Prince è quello con il numero 3, in basso a destra

Prince è quello con il numero 3, in basso a destra

Nel 1972, i Lakers hanno già lasciato Minneapolis da 12 anni per trovare il loro scrigno dorato sulla costa occidentale e ce ne vorranno altri 17 prima di veder nascere i Timberwolves. I fratelli Coen sono ancora degli sbarbatelli che girano per la città dei laghi a girare filmini con la Super8, chissà se in qualcuno di questo non sarà finito anche Prince. No, non parliamo di Tayshaun, ala dei Pistons che fecero l’impresa, ma proprio del musicista che è stato uno delle grandi icone pop a cavallo tra questo secolo e lo scorso.

Nel 1972 Prince Rogers Nelson ha 14 anni ed è appena entrato alla Central High School, scuola superiore della zona sud di Minneapolis. È magrissimo, alto (…) 1 e 58 ma con i capelli afro gonfi all’inverosimile prova almeno a sembrare più grosso di quanto non sia. Gli piace avere la palla a spicchi in mano e gli riesce piuttosto bene. Quando non è chiuso in qualche classe a sperimentare strumenti e composizioni, Prince è in palestra. Insieme al fratello Duane, è la stella di una delle squadre più forti che si ricordino nella piccola scuola di “Mill City”. È un nanerottolo e, pur essendo rapidissimo e dotato di un gran ball handling, finisce spesso per schiantarsi contro i giganti che si aggirano nelle aree avversarie. “Sapeva palleggiare con entrambe le mani e arrivava persino a schiacciare” giura Jon Najarian, ex compagno di squadra, in un’intervista al Chicago Tribune del febbraio scorso. Ve lo immaginate Prince nel ruolo di Nate Robinson della scuola?

Prince o Nate Robinson?

Prince o Nate Robinson?

Con un padre pianista e compositore e una madre cantante jazz, però, il talento che è portato a coltivare è quello della musica. Gli riesce tutto facile e così mette da parte il pallone da basket per dedicarsi alla musica a tempo pieno. Nel 1975, a soli 17 anni, tira fuori il suo primo demo, anche se il successo arriverà più tardi, nel 1979, con il secondo album, “Prince”. Nel 1984, poi, è “Purple Rain” a consegnarlo alla storia della musica contemporanea.

Il passato cestistico di Prince non interessa granché ai fans e nessuno, dietro l’aspetto curatissimo e le liriche sexy, aspetterebbe di trovarsi un animale da playground. La pulce nell’orecchio la mette Charlie Murphy nel 2004. In una puntata del “Dave Chappelle’s Show”, il fratellone di Eddie dà vita ad uno sketch comico in cui immagina di raccontare una fantomatica partita di basket datata 1985 nella quale Prince e la sua band, senza nemmeno cambiarsi d’abito, sfidano e ridicolizzano in un playground lui e la sua crew.

In molti iniziano a chiedersi se la cosa fosse totalmente inventata o se ci fosse un fondo di verità. Ci pensa lo stesso Prince a dissipare le nubi, in un intervista ad un altro Murphy, il giornalista Skip, nella quale conferma di aver battuto i due fratelli Murphy, Eddie e Charlie. In palio una colazione a base di pancakes! A Prince piacque talmente tanto quello sketch da riprenderlo per la copertina del singolo “Breakfast Can Wait” dello scorso anno:

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Del match emergeranno negli anni successivi anche vari altri particolari, con il contributo addirittura di Mike Tyson. L’ex campione del mondo di pugilato ha fatto uscire lo scorso mese di novembre la sua autobiografia, “Undisputed Truth”, nella quale chiama in causa molti personaggi famosi. Tyson ricorda di quando era andato a salutare i fratelli Murphy a casa loro e gli raccontarono che, il giorno precedente, Prince e dei suoi amici li avevano sculacciati a basket. Piccolo dettaglio: l’artista di Minneapolis giocò con le scarpe col tacco alto!

L’episodio resta ancora avvolto tra le nubi della leggenda, ma sul talento cestistico di Prince la nebbia l’ha dissipata definitivamente lo scrittore e giornalista musicale Tourè, che a inizio 2013 è uscito con il libro “I Wolud Die 4 U: Why Prince Became An Icon”, uno studio sull’impatto di Prince sulla cultura popolare. In uno dei passaggi più memorabili del libro, Tourè racconta del suo incontro del 1998 con Prince per un’intervista che sfociò in una sfida sul cemento.princebball

Tourè manda via email delle domande a Prince e, conoscendo il suo passato da sportivo, chiude la lista con una richiesta tra il serio e il faceto: “Giocherai a basket con me?”. Dopo qualche giorno, Prince risponde. Anche a quell’ultima richiesta. “Quando vuoi, fratello”. Tourè infila il pallone in borsa, prende il primo volo per Minneapolis (dove il musicista ha sempre continuato a vivere) e raggiunge Prince a Paisley Park, negli studi di registrazione di sua proprietà.

Tourè inizia con alcune domande, poi tira fuori il pallone e lo sfida. “Giochiamo”. Prince si gira verso un assistente e dice: “Pulisci sul retro e portami le scarpe”. Non quelle col tacco però. “Chi te l’ha detta sta cosa? Qualcuno che è geloso di me, di sicuro”, ribatte Prince.

Si infila le Nike Air Force ed inizia a fare qualche tiro. Ci sono anche un fotografo (cui proibisce ogni scatto) e il suo tastierista. Si fanno le squadre: Tourè e Prince contro gli altri due. “Giocava con una leadership naturale – narra Tourè – facendo blocchi e passaggi intelligenti che giocatori veri si sognano. Aveva la confidenza di uno che si è preso il mondo e ha vinto”.

Sempre secondo lo scrittore, Prince andava molto fiero del suo lato sportivo. “Ma ero troppo piccolo per giocare all’high school – confessò l’artista – ero molto meglio a tennis”. O forse molto meglio con la chitarra.