Daniel Hackett (Foto Savino Paolella 2014)

Daniel Hackett (Foto Savino Paolella 2014)

Esistono balle, grandi balle e statistiche” (B. Disraeli).

L’è on gran Milan! – Milano che è a -6 da Siena la notte in cui crolla al Pianella. Milano che non perde in campionato da 105 giorni. Milano che conclude la Regular Season di Eurolega con 5 vinte e 5 perse. Milano che dopo il 10/13 in Top16 farà uno scalo, magari non proprio solo tecnico, al Ben Gurion sulla rotta verso il sogno e verso casa. Comunque vada poi in Final4, sarà uno straordinario successo. Period.

Ma cosa è successo per trasformare una squadra per cui le ambizioni parevano quasi un capo di imputazione con il budget come prova a carico? Cosa è accaduto alle difese lasche e agli attacchi stagnanti che hanno riprospettato ai tifosi l’eterna coazione a ripetere stagioni amareggianti? Dai numeri e dai risultati, si direbbe una cura da cavallo. Sì, ma di razza, eventualmente. L’Olimpia ha, infatti, cambiato nettamente registro tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014 precisamente in concomitanza con l’arrivo di Daniel Hackett che proprio al Forum aveva battuto un colpo assordante nei playoff di due anni fa giocati con Pesaro. Qui si vuole, dunque, semplicemente (avverbio naïf, se ce n’è uno), cercare di capire quanto e in che termini il post hoc (ovvero la concomitanza cronologica) dell’arrivo di DH coincida con il propter hoc (ovvero la spiegazione causale). Per cercare di capirlo, come spesso capita, c’è pronta una tesi tremendamente illuminate.

Tesi – Lo straordinario rendimento dell’Olimpia Milano nel 2014 non dipende dal rendimento del suo acquisto più prestigioso, Daniel Hackett. O meglio, non dal suo rendimento in termini di produzione sul campo, giacché quest’ultimo è andato in realtà peggiorando rispetto a quanto espresso nel 2013, quando ancora vestiva la canotta Mens Sana, mentre quello dell’Olimpia è andato inversamente migliorando. Questo non significa affatto, come mette in guardia l’esergo, che Daniel Hackett non sia stato un fattore determinante per il miglioramento dei risultati e del gioco dell’EA7, ma, diversamente, che il suo apporto sia stato più lato sensu sistemico, che di pura capitalizzazione.

Il suo arrivo, che ha destato legittimamente e prevedibilmente grande scalpore, ha rischiato di mettere in ombra un lavoro, quello di Banchi, i cui frutti stavano forse già maturando e rispetto ai quali l’arrivo di Daniel Hackett è stato essenzialmente un catalizzatore. Lungi dal volergli ingenuamente attribuire poteri taumaturgici, né dal voler minimamente sminuire il valore indiscusso del Danny-Boy nazionale (in tutti i sensi), qui si vuole semplicemente sottolineare come, per restare nella metafora del titolo, DH abbia agito per l’organismo della squadra milanese proprio come l’aspirina (acido acetilsalicilico), ovvero principalmente da anticoagulante, in attacco, e che invece la “cura Banchi” stesse già ponendo per Milano le premesse di una salute, anche atletica, come quella attuale, straripante, sopratutto in difesa.

Tutti i numeri e le analisi di seguito riportate, poiché si riferiscono a periodi, squadre, competizioni e fasi molto differenti tra loro, vanno sempre intesi, oltre che con clemenza, ceteris paribus, ovvero rispetto a quella parità di condizioni che però, ahimé, raramente nel basket si dà. Tuttavia crediamo che questi numeri possano mettere in luce tendenze, più che invitare a bilanci, ed abbiano quindi forse il merito di rendere quel merito che spesso solo i numeri sanno concedere, anche al di là di quanto dicano.

Campionato – I numeri di Daniel Hackett in campionato nel suo confronto tra le 9 partite di Regular Season giocate in maglia Mens Sana (l’ultima l’8 dicembre 2013 nella vittoria contro Avellino) e le 13 giocate sinora in maglia Olimpia (la prima il 26 dicembre; l’ultima il 31 marzo 2014, avendo saltato il derby con Cantù) ci dicono che pur in contesti tecnici, societari, emotivi estremamente diversi i suoi numeri sono andati peggiorando. Daniel gioca meno da quando è a Milano (31.3 minuti contro 24.7), produce meno punti (8 contro 14.3 di media, da 18,3 a 12,9 su 40 minuti), tira molto peggio da 2 (56,7% contro il 40%) e da 3 (44,4% a fronte di un 40,0%) e consegna meno assistenze (3,2 contro 5,6, su 40 minuti si passa da 7,2 a 5,1).

