità dei beat di Shocca e dagli scratch di Dj Tsura, sostenuto da un videoclip le cui immagini esaltano i playground e la loro vitalità. Certo, sarebbe stato interessante vedere i quattro interagire tra di loro, ma è probabile che si saranno dati appuntamento per un’altra occasione. O forse si son già rivisti da qualche parte, magari all’interno di un campetto di periferia, rappando tra una partita e l’altra.