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E’ durato 10 giorni il Mondiale dell’Italia. Tanti ne sono passati dall’illusoria vittoria di Manaus contro l’Inghilterra alla dolorosa sconfitta contro l’Uruguay, passando per la penosa prestazione contro la Costarica. Usciamo di nuovo al primo turno e ancora una volta contro formazioni non certo di primissimo livello, ma che sicuramente hanno fatto vedere qualcosa in più di noi. E il fatto che il nostro gruppo sia quello in cui si è visto il calcio peggiore, deve farci riflettere sul totale fallimento della nostra spedizione.

L’ultimo atto si consuma tra paure e ipocrisie, più qualche piccola recriminazione, buona però solo a creare falsi alibi, che non possono celare quello che questa squadra ha mostrato in Brasile: (forse) la peggiore Italia degli ultimi 10 anni. Prandelli parla dell’espulsione di Marchisio (sinceramente folle come decisione) e del morso di Suarez (prova tv e Mondiale finito?) come gli episodi su cui è girata la gara, ma la verità è che  l’Italia aveva già perso quando è rientrata in campo per il secondo tempo. Messo in campo un 3-5-2 in cui non ha mai creduto ma che quanto meno, pur non creando nulla, ci aveva permesso di tenere in mano il gioco e di isolare di fatto Cavani e Suarez, Prandelli se ne esce con la sostituzione di Balotelli con Parolo, mettendo in campo una specie di 3-5-1-1 che, oltre a smascherare la sua ipocrita idea iniziale (solo compiacimento a stampa e opinione pubblica che invocava due attaccanti?), creava solo confusione nei giocatori che non riuscivano più a gestire il pallone e iniziavano a concedere campo all’Uruguay. A dire il vero i sudamericani hanno fatto ben poco per portare a casa la gara, a parte un guizzo di Suarez bloccato da un enorme Buffon, ma dopo l’espulsione di Marchisio non si sono potuti esimere dal riversarsi in attacco fino a trovare a 8 minuti dal termine il gol qualificazione su un colpo di testa di Godin, lasciato saltare indisturbato nella nostra area. A quel punto eravamo sulle ginocchia da tempo, senza una torre al centro dell’attacco e con un uomo in meno è diventato pressoché impossibile anche solo avvicinarsi alla porta di Muslera, trasformando gli ultimi 10 minuti in un calvario.

Si chiude così amaramente, ma giustamente, un Mondiale che probabilmente segna il capolinea della carriera azzurra di quella “generazione di mezzo”, la generazione dei Buffon, Barzagli, Chiellini, De Rossi, Pirlo, Cassano, che doveva fare da ponte tra la squadra Campione del Mondo 2006 e i giovani che a fatica si affacciano in campo internazionale. E la situazione non è certo delle più rosee, visto che a parte Darmian e Verratti, i giovani a questo Mondiale hanno deluso. A partire da Mario Balotelli, giocatore su cui Prandelli ha puntato, salvo poi scaricarlo nella gara decisiva, ma che non ha fatto nulla per meritarsi la totale fiducia. Giocatore dal potenziale smisurato, ma appunto “potenziale”, incapace di gestire la sua testa e sempre in lotta con il mondo, che fa il guascone davanti alle telecamere quando le cose girano bene, ma che non riesce mai a dare continuità alla sua carriera. Eppure per il bene della nostra Nazionale continuiamo a sperare che prima o poi nella sua testa possa scattare il click giusto, perchè ad oggi di alternative non ne abbiamo

Nel frattempo Prandelli e Abete hanno detto basta, rassegnando le dimissioni negli spogliatoi di Natal. Una doppia decisione che sa di fallimento totale, tecnico e di gestione, ma almeno suona come un senso di responsabilità di fronte ad una spedizione negativa. Bisognerà vedere chi è pronto per prendere il posto di Prandelli, i nomi che si facevano qualche mese fa erano quelli di Allegri e Spalletti, ma anche di Zaccheroni che dovrebbe chiudere dopo il Mondiale la sua avventura giapponese, o addirittura il clamoroso ritorno di Lippi. Quel che è certo è che ci aspettano due anni molto duri con una squadra da ricostruire, giocatori di livello che mancano in tanti ruoli, soprattutto in difesa e a centrocampo, ma prima di tutto la necessità di trovare un progetto tecnico reale e affidabile, su cui ricostruire in quattro anni una Nazionale credibile e in cui credere, utilizzando i prossimi Europei come una tappa in cui far crescere in campo internazionale una generazione totalmente immatura a certi palcoscenici. E non per colpa dei giocatori stranieri che affollano le nostre squadre di club. Basta alibi, a Natal abbiamo toccato il fondo. Forse l’unica notizia positiva in arrivo dal Brasile è proprio questa.


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