Negli stessi periodi il rendimento dell’EA7 a sua volta subiva un mutamento, ma virando decisamente in territorio positivo (senza menzionare la posizione in classifica che è passata dal -6 su Brindisi alla 7^ giornata al +6 sulle seconde alla 25^). A partire dall’11^ giornata aumentano i punti segnati, anche se di poco (da 78,9 a 82,9) e le percentuali vedono un netto miglioramento da dentro l’arco (dal 51% al 55,8%) ed un lieve calo in quelle da oltre i 6,75, (passando dal 38,9% al 36,7%). Diminuiscono le palle perse (da 14,9 a 13,1) e aumentano gli assist (da 12 a 14,9) e le palle recuperate (da 5,9 a 7,6).

Ma è soprattutto in difesa dove il cambio di rendimento è stato tanto brusco quanto gratificante grazie alla “cura Banchi”: fino all’11^ giornata Milano subiva mediamente 74,3 punti a partita (in trasferta 79), mentre tra la 12^ e la 25^ giornata solo 66.7 (al Forum addirittura 62,3).

Eurolega – Lo stesso raffronto tra il rendimento di DH e dell’EA7 per quanto riguarda l’Eurolega pur tenendo conto della differenza profonda tra la Regular Season e la TOP16 e tra l’assetto della Mens Sana e quello dell’Olimpia, ci dice che Hackett ha visto anche in Europa rispetto alla stagione regolare disputata con Siena, dalla prima partita in maglia Milano col Panathinaikos del 2 gennaio, il suo minutaggio ridursi e il suo rendimento abbassarsi.

In particolare alcune statistiche mostrano il calo di rendimento di Daniel Hackett non tanto nella realizzazione dalla Regular Season con Siena in cui segnava 15,88 punti per 40 minuti contro i 15.14 di Milano, quanto nella componente più sistemica del suo gioco, come negli assist, passati dai 6,88 ai 4,49 sui 40 minuti, come lo stesso rapporto palle perse/assist che è scivolato dal 226,09% al 140,74%. Se la percentuale da 2 è rimasta invariata sul 43,28%, è stata invece la percentuale da 3 punti a subire una netta flessione, perdendo 10 punti percentuali, dal 40,91% al 31,58%, con un decremento identico a quello già visto in campionato. In effetti anche la percentuale reale di tiro è passata dal 48,58% al 43,99%. Se Hackett era poi primo in Eurolega per falli subiti durante la Regular Season, nella Top16, per 40 minuti, gli arbitri fischiano a suo favore in attacco dalle 9,26 volte di allora alle 6,51 di adesso. In conclusione l’indice di valutazione recita un calo dal 23,15 al 16,68 attuale.

Per quanto riguarda l’Armani, invece, nel raffronto tra Regular Season e Top16 si nota un generale miglioramento a partire dai punti segnati, che passano da 74,2 a 77,5 e nella percentuale da 3 punti dal 30,3% al 40,7%. La percentuale da 2 punti scende dal 51,4% al 48,3%, così come gli assist, da 13,5 a 12 mentre diminuiscono positivamente le palle perse da 12,7 a 11,5.

Ma è ancora una volta in difesa dove si rende più apprezzabile il frutto della “cura Banchi”. Contro la Armani infatti in Europa i punti realizzati passano da 76,2 a 70,5, le percentuale da 2 degli avversari da 52,6 a 50,9, la percentuale da 3 dal 34,2% al 30%, gli assist subiti da 16,5 a 13,6 e infine le palle perse dagli ospiti aumentano da 13,2 a 14,3.

Conclusione – Il ruolino dell’Olimpia tra campionato ed Eurolega fino al fatidico 23 dicembre in cui Daniel decise di svestire la canotta senese per indossare quella milanese, recitava 11 vinte su 21, mentre da allora declama uno strabiliante 24 vinte su 27 giocate. Il contributo del play da Forlimpopoli è stato indiscutibilmente determinante, ma non sufficiente a spiegare i risultati sin qui raggiunti e le ambizioni nutrite dalla franchigia. Certamente non va a detrimento del portato di un giocatore al collettivo, giudicarne l’impatto anche in termini psicologici e si può quindi dire che l’arrivo di Daniel abbia definito finalmente un assetto anche imperscrutabilmente mentale, oltre che tattico, che era in cerca, disperatamente a tratti, di un fattore anticoagulante in un attacco troppo spesso grumoso, al di là di quanto questo fattore possa aver prodotto in proprio. La “cura Banchi” in difesa e l'”acido Hackettilsalicilico” in attacco hanno quindi agito in modo complementare per portare l’Olimpia a quello stato di salute i cui più attendibili e recenti indicatori sono il +33 (diciamo tutti “33”) toccato contro un Barça fino ad allora imbattuto e i 12800 tifosi trasognati che ne sono stati spettatori.

Per paradossale che possa suonare, da oggi in poi il destino dell’Olimpia può solo migliorare proprio perché il gioco di Hackett può ancora migliorare. E molto. Magari da stasera.