Condividiamo il pensiero dell’amico Andrea Saule sulle medaglie di Innerhofer e Fontana, due atleti che conosce bene, lavorando per il Samsung Galaxy Team. Per la versione originale dell’articolo seguite Andrea sul suo blog Inviato dal divano

 

foto sochi.com 2014 Winter Olympic Games

Arianna Fontana sul podio dei 1550 m (foto sochi.com 2014 Winter Olympic Games)

Mi scuso per il colpevole ritardo, ma son stati giorni convulsi sul lavoro e non solo. Detto questo, Christof e Arianna hanno fatto bis, aggiungendo un bronzo ciascuno al medagliere dell’Italia (che ha già eguagliato quello di Vancouver, oro di Razzo a parte) e del Samsung Galaxy Team, che orgogliosamente ho contribuito a creare e che per il momento conta di cinque podi su cinque gare disputate (sei considerando il Giochi senza Frontiere del Team Event dello slittino).

Le medaglie di Inner e d Ari sono medaglie simili: vengono dalla forza della convinzione del momento magico (e per entrambi i Giochi non sono ancora finiti, con lo sciatore impegnato domani nel superG e la pattinatrice ancora in gara sui 1000 e nella staffetta) ma anche dalla prudenza che paradossalmente li ha aiutati nel “non aver niente da perdere”. Sembra un controsenso, ma è così. Con una medaglia al collo nella gara a cui tenevano di più e in cui erano tra i favoriti, hanno potuto arrivare alla seconda gara con la testa sgombra: in teoria, quindi, avrebbero dovuto “buttarsi” e rischiare, perchè tanto in bacheca qualcosa c’era già. E invece sia Inner che Ari hanno dosato le forze e soprattutto evitato di prendere inutili rischi, andando a conquistare due bronzi pesantissimi. Christof, ammettiamolo pure deludente nella prova della discesa della supercombi, è sceso come uno slalomista consumato che deve far punti: nessun taglio, linee pulite e tanta pazienza nell’aspettare che gli altri ad uno ad uno gli andassero dietro. Ha conquistato così la medaglia più inaspettata, perché tra una cosa e l’altra non ne disputava una vera dal 2011. Per Arianna il discorso è stato soltanto leggermente diverso: ha sì dominato tutte le batterie dimostrandosi in forma strepitosa, ma ha anche ammesso come questi 1.500 quest’anno non fossero esattamente la “sua” gara, forse più dei mal digeriti 1.000 dove ultimamente si è presa diverse soddisfazioni. Quindi, trovatasi terza dopo la ormai consueta maxi caduta di quel magnifico sport autoscontro che è lo short track, ha pensato a difendersi dall’acerrima rivale Ter Mors quando oro e argento potevano sembrare alla portata provando a passare chi stava davanti negli ultimi due giri. La gamba forse c’era, ma perché rischiare di buttar via un bronzo con una squalifica o con un contatto?
A proposito di medaglie buttate via: quello che è successo nella 4 x 5 femminile non credo abbia precedenti: la bellissima Charlotte Kalla quasi quasi non ci credeva a non veder davanti a sé una Bjoergen, una Jacobsen, una Johaug. E invece si è presa l’oro assieme alla sua Svezia, mentre l’odiata Norvegia annaspava per il quinto posto. Lo sport sa essere incredibile, e onestamente (detto da uomo di comunicazione e marketing ha una valenza doppia) chissenefrega se i favoriti steccano e quindi tolgono interesse alla manifestazione, come ha spiegato magnificamente Gaia Piccardi sul Corriere della Sera di oggi. Lunga vita ai Viletta, tanto le Fenninger le medaglie sanno come andarsele a prendere comunque…