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Day 7. TD Garden “Here we go!”

Dopo essere stati rimbalzati un paio di volte dalla press zone, causa eccessi di richieste, finalmente a Boston riusciamo ad entrare e vi possiamo confermare che la musica cambia.

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A livello di campionato italiano la tribuna stampa è normale, alle Final Four di Euroleague e all’NBA Live Europe saliamo di livello, ma Negli States la musica cambia notevolmente: è come passare da un singolo di Nek a Will I Am nelle casse.

La downtown di Boston è piccola e il Garden è vicino al nostro albergo, così partiamo presto per goderci tutti il locker room access.

Ingresso al TD Garden

Ingresso al TD Garden

Abbiamo scelto di seguire una squadra, i Lakers, per il fascino del loro spogliatoio e per affrontare come una squadra un pre game NBA. Anche se qualche toccata e fuga onestamente la abbiamo fatta  anche dai Celtics.

In campo le seconde linee si scaldano al tiro (notevole che gli assistenti passino la Palla a Clark con lo stile di Nash) o fanno esercizi fisici; tra questi c’è l’idolo Robert Sacre, che dal vivo sembra davvero provenire da un altro pianeta, ma spostiamoci negli spogliatoi.

C’é trepidazione perché Doc Rivers e Mike D’Antoni devono passare a timbrare la loro intervista e tutti vogliono capire dal baffo se Howard sarà presente dato che, dopo l’infortunio di Gasol, si era parlato di un suo rientro con decisione presa solo prima della palla a due. Giocherà.

Nell’attesa vediamo il tavolo delle prelibatezze dello spogliatoio dei Lakers e, visto che le parole non rendono la situazione, ci viene la malsana idea di fare una foto. Grave errore. Non abbiamo rischiato il cartellino rosso ma l’arbitro, impersonato da un’enorme addetto alla sicurezza, ci ha intimato di cancellare subito. Dopo il richiamo ufficiale abbiamo abbassato il profilo.

Mentre i coach parlano nello spogliatoio, vero epicentro di tutto, va di scena il Dwight Howard show.

Il centrone ride e scherza con i compagni, lo staff e i giornalisti, con un vero fare da bambinone. Gira con il cellulare a far vedere una foto a tutti, che genera risate negli interlocutori, anche se onestamente non lo abbiamo visto andare nè da Nash, nè da Kobe o Artest.

Pubblicizza l’acquisto di un cd rap a chi gli chiede delle voci su Houston e a un certo momento ci conferma che gli americani neri vanno pazzi per la barba (dopo un commesso dell’NBA Store e un altro), commentando quella del sottoscritto e chiedendo agli interlocutori se notavano la somiglianza con Wolverine!

Il tutto rigorosamente vestito solo con un paio di boxer neri, che ha messo ben in evidenza all’arrivo della più facinorosa delle giornaliste (in vestito rosso e stivalone tacco 13 nero in pelle), alla quale ha dedicato un’enorme attenzione. Non sappiamo se questa è la sua routine per concentrarsi, ma sicuramente a primo avviso non ci è sembrato professionale.

Ah, poi ci sarebbe anche un altro abbastanza importante nella squadra, il signor Kobe Bryant, che è arrivato in ritardo con un suo fidato al seguito e si è cambiato in un altra stanza, senza accesso ai giornalisti, se non nei tempi e nei modi dettati da lui.

Nash, che si cambiava in un altro spogliatoio, pensiamo con Bryant (questo spiegherebbe il loro affiatamento), invece è stato quasi un ora sul lettino dei massaggi mentre Artest si è diviso tra massaggi, fasciature e seduta di tiro.

Siamo anche passati nello stupendo spogliatoio dei Celtics un paio di volte senza mai trovare nè Pierce nè Garnett.

Alla fine del rituale pre gara siamo andati a ricaricarci nella zona Buffet e, a seguito del consiglio della intervistatrice ufficiale dei Celtics, abbiamo assaggiato tutto.

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Un po’ provati siamo saliti in piccionaia per la gara, che non è stata all’altezza delle aspettative, fatta eccezione per il terzo quarto. Dopo aver chiuso il primo tempo 44-58, Bryant (13 nel quarto, 27 alla fine in 30 min senza assistenze) ha provato a riportare i suoi a contatto ma è stato abilmente rispedito al mittente da Paul Pierce & Kevin Garnett.

Il terzo quarto di The Truth è da incorniciare, 12 punti, 2 rebs con quattro assistenze ma soprattutto tutte le giocate importante della partita, il soprannome vorrà dire pure qualcosa.

37 a 27 il parziale in favore Celtics e tutti sul pino per gli ultimi dodici minuti di una inutile partita di stagione regolare.

Spendiamo due parole per KG5. Elogiato in modo scontato da Doc Rivers in sala stampa, era a sei punti dai 25.000 in carriera, traguardo superato nel secondo quarto, standing ovation del Garden e lui che fatica a estraniare la sua emozione.

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Alla sirena finale il tabellone offriva un eloquente 95-116 biancoverde e possiamo affermare che la forbice meritava di essere anche più ampia, se non ci fosse stato garbage time per tutto il quarto periodo.

Howard, Nash e Metta World Peace hanno giocato ben al di sotto dei propri standard.

Dopo la sirena torniamo negli spogliatoi e la situazione in casa Lakers non era delle più rosee: Kobe non si è visto, Steve vestito in camicia, cardigan, cravatta e costume con le caviglie immerse nel giaccio, non sembrava troppo stupito, quasi rassegnato mentre Dwight faceva il solito show…

Il tempo di salutare il nostro nuovo amico di una radio di New York, guardare le maglie e gli stendardi appesi al soffitto e tornare in albergo.

Accendiamo ESPN per vedere gli highlits della giornata di College e i 53 di Nate Wolters (quarto marcatore di Division I) con 17 su 28 dal campo e 9 triples. L’ultimo cinquantello era stato fatto da Jodie Meeks (54) il 13 Gennaio 2009 contro Tennessee.

Welcome to Miami. Aereo atterrato e tempesta di neve schivata per poche ore.

 

Schoolbus5

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