Achille Polonara (foto Stefano Gandini 2017)

Umiltà ed educazione non sono due virtù che si trovano con facilità: solo una famiglia con valori importanti è in grado di trasmetterle. E nella chiacchierata con Achille Polonara, uno dei migliori giocatori italiani in circolazione, emerge una figura semplice con la corazza di un guerriero, uno che non vuole arrendersi mai. L’umiltà, in Achille, va di pari passo con l’ambizione. E il sogno di non porsi alcun limite per la propria carriera perché, come diceva Michael Jordan, “i limiti, come le paure, spesso sono soltanto un’illusione“.

Hai esordito in serie A a Teramo esattamente l’anno rispetto a quello in cui la società aveva ottenuto il miglior piazzamento della sua storia, in cui tu eri andato a referto 7 volte (senza mai entrare, ndr). Qualche anno dopo quell’esperienza si è conclusa con il fallimento della società. Ci sono dei ricordi a cui sei particolarmente legato in quella che è la società che ti ha lanciato nel basket professionistico?Teramo è stata molto importante per la fase iniziale della mia carriera. Ho esordito che non avevo nemmeno a 18 anni: in quel periodo c’erano due giocatori nel mio ruolo infortunati e coach Capobianco mi ha dato subito fiducia nonostante la mia giovane età. Ho fatto tre anni molto importanti per la mia carriera in Serie A oltre ad aver fatto anche le giovanili. Sono rimasto in buoni rapporti sia con la società che con tutti i tifosi e non poteva essere diversamente visto che tutto è partito da qui“.

Il sogno di vincere lo scudetto si è infranto sempre sul più bello con Reggio Emilia, mentre con Varese eravate arrivati ad un soffio dalla finale, perdendo in gara7 delle semifinali contro Siena. Cosa ti porti dietro di quelle esperienze?Il trasferimento a Varese è coinciso con la prima volta in cui ero veramente lontano da casa: a 20 anni, andare in una città a 500 chilometri di distanza dalla famiglia, è stato un cambiamento radicale. Il primo anno, comunque, è stato indimenticabile perché c’era un grande gruppo e lo si poteva facilmente notare in campo. Siamo stati sempre in testa alla classifica, ma purtroppo non siamo riusciti a battere Siena: ad ogni modo, un’annata da incorniciare. Il secondo anno è stato un pò meno positivo, ma ciò non toglie nulla alla mia esperienza varesina, città in cui si vive di pane e basket e dove mi sono trovato veramente benissimo. Dopo c’è stato il biennio a Reggio Emilia: squadra ambiziosa, ma probabilmente nessuno si attendeva che centrassimo per due volte di fila la finale scudetto. Anche in quel caso sono state due stagioni importanti, nonostante l’ultima in realtà sia stata un pò al di sotto delle mie aspettative. In ogni caso, un’altra esperienza che mi ha lasciato bellissimi ricordi“.

Domenica contro Varese per te sarà una sorta di derby. Sassari è la squadra più prolifica in casa, dopo Cantù, con 87,5 punti segnati, mentre Varese è la quarta miglior difesa del campionato e in trasferta è addirittura la seconda con solo 76 punti subiti di media. Avete intenzione di giocare su ritmi piuttosto alti, in modo tale da tenere alto di conseguenza il punteggio?Dobbiamo lavorare e migliorare molto sulla difesa, che è la chiave per vincere le partite. In diversi incontri, sopratutto quelli che non siamo riusciti a portare a casa, abbiamo concesso oltre 90 punti agli avversari e sono veramente troppi. In attacco, invece, siamo una squadra in cui un pò tutti hanno punti nelle mani, quindi ci sono meno problemi a segnare“.

Per Polonara, contro Varese, una specie di derby (foto Stefano Gandini 2017)Sassari è pronta per lottare per lo scudetto secondo te? Se no, che cosa potrebbe mancare?Sassari fino ad oggi ha fatto una stagione ricca di alti e bassi. Parte dei motivi sono da ricollegare all’esperienza europea che, per quanto bella, ci ha portato in dote un girone veramente tosto, con viaggi molto complicati (dalla Sardegna spesso sono stati necessari  tre scali, ndr) e anche qualche infortunio di troppo, che fa parte comunque del gioco. Adesso arriva il bello, con le partite importanti che non si possono sbagliare: abbiamo dimostrato di poter vincere o perdere contro chiunque, dipende tutto da noi“.

La Summer League ti ha dato qualche consapevolezza in più di poter raggiungere il mondo NBA o, al contrario, hai avuto modo di capire che forse non è la pallacanestro adatta a te?La verità è che ho fatto questa esperienza proprio per testare il mondo NBA, completamente diverso dal nostro. Purtroppo non mi è stata data la possibilità di dimostrare le mie qualità in campo. Non so, quindi, se mi possa essere servita: è stata semplicemente un’esperienza, nè negativa nè positiva“. Hai in mente di rifarla in futuro?Se ci fosse la possibilità di garanzia di giocare sì, ma altrimenti vado a Las Vegas solo in vacanza che è meglio“.

