RAVENNA – RICCARDO SABADINI

Ci sono giocatori che cambiano la storia di un club: quando in una calda mattina d’estate Eugenio Rivali ha posato di fianco al presidentissimo Roberto Vianello, al neo general manager Giorgio Bottaro e a Giacomo Cicognani nella sala comunale di Ravenna forse pochi pensavano che a quattro anni di distanza il piccolo playmaker pesarese avrebbe salutato il club nella seconda serie nazionale al termine di un percorso trionfale, pieno di gioie e soddisfazioni, durante il quale Genio è diventato il beniamino incontrastato dei tifosi per le sue doti cestistiche ed il suo essere straordinariamente normale.

Partiamo dalla fine… Dopo quattro anni pieni di soddisfazioni è arrivato il divorzio tra te e Ravenna.

Sono sincero, un po’ di amaro in bocca ce l’ho… principalmente perché lascio una situazione che sentivo e sento tuttora mia, che ho visto nascere e crescere e mi dispiace. Con la società c’eravamo ripromessi di parlare a fine stagione di alcuni aspetti su cui, durante l’anno, avevamo punti di vista discordanti ma ero convinto che, con un po’ di volontà da parte di entrambi, si potesse trovare un punto d’incontro. Purtroppo così non è stato e così ora mi trovo a salutare una città, una società che mi ha dato tanto.Europromotion Legnano - ACMAR Ravenna

Torniamo all’estate del 2012, quella del tuo approdo in maglia giallorossa.

Quando sono arrivato a Ravenna c’era l’aria elettrica tipica di una squadra che è al suo anno zero: s’era appena insediato Giorgio Bottaro che stava portando un cambiamento importante all’interno dell’organizzazione. Conoscevo già la società da fuori per averla affrontata in maglia Angels e si percepiva che il potenziale c’era ma solo con l’arrivo di Bottaro è stato fatto il salto di qualità. L’impressione è stata ottima, la mia scelta è stata sicuramente favorita dal fatto che al mio fianco ritrovavo due giocatori e compagni super come Bedetti e Broglia e un mio concittadino come Penserini oltre alla presenza di una persona straordinaria e di un autentico leader come Ciccio Amoni. Anche il primo impatto con Lupo Giordani, che non conoscevo, è stato travolgente: dal primo giorno in palestra abbiamo capito che potevamo fare qualcosa di straordinario. Stavamo benissimo insieme dentro e fuori dal campo, ogni ingranaggio è stato perfetto, dall’organizzazione di Bottaro alla gestione di Lupo. Ogni vittoria ha alimentato il nostro entusiasmo e soprattutto l’entusiasmo dei tifosi che hanno cominciato a seguirci sempre di più: anche questa è stata una grandissima soddisfazione, vedere una città che si innamora di una squadra non capita tutti i giorni.

Qual è stato il momento chiave della vostra cavalcata?

Sarebbe facile dire la vittoria in gara2 a Firenze che senza dubbio è stato un po’ il manifesto della stagione; scegliendo un altro momento direi probabilmente la prima sconfitta, arrivata contro Ancona sul neutro di Cervia. Quella sera, che seguiva una striscia di 20 successi consecutivi, ci riportò con i piedi per terra e fece di nuovo aumentare l’intensità degli allenamenti in vista della Coppa Italia e del finale di stagione. Sicuramente la vittoria della Coppa Italia è stata una iniezione di fiducia assoluta, ci ha dato la consapevolezza della nostra forza e fatto capire che eravamo i più forti dell’intera DNB. Beh poi certamente se non avessimo vinto gara2 sul campo dell’Affrico a quest’ora non saremmo qui, ad un passo dal baratro siamo stati straordinari nel tirare fuori il meglio di noi e a rovesciare una partita che sembrava segnata.

Nel 2013-2014 inizia la storica avventura nel campionato di A2: qual è stato il vostro impatto?

Ci siamo approcciati a questo primo storico campionato di serie A2 con grande curiosità e voglia di misurarci con avversari di un livello superiore e soprattutto con gli americani contro cui praticamente nessuno di noi aveva mai giocato. La società a mio avviso fece un grandissimo acquisto portando a Ravenna Charlie Foiera, un grande sia in campo che dentro lo spogliatoio. Dopo la sconfitta di misura con Treviglio nel match di esordio, abbiamo centrato quattro vittorie di fila con l’apoteosi della testa della classifica centrata dopo la vittoria con Roseto.

Rivali (Foto Barbara Lodigiani © 2013)Il primo americano della storia di Ravenna fu Adam Sollazzo.

Adam arrivò a Ravenna in una situazione particolare, era da solo ed era un ragazzo abbastanza particolare. In campo però c’ha dato una gran mano e ha portato punti e diverse vittorie. A gennaio poi, all’apice del momento di nostra difficoltà, la società ha deciso di inserire Mike Singletary, una vera bestia. Con lui in squadra abbiamo cambiato marcia, centrando una storica qualificazione ai playoff contro i nostri rivali di Ferrara. In quel quarto di finale ce la siamo giocata alla grandissima, dando vita ad una serie mozzafiato, decisa solamente nell’ultimo minuto di gara5 e chiudendo una prima stagione davvero storica.

Se la prima stagione è stata quella della scoperta, delle novità, la seconda è stata quella della consapevolezza, nonostante il cambio in panchina da Giordani a Martino.

