“Dirò solo questo: qualsiasi cosa accada, sarò sempre un Piston, mi sentirò tale per tutta la vita”.

Chaucey Billups, altrimenti conosciuto come Mr.Big Shot

Chaucey Billups, altrimenti conosciuto come Mr.Big Shot

Chauncey Billups, il 18 dicembre scorso ha calcato nuovamente (non per la prima volta dalla trade ovviamente) il suo ex parquet, un posto speciale nel quale giocare, anche da avversario: pur non potendo essere d’aiuto alla squadra, solo il semplice fatto di essere al seguito dei suoi Clippers, di scena contro i giovani Pistons, lo fa sorridere nonostante stia recuperando tuttora dall’ennesimo infortunio che lo ha colpito in questi ultimi scampoli di carriera.

Sono passati 4 anni e 2 mesi circa da quel primo Novembre del 2008, giorno in cui i Detroit Pistons battevano i Washington Wizards al Palace di Auburn Hills, Michigan. Pochi sapevano che quella sarebbe stata l’ultima apparizione di Chauncey Billups con la maglia che ha fatto grandi anche Joe Dumars e Isaiah Thomas. In mezzo a quei nomi c’è adesso anche lui, che in Michigan ha lasciato il cuore e i suoi migliori anni da professionista. La trade, mai vista di buon occhio dal diretto interessato, lo avrebbe riportato nel nativo Colorado, in cambio di Allen Iverson.

Ma è stato Auburn Hills il luogo del cuore, il posto dove i migliori successi hanno incontrato il numero 1. E’ in Michigan che ha vinto il suo unico titolo di MVP delle finali, un premio che nessuno avrebbe mai osato pronosticare per il prodotto di Colorado. E’ stato lui, insieme ai suoi compagni di Detroit, Richard Hamilton, Rasheed Wallace e Ben Wallace e con coach Flip Saunders, a fare dei Pistons la squadra più rappresentata all’All Star Game 2006 di Houston, un altro evento che difficilmente qualcuno avrebbe osato immaginare per il ragazzino fan sfegatato di John Elway (mitico quarterback dei Denver Broncos): per la cronaca il nucleo “detroitiano” compattò l’Est e lo riportò in gara nel terzo periodo (partita poi vinta con il risultato di 122-120 con MVP LeBron James). Un importante riconoscimento, seppur solo simbolico, del lavoro fatto a Detroit e iniziato da Larry Brown.

Una carriera iniziata quasi come un’”odissea”. Scelto nel draft che avrebbe dovuto portare Tim Duncan nel Massachussets, fu la terza chiamata assoluta dei Boston Celtics del nuovo head coach Rick Pitino, arrivato in fanfara da Kentucky. Non aver potuto scegliere l’uomo che farà grande gli Spurs ha rappresentato un brutto colpo per l’allora neo GM Chris Wallace (attuale massimo dirigente dei Memphis Grizzlies) e tutta la dirigenza bostoniana, e forse anche per questo il nostro è stato subito etichettato come “draft bust”. Con lui arrivò anche la guardia/ala piccola Ron Mercer, ma non c’erano affatto speranze che l’idillio iniziasse e potesse durare.

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Billups, con Ron Mercer e Rick Pitino. Dietro si riconosce Chris Wallace

Infatti, fu scambiato praticamente subito ai Toronto Raptors, in cambio del grande Kenny Anderson. Pochi mesi e cambiò ancora maglia, tornando in Colorado, ai Nuggets, sotto coach Mike D’Antoni, ma anche li le cose non funzionarono e fu spedito in Florida, ai Magic, dove a causa di un infortunio non giocò nemmeno un minuto. Un calvario, un percorso tipico di una promessa mancata, di un clamoroso flop, come potete vedere: certo, il primo milione di dollari era in cassaforte, ma i problemi di adattamento e di risultati sul campo erano grossi per un giocatore abituato a vincere sin dalla liceo.

Alla George Washington High School di Denver è stato per 3 volte Mr. Basketball del Colorado e arrivò a essere selezionato nel McDonald’s All-American Team. Al liceo fece impallidire persino il ricordo di un grande come Michael Ray Richardson, che militò alla Manual High School di Denver. Al college, frequentato alla Colorado University c’è invece, tutt’oggi un murales che lo commemora per i risultati ottenuti anche in NBA: con i Buffaloes registrò una media di 18.5 punti, 5.1 assist e 5.6 rimbalzi a partita nei due anni giocati per l’Università sita a una passo da casa, a Boulder, testimone della prima vittoria dei Buffaloes in trent’anni di torneo NCAA, grazie ovviamente a Billups.

bildeSono dovute passare 8 stagioni di altalenante carriera NBA per arrivare a vivere momenti come quelli dell liceo e del college, al giorno del definitivo riscatto, la vittoria del titolo che più conta, quello di campione NBA. Dopo la sconfitta in gara 2 di quella finale NBA contro il Dream Team di Los Angeles (Kobe, che segnò la tripla del pareggio sulla sirena, Shaq, Payton e Malone erano solo 4 delle superstar di quella squadra), i Detroit Pistons sapevano che non potevano permettersi di ritornare in California e sapevano di dover vincere tutte e tre le gare casalinghe: Detroit, accompagnata da Chauncey, guida di una squadra che si affidava a lui quasi quanto si affidava a Larry Brown, vinse 4-1 sui favoriti Lakers.

