Brandon Knight ha iniziato la stagione con un viaggio inaspettato da Detroit a Milwaukee dove si è unito ai Bucks, scambiato con Brandon Jennings che è volato ai Pistons. Sorpreso ma felice della trade, Knight adesso è una delle chiavi di una squadra che sta vivendo un nuovo inizio. Ne abbiamo parlato con lui a Roma, dove è arrivato con l’NBA per condividere quattro giorni con i ragazzi di Basketball Without Borders, il camp per i migliori prospetti europei classe ’97. Ecco che cosa ci ha detto.
Brandon, i Bucks non hanno giocato la loro miglior stagione ma siamo ad una ripartenza. Come vedi la franchigia?
Sì, siamo un nuovo gruppo di giocatori rispetto allo scorso anno. E’ cambiato anche il coaching staff. Insomma, facce nuove per una squadra che secondo me sta andando nella giusta direzione.
Qualche settimana fa hai avuto l’opportunità di parlare con la nuova proprietà (Marc Lasry e Wesley Edens ndr). Che impressione ti hanno fatto?
Sì, ho avuto un colloquio con loro più o meno 15 giorni fa e mi hanno fatto un’ottima impressione. Sono un gruppo di investitori che hanno a cuore il destino della franchigia e che vogliono cercare di ritrovare un legame forte tra la squadra e la città di Milwaukee. Sono contento che ci siano loro a guidare i Bucks.
I Bucks avranno la possibilità di scegliere per secondi al Draft 2014. Se tu dovessi scegliere chi prenderesti?
Non ho particolari preferenze perché sono sicuro, visto anche il livello delle top picks di quest’anno, che chiunque prenderemo si adatterà perfettamente alle nostre necessità. Ho grande fiducia che il nostro staff prenderà la decisione giusta per aiutare al meglio la squadra.
Dallo scorso Draft è arrivato ai Bucks uno dei giocatori che più ha impressionato durante la scorsa stagione: Giannis Antetokounmpo. Un atleta pazzesco con margini di miglioramento strabilianti. Giannis è greco e rappresenta la nuova generazione di giocatori internazionali della NBA. Credi che la lega stia diventando sempre più “mondiale”?
Assolutamente sì. Se guardi alla storia della lega negli ultimi 20 anni, i giocatori internazionali non solo spesso sono stati determinanti per vincere anelli e campionati ma hanno dato un’impronta indelebile a questa lega. Oltreoceano c’è moltissimo talento e, inoltre, tutti questi giocatori che arrivano dall’Europa sono abituati a giocare tra i pro e questo è un vantaggio rispetto ai giocatori che arrivano dall’NCAA che non hanno mai giocato contro i professionisti. Tornando a Giannis è un giocatore con grandi prospettive ed è un atleta pazzesco. Nei prossimi anni farà la differenza.
A inizio stagione sei stato scambiato e sei passato da Detroit a Milwaukee. Te l’aspettavi?
No. Decisamente no, però sono stato subito contento di andare in Wisconsin. I Bucks mi hanno voluto fortemente e a Detroit mi sentivo bloccato. A Milwaukee posso essere il giocatore che sono. Sono grato a Detroit per aver creduto in me nel 2011 quando mi chiamarono al Draft dandomi l’occasione di giocare nella lega ma, come ho detto, sono contento di essere passato ai Bucks dove posso giocare la pallacanestro che so di poter giocare.
Sei un giocatore con delle caratteristiche molto accentuate ma, personalmente, ti senti più a tuo agio quando giochi da 1 o da 2?
Uno. Senza dubbio. Mi sento una point-guard moderna. Una point-guard che può segnare e costruire. Un ruolo fondamentale per l’NBA del 2014 e mi sento esattamente con quelle caratteristiche.
L’NBA solitamente premia le squadre che hanno la pazienza e il coraggio di programmare a lungo periodo, anche se nel breve questo può significare di vivere parecchie stagione perdenti. Quali sono i programmi dei Bucks nel lungo periodo?
Durante quest’estate ci hanno chiesto di lavorare molto individualmente per tornare migliorati come giocatori al training camp. Poi ovviamente bisogna fare le scelte giuste al Draft. Tuttavia, credo che una delle cose fondamentali sarà di lavorare anche fuori dal campo per rendere una squadra quello che adesso è solo un gruppo di giocatori. Bisogna creare la giusta chimica. Se passeremo più tempo insieme fuori dal campo e ci conosceremo meglio, allora riusciremo a essere una squadra migliore anche dentro sul parquet.
Chi è il giocatore più difficile su cui difendere nel tuo ruolo?
Mi sento un buon difensore. Per questo, nel 99% delle volte, non mi preoccupo di chi ho davanti. Però devo dire che difendere su Russell Westbrook è difficile. E’ velocissimo e molto verticale. Se decide di attaccare il ferro, stargli dietro è davvero complicato.