Phil Jackson è stato presentato poco fa come nuovo presidente dei New York Knicks. Ha firmato un contratto di 5 anni a 12 milioni a stagione per essere l’uomo incaricato di cambiare la storia, troppo triste nelle ultime stagioni, della squadra che si esibisce sul palcoscenico più prestigioso del mondo. Ha avuto garanzie di piena autonomia decisionale, senza le quali non avrebbe accettato, e sarà affiancato da Steve Mills, che gli lascia la “poltrona presidenziale” ma mantiene l’incarico di general manager.

“Guardando avanti, dobbiamo essere consapevoli di avere una grande opportunità. Questo è il posto migliore per giocare a basket” ha detto Jackson in apertura della conferenza stampa, in cui sono state anche proiettate immagini del suo passato da giocatore in maglia Knicks, con cui ha vinto due titoli nel 1970 e nel 1973. All’evento hanno presenziato anche Walt Frazier e Dick Barnett, mentre tramite video sono arrivati i messaggi di Willis Reed e della figlia di Red Holzman, storico mentore del “Maestro Zen”, che ha definito l’incontro “un inizio di buon auspicio”.

Jackson ha voluto enfatizzare il fatto che i “giocatori si dovranno sempre sentire supportati dall’organizzazione e dallo staff tecnico”, sottolineando anche l’importanza di “sviluppare un lavoro che permetta di limitare gli infortuni e una concezione di pensiero in cui la concentrazione è una capacità positiva”. Tutto collegato al sistema di gioco, “in cui la palla deve essere mossa, i passaggi devono essere fatti e i giocatori eseguono i tagli per creare opportunità ai compagni”. Il concetto di squadra era e resta fondamentale per Jackson, intenzionato dunque quasi certamente a ripartire dal “Triangolo”: “Steve Mills è uscito da Princeton, io da un sistema che usavamo qui a New York, in cui il gioco insieme era la base di tutto. Pensiamo che sia necessario partire da lì”.

Ci vorrà tempo per definire e far crescere questa cultura, una parola molto usata e talvolta abusata nella NBA, ma che certamente in questo caso ha portato i Knicks a firmare Jackson, che – probabilmente poco prima di dargli il benservito – ha anche incontrato Mike Woodson, incoraggiandolo a proseguire nel recente momento positivo: “Gli ho espresso il mio supporto e la speranza che la squadra riesca a raggiungere i playoffs quest’anno”.

E sarebbe, considerata la partenza ma in generale l’andamento dell’intera annata, un risultato a suo modo storico, così come “storico” è stato definito questo giorno da James Dolan, che si è detto ben disposto a cedere il suo potere decisionale al coach più vincente nella storia della lega: “Phil è una delle menti più ammirate e di successo nella NBA, ha vinto 13 titoli, i primi due quando giocava proprio qui. E’ stato parte di un gruppo di giocatori davvero speciale, guidato dal grandissimo Red Holzman che non solo ha vinto ma lo ha fatto attraverso il lavoro di gruppo. E’ una persona che sa cosa significa vincere e conosce l’importanza di creare una cultura vincente. Oggi questa visione è tornata a New York”.

Il corteggiamento di Jackson era iniziato già prima di Natale: “Non conta il tuo record, quando hai la possibilità di prendere Phil a guidare le operazioni della tua squadra lo devi fare. Il discorso è semplice. Bentornato a casa” ha chiosato il proprio intervento Dolan, specificando che “nel suo ruolo di presidente, Phil avrà la responsabilità di tutte le decisioni relative al basket (lo ha detto rimarcando queste parole, ndr), mentre Steve Mills lo supporterà nella costruzione di una franchigia vincente”.