Cesare Rubini

Cesare Rubini

Questa settimana vi vorrei parlare della cerimonia di presentazione del libro “Indimenticabile – Cesare Rubini, un guerriero dello sport” che si è tenuta a Roma nel Salone degli onori del Coni.

Debbo un ringraziamento speciale al presidente del CONI Giovanni Malagò, che ci ha ospitato ed è stato assai partecipativo nel suo intervento, alla FederNuoto, che ha fatto venire a Roma ex-compagni di squadra di Cesare, e il CT Campagna, che ha ricordato che nel club e in nazionale ha giocato con la calottina numero 5, lo stesso di Rubini. Posso dire che il “mio” sport, la pallacanestro, ha brillato per assenze: il Presidente doveva fare il sindaco, il CT era in Piemonte e il segretario era in altre faccende affaccendato… Per fortuna Valerio Bianchini con la sua “verve” ha raccontato: il Rubini innovatore, le scarpette rosse del Simmenthal, le tute di raso, il Rubini allenatore, il contropiede fulminante, la trasformazione di Pieri da pivot a playmaker, il Rubini che recluta le prime scelte Bill Bradley, il Rubini che vince la Coppa Europa, il Rubini che ri-organizza il settore squadre nazionali e vince una medaglia alle Olimpiadi.

Io ho avuto la fortuna di essere scelto da Rubini come allenatore al Simmenthal (forse suggerito da Arrigoni e Faina) mentre  allenavo in serie D, quando la D era il quarto campionato. Mi fece allenare le “leve”, cioè  i più piccoli. Vi voglio raccontare la trattativa economica. Passai una notte insonne per prepararmi, mi scrissi un discorso e lo imparai a memoria, volevo essere deciso per dimostrare il mio carattere… Entrai nel suo ufficio, ed ecco la trattativa: “Mi hanno detto che sei bravo, allenerai le leve, ma devi essere a disposizione tutte le mattine in sede. Il tuo compenso sarà di 20mila lire al mese. Ciao e buon lavoro.” Trattativa conclusa.

Nel 1973 (sono vecchio…) ricevetti un’offerta da Antonio Concato della A.S. Vicenza, squadra leader della femminile. Ero molto orgoglioso e decisi di accettare l’offerta. Quando lo dissi a Rubini mi aggredì in questa maniera: “Tu hai finito di allenare i maschi, io ti distruggerò”.

Ma in realtà mi voleva bene e si informava su come mi muovevo: dopo due anni mi richiamò e mi fece fare il vice di Faina nella prima squadra.

Quando decise di passare al settore Squadre nazionali suggerì il mio nome al Presidente Bogoncelli per la sua sostituzione. Mi chiamò e me lo disse per primo e si vedeva che era contento che fossi io a continuare il suo lavoro all’Olimpia.

Andavo spesso in via Ripamonti nel suo ufficio al CONI e parlavamo di tutto; io chiedevo e lui era sempre disponibile ad aiutarmi. Negli ultimi tempi della sua vita, avevo l’ufficio vicino a casa sua e spesso nella pausa pranzo andavo in Piazza Vetra, dove il badante gli faceva fare quattro passi e si sedevano su una panchina; io li osservavo da lontano e mi piangeva il cuore. Una volta mi feci forza e mi andai a sedere vicino a lui, ovviamente lui non mi riconobbe e disse al badante filippino: “Dagli cento lire, così ci lascia in pace”. Il filippino, che mi conosceva, si scusò, ma non sapeva che aver sentito la sua voce mi aveva reso felice.

A Trieste domenica scorsa, durante l’intervallo della partita, la sorella Laura e il nipote Giorgio hanno donato il libro al Presidente della Pallacanestro Trieste, Mario Ghiacci, e il pubblico, tremila persone in piedi, ha applaudito il ricordo dell’illustre concittadino.

Nel Famedio del Cimitero Monumentale, che accoglie le glorie di Milano e dove Cesare Rubini riposa accanto al suo grande amico Ottavio Missoni, a me sembra di sentirli, adesso, con “Tai” Missoni che apostrofa Rubini: “Ciò mulo te sì famoso, varda quanti aplausi”. E Cesare di rimando: “Ciò mona, va a remengo”.

Tony Cappellari