Un trionfo inaspettato dopo le brutte esperienze di Boston, Toronto, Denver e Orlando, ma che nasce a Minneapolis in quel dei Minnesota Timberwolves, dove trovò la sua vera dimensione per la prima volta. Comincia a scrollarsi di dosso la pressione e l’etichetta di “bust” giocando con gente come Sam Mitchell e Terrell Brandon, oltre che con la nuova stella della lega, Kevin Garnett. In particolare Brandon, all’apice della carriera e che era stato uno dei migliori playmaker della lega, è stato fondamentale per il futuro di Chauncey, che grazie anche alla guida della sua nuova “chioccia” e anche a un suo infortunio nella stagione 2001/2002, divenne un legittimo titolare in un ottima squadra NBA: Terrell Brandon lo prese per mano e lo aiutò a trasformarsi in un nuovo giocatore: “Eravamo un gruppo sicuro di noi stessi, che non metteva pressioni sui giovani, e Chauncey sapeva che avrebbe avuto l’aiuto necessario da ne, perché lui sarebbe stato il futuro”. Con i due anni ai T’Wolves, la lega aveva imparato a conoscerlo e Flip Saunders pure: “Quando c’era una situazione di pressione lui era il più calmo di tutti. Un’abilità unica da avere”.

Situazioni come quella di gara 2 di finale NBA citata prima. A Detroit fu subito sopranominato Mr. Big Shot, calzante alla frase con la quale lo descriveva Flip Saunders, che sarebbe tornato a essere suo capo allenatore a partire dalla stagione 2005-06, subito dopo aver perso a testa altissima la finale NBA contro i San Antonio Spurs, in una delle serie di finale più belle degli ultimi anni, decisasi in gara 7. Dopo aver firmato un contratto da 46 milioni di dollari per 4 stagioni, fu scambiato, come anticipato, e tornò quindi a Denver, dove entrò in un certo senso nella storia dei Nuggets in coppia con Carmelo Anthony. Dopo sei anni in Michigan, a casa Billups viene accolto in una maniera completamente diversa dall’ultima volta. Stavolta la squadra è ipercompetitiva e riesce a raggiungere le finali di Conference, perse contro i Lakers. Il record di 54-28 ottenuto nel 2009, rappresenta il miglior risultato nella storia della franchigia, che inoltre non aveva mai avuto due stagioni consecutive da 50 vittorie (2008/09 e 2009/10).

Melo e Chauncey con la maglia dei Nuggets

Melo e Chauncey con la maglia dei Nuggets

La finale persa contro i Lakers è stato l’apice di questi due anni e mezzo in Colorado, durante i quali le soddisfazioni per Billups sono state appunto enormi: da ricordare la sua performace da 39 punti allo Staples Center, condita da ben 9 triple. L’affare Melo però era diventato ormai di proporzioni gigantesche, e come spesso gli è accaduto viene coinvolto nell’ennesima trade della sua carriera. Arriverà, insieme al numero 7 ormai ex stella dei Nuggets, in quel del Madison Square Garden, dove i Knicks sono pronti a servirsi della sua esperienza in postseason. Ma dopo l’eliminazione da parte dei Boston Celtics, i Knicks decidono di usare su Chauncey la clausola d’amnistia, per fare spazio alla firma di Tyson Chandler.

Billups finisce a Los Angeles, sponda Clippers, dove dopo il lockout parte alla grandissima insieme all’altro neo arrivato, Chris Paul. Mahi-res-6816502_crop_exact il 7 febbraio scorso arriva la doccia fredda: rottura del tendine d’achille e stagione finita. Nella nuova stagione, i Clippers sono sempre i soliti, ancora più temibili per gli innesti di Lamar Odom e Matt Barnes e i miglioramenti di DeAndre Jordan e Blake Griffin. Billups c’è, ma purtroppo ha finora giocato soltanto 3 partite: pur essendo rientrato a fine Novembre il 36enne ha ancora qualche problema al tendine del piede, ma è questione di giorni per il suo ennesimo rientro da un infortunio.

Rick Pitino ha detto: “Ho sempre pensato che un giorno sarebbe stato uno spettacolare giocatore di basket”. Quel percorso iniziato insieme con enormi fatiche ai Boston Celtics, ha sicuramente, in un immaginaria vita parellela, premiato il prodotto di Colorado, piuttosto che l’attuale allenatore di Louisville, che non ha più allenato in NBA. Billups ha infatti avuto una delle migliori carriere che si potessero avere. Nonostante sia passato da 5 trade e sia stato “amnistiato” una volta, senza contare gli infortuni patiti. 15 anni di esperienze che però in questo momento sono più importanti che mai per i Clippers, che aspettano con ansia il suo rientro, considerato come la ciliegina su una torta già di per se irresistibile.

Ma il pensiero (il contratto con i Clippers scade a giugno) è rivolto al futuro. Molti addetti ai lavori sembrano sicuri che Chauncey Billups sarà un fantastico allenatore o perlomeno un ottimo dirigente: “Ho abbastanza esperienza nell’avere a che fare con differenti personalità ed ego, quindi potrei farcela. Potrei avere ottime caratteristiche per farlo, vedremo”

Quel che è certo è che tutti gli appassionati vogliono di nuovo vederlo correre insieme a Chris Paul. Sappiamo che, anche se per poco, ci potremo divertire ancora un po’.