Il cambio di allenatore è sempre un momento estremamente delicato ma penso che Bottaro sia stato bravo nel mantenere lo zoccolo duro della squadra confermando me, Amoni, Foiera, Tambone e Singletary, facilitando così sia il lavoro di Antimo che il nostro impatto. Anche gli acquisti sono stati di assoluto livello umano e tecnico: Raschi è una grande persona che si è inserito da subito mentre Holloway se possibile ha fatto ancora prima; Manu è un americano atipico, sempre sorridente e solare ed è diventato ben presto il beniamino dello spogliatoio. Con questi presupposti, siamo riusciti a partire subito fortissimo, mettendo tanto fieno in cascina, girando la boa di metà campionato in seconda posizione e chiudendo quinti, migliorando la posizione del primo anno, e rimanendo esclusi dai playoff solamente a causa del regolamento che prevedeva l’accesso alla post season solamente per le prime quattro.

E in più, ciliegina sulla torta, avete centrato la qualificazione alla Final Six di Coppa Italia di Rimini.

Il secondo posto a fine girone d’andata ci ha consentito di staccare il pass per la Coppa Italia, un evento storico per la società e per la nostra città. E’ stata una grandissima soddisfazione, un premio per il nostro lavoro e della società che per la prima volta ha ricevuto un determinato tipo di attenzione mediatica, con le telecamere di Sky e un palcoscenico nazionale ad osservarla. Nonostante la sconfitta con Torino è stata una bellissima esperienza.

Arriviamo così alla stagione appena conclusa…

fonte basketravenna.it

fonte basketravenna.it

Una stagione iniziata con diverse incognite, a cominciare dal trasferimento al Pala De Andrè, una nuova casa più grande per contenere i nostri tifosi, un passaggio fondamentale ed inevitabile per consentire una ulteriore crescita del movimento. Un’altra situazione delicata è stata poi lo smembramento del nucleo storico dello spogliatoio, con la partenza di Ciccio e Charlie, diciamo che è stata una sorta di nuovo anno zero. Se l’anno prima il fatto di conoscerci ed essere compatti è stato foriero di un inizio sprint, quest’anno abbiamo fatto fatica sia per la scarsa abitudine a giocare in un palazzo dove non ci allenavamo praticamente mai che per la necessità di conoscerci ed amalgamarci. Con il passare del tempo siamo cresciuti ed abbiamo continuato a produrre una bella pallacanestro, centrando vittorie prestigiose e solamente qualche sciagurato scontro diretto non ci ha consentito di accedere ad una post season che avremmo ampiamente meritato.

Se dovessi scegliere un momento da ricordare della stagione 2015-16?

Senza dubbio il buzzer beater con cui abbiamo sbancato Ferrara. E’ stato un momento di grande soddisfazione personale, in quello che è stato l’anno più difficile per me in maglia giallorossa e poi è coincisa con la vittoria in un derby, che vendicava sportivamente la sconfitta nel match dell’andata che segnava l’esordio al Pala De Andrè.

Qual è stato il tuo compagno preferito in quest’avventura?

Che domanda difficile.. E’ difficile individuare una persona in particolare. Sicuramente una grande scoperta è stata Charlie Foiera, un giocatore che proveniva da un background molto superiore rispetto a noi ma che ha saputo calarsi perfettamente nello spogliatoio, rivelandosi un compagno e una persona straordinaria. Anche Ciccio Amoni è stato un grande, con lui ho condiviso tre anni meravigliosi e tanti momenti divertenti dentro e fuori dal campo, senza contare Bedetti e Broglia che mi portavo dietro da Santarcangelo. Vorrei poi citare anche Raschi che in quest’ultima stagione è stato per me l’elemento di continuità con lo spogliatoio dell’anno precedente.

Il momento più brutto?

Non ci sono stati momenti brutti in questi quattro anni ma se proprio devo individuare un momento di smarrimento è stato nel passaggio tra Giordani e Martino; con Lupo si era creato un rapporto straordinario sia dal punto di vista tecnico che umano e quando la squadra ha cambiato guida tecnica c’è stato un momento in cui non sapevo cosa aspettarmi. In realtà poi Antimo s’è rivelato un grande tecnico, capace di portare la squadra a risultati straordinari.

Due parole sui tifosi giallorossi… Sei stato testimone in prima persona della nascita dell’amore di una città per una squadra…

I tifosi di Ravenna sono semplicemente straordinari: ho rivisto in loro grossi similitudini con quelli che avevo trovato a Santarcangelo, una realtà fatta di famiglie e bambini che si appassiona giorno dopo giorno. A livello umano mi hanno fatto sentire come a casa e penso di poter dire che a Ravenna lascio ben più di qualche amico: è stato bello vedere come il movimento è cresciuto, siamo partiti con un seguito limitato ma poi dopo ogni vittoria il numero di tifosi cresceva, sicuramente vincere ha facilitato il processo ma poi alla fine queste persone si sono attaccate a noi. La soddisfazione più grande è stata quella di vedere una città legata per tradizione alla pallavolo innamorarsi di una squadra di basket, tanto da spingere il presidente Vianello al passo di trasferire la squadra al Pala De Andrè per dare modo a più appassionati di seguirla. Anche questo salto è stato ampiamente metabolizzato e sono convinto che il movimento continuerà a crescere anche nei prossimi anni.

Eugenio, in conclusione, qualche rimpianto?

Non lo nego, qualche rimpianto c’è. Mi sarebbe piaciuto chiudere la carriera in maglia OraSi perché Ravenna è una grande società dove si sta bene, si lavora bene, l’organizzazione è fantastica e ti mette nelle condizioni di fare tutto al massimo. Purtroppo in questo sport a volte si devono fare delle scelte… ma a Ravenna ed ai suoi tifosi sarò sempre legato a doppia mandata.

Riccardo Sabadini