DailyBasket ha avuto il piacere, in occasione di un evento milanese tenutosi in concomitanza con l’All Star Weekend, di incontrare Tyrone “Muggsy” Bogues, giocatore di culto per molti appassionati, impressionati da quello che è riuscito a fare nella NBA a dispetto dei soli 158 centimetri di altezza in mezzo ai giganti. Nativo di Baltimore, Maryland, e prodotto dell’università di Wake Forest, Bogues è stato chiamato da Washington con la 12ª scelta assoluta nel draft del 1987, ha vestito anche le maglie di Charlotte, Golden State e Toronto. Soprattutto con gli allora Charlotte Hornets ha costruito gran parte di una carriera che l’ha portato a collezionare 14 stagioni nella NBA, con 889 presenze (più 19 ai playoffs) e medie complessive di 7.7 punti e 7.6 assist, ma anche un anno, il 1992-93, in doppia-doppia (10.8+10.1). Lo abbiamo intervistato per voi, ecco le sue parole.

DailyBasket: Come mai ti trovi in Italia?
Muggsy Bogues: Sono qui per rappresentare l’NBA. Stiamo cercando, soprattutto in un weekend particolare come questo (l’All-Star Weekend, ndr) di farla conoscere sempre di più in tutto il mondo, perché la nostra Lega ormai è sempre più globale, ci giocano giocatori provenienti da tutto il mondo e vuole continuare ad estendere i propri confini.

DB: Parliamo della tua carriera di giocatore. Sei stato nella NBA per oltre 10 anni. Com’era il Bogues giocatore e soprattutto qual è stata la chiave del tuo successo?
MB: Ho sempre creduto in me stesso, ho fatto di tutto per mettermi sulla strada per raggiungere la NBA. Quando sono riuscito ad arrivarci la cosa più importante è stato capire quali erano i miei punti di forza, per sfruttarli e restare in campo. Sapevo di essere completamente diverso da tutti gli altri giocatori, per questo ho fatto di tutto per sfruttare le mie abilità e limitare le mie debolezze; la conoscenza del gioco poi, giocando da point-guard, per me è stata fondamentale per far girare bene la mia squadra e giocare per i miei compagni.

DB:  Qual è stata la più grande soddisfazione della tua carriera? E, dall’altro lato, rimpiangi qualcosa?
MB: Nessun rimpianto. Tutto quello che è mi è successo si verificato perché doveva capitare, tutte le cose negative sono state esperienze da cui ho imparato qualcosa. La più grande soddisfazione invece è stato il giorno in cui sono stato scelto al draft, quel giorno è il ricordo più bello che porto con me.

DB: Credi che il gioco sia cambiato in questi anni rispetto a quando giocavi?
MB:
Sì, è un po’ cambiato, perché le regole sono leggermente diverse. Quando giocavamo noi era un basket più fisico, in difesa potevi toccare di più l’avversario, oggi invece appena tocchi un giocatore fischiano fallo. Nonostante questo però lo spirito del gioco non è cambiato, sono sempre i migliori giocatori del mondo che giocano al livello più alto possibile.

DB: Cambiamo argomento. Parliamo di te come allenatore: com’è il Bogues allenatore?
MB: Coach Bogues è un tipo molto competitivo, vuole vincere, ma ama anche insegnare, ama insegnare ai ragazzi a giocare nel modo giusto perché crede che questo li aiuterà in futuro.

DB: Nella tua carriera da allenatore hai allenato sia gli uomini, alla high school, sia le donne, le Charlotte Stings nella WNBA dal 2005 al 2007; pensi che ci siano differenze tra giocatori e giocatrici?
MB:
In quel contesto le donne erano delle professioniste e in questo senso sono esattamente come gli uomini. Dal punto di vista del gioco, la vera differenza tra uomini e donne è l’atletismo. Per questo le donne cercano di compensare con i fondamentali, ma credo che negli ultimi anni le cose stiano cambiando, anche il basket femminile è diventato molto più atletico, ora anche le ragazze riescono a schiacciare.

DB: Parliamo di questa stagione, chi pensi possa essere il prossimo MVP?
MB:
Derrick Rose quest’anno ha avuto alcuni infortuni, per questo non lo vedo come favorito, credo che quest’anno vincerà Kevin Durant, perché il modo in cui sta giocando quest’anno e come sta giocando la sua squadra, gli Oklahoma City Thunder, sono fantastici.

DB: Quindi pensi che i Thunder possano vincere l’anello?
MB:
Assolutamente, sono giovani, affamati e hanno ottimi giocatori in ogni ruolo, hanno un ottimo “supporting cast”, la difesa e un bravo coach. Assieme a loro c’è Miami, l’anno scorso ci sono andati molto vicini, quest’anno possono farcela se i giocatori più importanti faranno un ulteriore passo avanti e cambieranno qualcosa nei quarti periodi; quindi non voglio dire che lo faranno, ma sono sicuramente tra le favorite.

DB: Per chiudere, cosa pensi dei nostri italiani?
MB:
I giocatori italiani? Sono tutti e tre bravi. Bargnani si porta addosso l’etichetta di prima scelta assoluta, per questo le aspettative su di lui sono sempre molto elevate. Adesso ha iniziato a mostrare tutto il suo repertorio, finalmente attacca un po’ di più il canestro, ora sono i suoi compagni che dovrebbero alzare un po’ il loro rendimento. Per questo, per ora, lo vedo isolato in una situazione non piacevole. Per quanto riguarda Gallinari invece, l’unico limite è il cielo, può diventare un All-Star nei prossimi anni sia per come gioca, sia per il sistema in cui gioca, che lo aiuta molto. Per Belinelli, è solo questione di stabilità sul campo, perché lo guardavano prima come uno specialista del tiro da tre poi come un all-around, ma una volta che troverà continuità, potrà dimostrare di essere un buon giocatore.

Edoardo Lavezzari

Con la collaborazione di Gabriele Liuzzo