La stagione. Era dal 2000, quando c’erano in campo Arvydas Sabonis, Scottie Pippen e Rasheed Wallace per intenderci, che i Blazers non superavano il primo turno dei playoffs. Se poi si considera che nelle ultime due stagioni a Portland la postseason l’hanno vista solo in TV, è evidente il passo avanti che hanno fatto i rossoneri quest’anno, passando da un record di 33-49 a un ottimo 54-28, che è valso il secondo posto nella Northwest Division e il 5º nella Western Conference. Quinto posto che non ha impedito di ribaltare il fattore campo nella serie contro i Rockets, vinta sì “solo” 4-2, ma in sei partite all’insegna del totale equilibrio. Ulteriore merito, quindi, per i Blazers, che sono riusciti a esprimere al meglio il loro basket anche nei momenti cruciali. Poi, al secondo turno, non c’è stata storia contro la corazzata Spurs, ma il bicchiere a fine stagione è senza dubbio mezzo pieno, se non di più, e permette di guardare con ottimismo al futuro.

Lillard e Aldridge, la coppia di stelle dei Blazers (Foto: ripcityproject.com)

Lillard e Aldridge, la coppia di stelle dei Blazers (Foto: ripcityproject.com)

MVP. Due sono le stelle indiscusse della squadra, Damian Lillard e LaMarcus Aldridge, ma dato che il primo ha tutta la carriera davanti, decidiamo di premiare il secondo. Giunto ormai all’ottava stagione in NBA (carriera interamente passata a Portland), Aldridge, oltre a essere la bandiera dei Blazers è anche uno dei giocatori più sottovalutati e più efficaci della Lega: per il quarto anno consecutivo ha chiuso oltre i 21 punti di media, ma quest’anno si è superato, segnando 23,2 punti e catturando 11,1 rimbalzi a partita (entrambi career high), aggiungendo 2,6 assist e 1 stoppata e salendo ancora di tono nel primo turno di playoffs (26,2 punti).

Robin Lopez, diventato ormai un solido elemento da quintetto (Foto: bigstory.ap.org)

Robin Lopez, diventato ormai un solido elemento da quintetto (Foto: bigstory.ap.org)

La sorpresa. Molti hanno sorriso leggendo la notizia dell’acquisizione di Robin Lopez: dopo 4 anni mediocri a Phoenix e uno buono in una squadra però non di primo livello come gli Hornets, farne il centro titolare di una squadra ambiziosa era forse una mossa azzardata. Che, però, ha pagato pienamente: il fratello del più famoso Brook ha segnato quanto l’anno precedente a New Orleans (11,1 punti col 55% dal campo), preso 8,5 rimbalzi e dato 1,7 stoppate a partita; ma, soprattutto, si è dimostrato l’uomo giusto nel posto giusto: solidità sotto canestro, difesa in area (in una squadra che non eccelle in fase difensiva soprattutto tra gli esterni), poche richieste in attacco, ma in grado di segnare sugli scarichi e su rimbalzo offensivo, sono le caratteristiche ideali per un centro in una squadra che aveva come bocche da fuoco i vari Aldridge, Lillard, Matthews e Batum.

La delusione. Ancora una volta è la panchina il vero tallone d’Achille dei Blazers. La second unit di Portland ha segnato la miseria di 23,6 punti a partita (peggiore dell’intera Lega), ma al di là dei punti mancano proprio giocatori affidabili. Tolto (parzialmente) Mo Williams, che ha sfiorato la doppia cifra (9,7 punti) ma con percentuali rivedibili (42%), tutti gli altri hanno segnato meno dei 5,3 punti di un CJ McCollum da cui, dopo essere stato scelto al numero 10 del draft, ci si aspettava forse di più (frenato però da un infortunio che l’ha fatto esordire solo a gennaio). Particolarmente deludenti Dorell Wright e Thomas Robinson, destano una certa “preoccupazione” anche l’involuzione del lungo Meyers Leonard (dai 5,5 punti di media della stagione d’esordio ai 2,5 di quest’anno) e l’impalpabilità dei due europei Freeland (3,3 punti) e Claver (2,2), ormai ai margini delle rotazioni pur in una panchina appunto non di certo eccelsa.

Da CJ McCollum i Blazers si aspettano molto di più la prossima stagione (Foto: cbssports.com)

Da CJ McCollum i Blazers si aspettano molto di più la prossima stagione (Foto: cbssports.com)

Prospettive future. Non c’è molto spazio di manovra per poter sperare in un salto di qualità grazie al mercato: praticamente tutto il roster è blindato, tranne Mo Williams (che ha esercitato l’opzione per uscire dal contratto) e Earl Watson (che partirà senza grossi rimpianti da parte della società), free agent senza restrizioni, e Will Barton (forse tra i “meno peggio”, considerando pedigree ed effettivo rendimento), che attende la conferma da parte della società. Per il resto, tutti già sotto contratto, con un monte salari che supera già i 54 milioni di dollari. Il fatto poi che dal draft non arriverà nessuno lascia poco scampo: bisogna far crescere chi si ha già in casa, a partire da Lillard, chiamato a diventare una star di livello assoluto, Lopez e Batum, da cui ci si aspetta un ulteriore passo avanti, fino ad arrivare ai vari McCollum, Robinson, Barton e Leonard. Proprio Leonard, però, pare essere uno dei principali indiziati alla partenza: l’unico modo per movimentare il mercato sarebbe infatti una trade, ma, confermando ovviamente l’intero quintetto, gli unici giocatori cedibili sarebbero, oltre al centro al secondo anno, Crabbe, Claver, Wright e Freeland. Non chissà che, ma molti di loro l’anno prossimo saranno in scadenza di contratto, e qualche squadra interessata a dare in cambio un veterano di discreto livello potrebbe anche esserci.