Achille Polonara con la Grissin Bon ha sfiorato lo scudetto (Foto Savino Paolella)

Tecnicamente c’è qualcosa in cui sai che devi migliorarti?Sono diverse le cose da migliorare: ad esempio, attaccare il ferro con la mano destra ed essere più concentrato in difesa: queste sono le due cose su cui devo lavorare“.

É iniziato un nuovo corso in Nazionale con Meo Sacchetti. Tu ti senti adesso parte integrante del gruppo?Innanzitutto sono molto contento di essere tornato in nazionale dopo due anni in cui non venivo convocato. Per me indossare nuovamente la maglia è stata una bella soddisfazione, anche magari per via delle varie assenze per i giocatori impegnati in Nba o in Eurolega. Spero di poter essere chiamato anche nei prossimi raduni. Io darò sempre il 100% e ci andrò super volentieri in Nazionale, altrimenti mi dispiacerebbe molto, ma farò in ogni caso il tifo da casa“.

Come mai negli ultimi anni la Nazionale ha fatto così fatica a raggiungere traguardi importanti nonostante comunque avesse diversi giocatori di talento?Non c’è un’unica spiegazione, ci sono giocatori che probabilmente non sono così tanto abituati ad essere protagonisti nelle proprie squadre. C’è anche il discorso legato alla folta presenza di stranieri nel nostro campionato, che non è certamente d’aiuto, perché poi gli italiani che giocano sono veramente pochi e non hanno modo di crescere. Alla fine un ragazzo che ha 25 anni in Italia ha ancora l’etichetta del “giovane”: il Real Madrid, ad esempio, ha dato fiducia a Doncic, indipendentemente dal fatto che fosse un diciottenne, mentre in Italia si fa ancora troppa fatica a fare qualcosa di simile“.

É impossibile non ricollegarsi al discorso dei giovani italiani: cambiano i regolamenti eppure la situazione non è cambiata molto. L’Italia, tra l’altro, ha vinto l’argento negli ultimi mondiali U19 in Egitto la scorsa estate. Manca solamente qualcuno che creda in questi ragazzi e li faccia crescere?Ci sono certamente tanti stranieri che fanno la differenza in Italia, ma in molte squadre ce ne sono altrettanti che non hanno nulla in più di tanti italiani. Questa questione non riuscirò mai a capirla e non è sicuramente d’aiuto al movimento del basket italiano. La speranza è che gli italiani possano avere sempre più spazio e fiducia in campo per dimostrare le proprie qualità e fare esperienza anche ad alti livelli“.

Achille Polonara (foto Stefano Gandini 2017)

Quando bussa alla porta il successo sono tanti i giovani che si lasciano facilmente distrarre dal proprio percorso professionistico. Ti è mai capitato di dover affrontare qualche momento simile?Ci sono stati dei momenti in cui potevo rilassarmi e pensare al fatto di aver raggiunto un obiettivo, adeguandomi alla situazione. Per fortuna ho avuto l’esperienza e il sostegno di mio fratello che, anche se non è arrivato in Serie A, ha sempre giocato a basket fin da piccolo e mi ha dato tanti consigli su quello che dovevo fare per migliorarmi e sui comportamenti da tenere. Ovviamente è stato fondamentale anche il supporto dei miei genitori che mi hanno sempre trasmesso la mentalità di non mollare e accontentarsi mai, restando sempre sul pezzo. Per fortuna ho avuto la mia famiglia che mi è rimasta sempre vicino sia nei momenti belli che in quelli più difficili. Purtroppo per tanti ragazzi non sempre è così e non hanno questa fortuna: l’incapacità di gestire questi momenti deriva proprio dalla mancanza di qualcuno che possa dare loro i giusti consigli per ritrovare la “retta via” quando hanno questi attimi di sbandamento“.

É colpa di tuo fratello quindi se adesso sei qui, quindi? (ride, ndr), ha 7 anni più di me, i miei genitori l’hanno sempre seguito fin da quando era piccolino e io, di conseguenza, mi sono appassionato subito a questo sport, iniziando a giocare prestissimo“. Se riusciste ad organizzare un 1vs1 al campetto, chi vincerebbe?Ovviamente farei vincere lui! (ride, ndr)”.

Senti di poter essere un esempio, anche fuori dal campo, per i ragazzi che si avvicinano al mondo del basket?Penso che ogni giocatore di basket, soprattutto ad alto livello, debba essere un esempio sotto ogni aspetto per i bambini e i ragazzi che lo praticano nel settore giovanile. Da piccolo mi ricordo come guardavo spesso i miei idoli sia dentro che fuori dal campo e qualsiasi loro comportamento volevo imitarlo. Per questo noi dobbiamo rappresentare sempre un esempio di correttezza in campo e anche fuori. Capita di sbagliare qualche volta, ma bisogna capire di avere questa responsabilità importante nei confronti di chi ci ammira“.

Un sogno nel cassetto sia per la tua carriera che dal punto di vista personale?Migliorare il più possibile individualmente e di arrivare il più lontano possibile, senza pormi alcun limite. Nella vita, invece, di avere una famiglia che mi assicuri tutto l’amore e la serenità possibili ogni giorno“.


Dailybasket.it - Tutti i diritti riservati