David Stern

Come riferito in precedenza su queste pagine, gli Hornets hanno ripreso le trattative per provare a concludere quella che sarebbe già potuta essere la prima trade choc della stagione. Quella che aveva coinvolto anche Lakers e Rockets non lo è stata, almeno finora, ma il clamore generato è stato forse persino superiore perché è stato nientemeno che David Stern in persona a bloccarla. La NBA – lo ricordiamo – è proprietaria della franchigia di New Orleans, avendone preso il controllo lo scorso dicembre, nel tentativo di venderla ad un nuovo gruppo di proprietari che potesse mantenerla in Louisiana. E Stern, ritrovatosi in una posizione alquanto scomoda, ha spiegato in un comunicato “che gli Hornets trarranno maggiori benefici dal mantenere Chris in squadra piuttosto che dal completare quella trade”.

La decisione ha fatto ovviamente molto discutere e dal punto di vista dell’immagine non è certamente il modo migliore per avviare la nuova stagione, ma è partita dalla spinta di un gran numero di proprietari, davvero arrabbiati perché quest’affare – a loro giudizio – non stava facendo altro che confermare una delle ragioni dei 5 mesi di lockout, ovvero il predominio dei mercati più grandi su quelli più piccoli. Insomma, come se non fosse cambiato nulla…

La trade era stata praticamente completata negli stessi momenti in cui proprietari e giocatori terminavano la loro votazione per ratificare a tutti gli effetti il nuovo CBA, quello che – per ammissione dello stesso Stern – dovrà garantire maggiore equilibrio competitivo nella lega.

Chris Paul

Anche per questo uno degli oppositori più accesi è stato il proprietario dei Cavaliers, Dan Gilbert, che ha sostanzialmente definito una “barzelletta” questo scambio in un’e-mail pungente indirizzata a Stern, in cui si chiedeva che la fattibilità dell’affare venisse messa ai voti dei 29 owners: “Non vedo perché dovremmo consentire questa trade” ha scritto nella lettera, aggiungendo poi che “la maggioranza dei proprietari la pensa così”. Sicuramente contrario era anche il presidente dei Jazz, Randy Rigby, che ha spiegato come i proprietari non abbiano spinto per il veto, ma abbiano certamente applaudito la scelta di Stern: “Mi piace che le squadre abbiano la possibilità di avere per lungo tempo nella loro comunità quei giocatori su cui investono per aiutarli a crescere e migliorare – ha dichiarato facendo riferimento al successo avuto con la coppia Stockton-Malone – Per una squadra di un mercato piccolo è fondamentale”. “I proprietari hanno fatto la prima metà del lavoro, Stern ha fatto il resto. Alla fine, al Commissioner non piace che siano i giocatori ad imporre le loro destinazioni, come aveva fatto Carmelo Anthony, così non ha permesso a Chris Paul di scegliere dove andare”, ha dichiarato una fonte ben informata a Yahoo! Sports.

Lo sconsolato g.m. degli Hornets, Dell Demps, che aveva già chiuso l’affare ma si è visto fermare dalla lega, ha preso in considerazione l’idea – poi rientrata – di dare le dimissioni. Anche perché durante le trattative svolte pure con altre squadre gli era stata garantita la piena autorità a completare affari di mercato, invece smentita nei fatti.

Ma le polemiche sono cresciute forti in tutta la lega: “Stern si preoccupa solo di due cose: vendere la franchgia al miglior prezzo possibile e mostrare ai giocatori che non possono scegliere le squadre dove andare. Ma adesso la lega non deve far partire Chris Paul da New Orleans in nessun modo. Altrimenti vuol dire che Stern sta decidendo dove deve andare uno dei migliori giocatori, e questo va contro ogni percorso leale” ha detto un dirigente. “Secondo me Stern ha inguaiato ancora di più l’equità competitiva, perché ha completamente distrutto i piani di New Orleans e Houston, lasciandoli nei guai” gli ha fatto eco un altro executive.

Lamar Odom

Se il ruolo di Stern in situazioni come questa è molto delicato, a livello di franchigia e di spogliatoio non deve essere facile per una squadra spiegare a un giocatore, che era stato di fatto già ceduto, perché ha ancora addosso quella divisa. Mentre Paul è apparso tranquillo al camp degli Hornets, è evidente che la vicenda deve essere piaciuta molto poco ad esempio a Lamar Odom, 12 anni di carriera NBA interamente trascorsa a Los Angeles – con entrambe le maglie – che si è presentato con circa un’ora e mezza di ritardo al primo allenamento dei Lakers e lo ha lasciato poco dopo per andare a parlare col g.m. Mitch Kupchak. Quindi ha manifestato il suo malcontento al Los Angeles Times, a cui ha fatto sapere che rimarrà a casa in attesa di sviluppi: “Non voglio offendere lo sport e il professionismo. Per ora sarò un fan di questo gioco da lontano. Cosa succederà? Non lo so”. Già, a questa domanda al momento è difficile rispondere, ma siamo consapevoli – vista la velocità con cui nella NBA possono cambiare le cose – che già tra qualche ora potremmo saperne di più. Demps, confermando tutto l’affetto degli Hornets per CP3 e il dispiacere per il non vederlo firmare l’estensione con loro, ha dichiarato ufficialmente che le trattative per Paul sono nuovamente aperte a tutti gli interessati, ma non ha specificato (o non ha potuto farlo?) se ha già ripreso a parlare anche con i Lakers.


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