LeBron James torna a Cleveland

LeBron James torna a Cleveland

Sembrava uno scenario totalmente inverosimile qualche settimana fa, ma ora è diventato realtà. LeBron James lascia Miami dopo quattro Finali consecutive, due titoli (con annesso premio di MVP) e due premi di miglior giocatore della stagione. Lo fa per tornare a casa, ai Cleveland Cavaliers, lasciati nel 2010. Lo ha annunciato a Lee Jenkins di Sports Illustrated.

Inizialmente non erano in molti a credere che i Big Three degli Heat si sarebbero separati ma, dopo le uscite dai rispettivi contratti, erano iniziate speculazioni di ogni genere. Ma evidentemente non erano solo voci: qualcosa, dopo il netto 4-1 incassato nell’ultima Finale con gli Spurs, si era rotto davvero.

LeBron aveva spento subito ogni possibilità di accettare cifre inferiori al massimo salariale e questo aveva messo molta pressione su Wade e Bosh, convinti di voler continuare insieme in Florida, ma – soprattutto il secondo, che ha più mercato – non troppo disposti ad essere i soli a sacrificarsi. Così chi pensava che i tre avrebbero comodamente dato tempo a Pat Riley – incontrato mercoledì a Las Vegas senza prendere impegni, segno di una decisione probabilmente già presa – di ricostruire il roster di Miami, presentando loro un progetto per continuare a vincere, è stato presto smentito e l’agente di James, Rich Paul, ha iniziato ad incontrare le squadre interessate.

Phoenix, Dallas, Houston, ma soprattutto Cleveland. I Cavaliers sapevano da tempo che quest’estate avrebbe dato loro un’occasione enorme per riprendersi dalla delusione di 4 anni fa, certamente agevolata dal risultato delle ultime Finali, e l’hanno sfruttata con un pizzico di fortuna ma anche muovendosi bene, come con l’ultima trade con Brooklyn e Boston che ha permesso di avere lo spazio per firmare un contratto al massimo salariale.

Capita la fase di indecisione che si è venuta a creare agli Heat, Cleveland si è convinta a provarci davvero, Dan Gilbert ha fatto tutto il possibile per riportare a casa il figliol prodigo (senza menzionare la tempestiva rimozione – che poi si è rivelata una coincidenza – della sua lettera indirizzata a LeBron nel 2010 o il volo, misteriosamente nascosto, con una delegazione della franchigia verso Miami), che ha avuto l’occasione per raddrizzare la parte negativa della troppo spettacolarizzata “The Decision 1.0”. E’ una sorta di chiusura del cerchio, che in termini di immagine gli gioverà parecchio, come la lettera riportata da Sports Illustrated, in cui insiste su aspetti importanti e, pur sottolineando il forte rapporto costruito con i compagni a Miami, ma anche con Riley e Spoelstra (“Nessuno cancellerà quello che abbiamo fatto”), evidenzia soprattutto il fortissimo legame con la sua terra d’origine: “Sono un ragazzo originario del Northeast Ohio. Con questa zona ho una relazione speciale, più grande del basket: non l’avevo capito quattro anni fa, ma ora sì. Quando ho lasciato Cleveland, ero in missione: volevo vincere il campionato, ne ho vinti due. Ma Miami già conosceva quelle emozioni. La nostra città non le vive più da tanto, troppo tempo. Il mio obiettivo è sempre vincere più volte possibile il titolo, ma la cosa più importante è riportarlo in Ohio”.

LeBron non aveva mai dato l’impressione di escludere un ritorno a casa, anche se la delusione dei tifosi, dell’ambiente e di tutto l’Ohio cestistico – manifestatasi anche in modi poco civili – aveva reso il ricongiungimento sicuramente più complesso: “Ho sempre pensato che sarei tornato a Cleveland ed avrei finito lì la mia carriera. Ma non sapevo quando. Al termine della stagione, la free agency non era neppure un pensiero. Però ho due figli maschi e mia moglie Savannah aspetta una femmina: allora ho iniziato a pensare a come sarebbe stato crescere la mia famiglia nella mia città. Ho valutato altre opzioni, ma non avrei mai lasciato Miami per nessun altro posto”. “Dopo le contestazioni, la lettera di Gilbert, le maglie bruciate dai tifosi, avevo istintivamente pensato che non avrei mai più voluto avere a che fare con quella gente, ma ho pure provato a mettermi nei loro panni e a ragionare per capire come avrei reagito al loro posto. Poi ho incontrato Dan faccia a faccia (l’incontro è durato quattro ore, secondo Adrian Wojnarowski di Yahoo! Sports, ndr), abbiamo parlato da uomini, abbiamo ammesso i nostri errori, ne ho fatti anch’io”.

E sul futuro, le idee sono già chiare: “Non prometto un anello, so quanto è difficile. Non siamo pronti adesso. Certo, voglio vincere da subito, ma sono realista e so che la mia pazienza sarà messa alla prova. La squadra è giovane e c’è un nuovo allenatore, mi stimola cercare di tenere il gruppo unito e dimostrare ai ragazzi che possono raggiungere risultati inaspettati. Penso di poter aiutare Kyrie Irving a diventare una delle migliori point-guard della lega, di far crescere Tristan Thompson e Dion Waiters. E non vedo l’ora di ritrovare Anderson Varejao, uno dei miei compagni di squadra preferiti”. “La mia presenza può fare la differenza a Miami, ma la può fare soprattutto a Cleveland. Voglio che i ragazzi del Northeast Ohio si rendano conto che non c’è posto migliore per crescere. La nostra comunità ha bisogno di tutti. Da noi niente è regalato, ma tutto va guadagnato”.

“Sono pronto ad accettare la sfida. Torno a casa”, sottolineando che non ci saranno feste, cerimonie o conferenze stampa ma dopo quest’annuncio sarà solo il momento di mettersi al lavoro, è stata la sua chiusura. E la dirigenza è pronta ad accoglierlo nel modo più adeguato, tanto che la squadra – dallo stesso LeBron definita non pronta – è destinata a cambiare ancora. Se da un lato Varejao ha visto il suo futuro garantito in maglia Cavs con la citazione di LBJ, chi potrebbe arrivare è Kevin Love, da più parti definito intrigato dalla possibilità di unirsi al “Prescelto” e disposto anche a firmare a lungo termine con i Cavs dopo questa stagione. Per la sua separazione da Minnesota è solo questione di tempo: è nell’interesse dei Timberwolves non prolungare troppo il braccio di ferro, ma anche non svenderlo, per questo il sacrificato di lusso da Cleveland potrebbe essere la prima scelta assoluta Andrew Wiggins. Sarebbe curioso se venisse ceduto in mezzo alla Summer League di Las Vegas, ma è una possibilità concreta. Anche se i Cavs puntano forte su di lui e proveranno fino all’ultimo a sacrificare Waiters, Bennett, forse Thompson, oltre alle scelte al draft. Questo era il più grosso, ma i colpi di scena della calda estate NBA 2014 sono solo all’inizio.