Martin Colussi

Un lungo applauso finale. Il feretro di Martin Colussi esce dal duomo di Casarsa. Maria Teresa, la mamma, e Martina, la fidanzata del trentunenne cestista deceduto nella notte tra sabato e domenica, si stringono forte. Nei loro volti c’è tutta la disperazione di chi ha perso un figlio e di chi, da nove mesi, amava un ragazzo con il quale avrebbe voluto trascorrere la vita. Un amore sbocciato a Veroli, dove Colussi aveva giocato la sua ultima stagione a pallacanestro in Legadue. È il mondo del basket e dello sport in generale a piangere un ragazzo «d’oro, altruista, sempre disposto ad aiutare il prossimo».

Nel primo banco della chiesa c’è pure Dino Meneghin che nei giorni scorsi aveva invitato tutte le società a osservare, prima delle partita, un minuto di silenzio. C’è anche Antonello Riva, uno dei cestisti del passato maggiormente apprezzati. Ci sono alcuni giocatori della Prima Veroli, tra cui Marco Ammannato e Riccardo Cortese, venuti dalla Ciociaria. Ci sono anche Luca Rallo, team manager, e Ferencz Bar-tocci, general manager della squadra, che, a nome del presidente della società, Leonardo Zeppieri, hanno lasciato un mazzo di fiori in memoria di Martin sul luogo dell’incidente lungo la Pontebbana.

C’è anche Michele Antonutti, ex giocatore della Snaidero Udine, ora accasato con la Trenkwalder di Reggio Emilia.

C’è soprattutto una comunità che, ancora incredula, a stento riesce ad accettare la morte di Martin. Il parroco, don Roberto Laurita, ricorda brevemente la vita del cestista casarsese. «Noi tutti – ha detto durante la predica – abbiamo potuto apprezzare un campione nella vita e nello sport. Un ragazzo che ha fatto dell’altruismo, dello spirito di gruppo e della serietà un modello di vita. Una persona disponibile e generosa». E ricorda poi quella tragica notte: «È bastato un attimo e la macchina di Martin si è trasformata in uno strumento di morte. Una scomparsa che ha dell’incredibile».

Il Gazzettino di Pordenone