UPS&DOWN – Nell’ultimo mese i Trail Blazers (35-17) si sono dovuti scontrare non solo con gli avversari, ma anche con la dea bendata. Con Lopez già fuori da tempo, Portland ha dovuto registrare dapprima il problema al polso di Batum, che costringe il francese a giocare non al 100%, quindi l’infortunio della sua star Aldridge. Alla fine, però, i ragazzi di Stotts hanno fatto loro anche questa “sfida”. Eh sì, perché sembrava che LaMarcus dovesse rimanere fermo per 6-8 settimane per una lesione al pollice sinistro, e invece ha continuato a giocare; e che giocare! Nonostante le cifre stellari che il #12 continua a mettere a referto, i Blazers stanno vivendo il momento più difficile di questa stagione: nelle ultime13 partite 9 L e solo 5 W.
Il perché è presto detto: i già citati inghippi fisici, le rotazioni forzatamente ridisegnate (che mettono in luce i limiti di una panchina troppo corta) e gli alti e bassi di uomini fondamentali come Batum e Matthews. La sensazione è che Portland, alla fin fine, sia fatta di 7-8 giocatori e poco più. Quando sono tutti al top, i Blazers girano che è un piacere, ma in caso contrario sono dolori. Tutto sommato, se si vuole vedere il bicchiere mezzo pieno, meglio che il periodo negativo arrivi adesso  piuttosto che a ridosso dei playoff.

Se Oklahoma City (27-25) andrà ai playoff non è dato sapersi, soprattutto perché i Thunder stentano a piazzare la zampata decisiva per prendersi l’ottavo posto. Nelle ultime settimane (9-6) Durant & Co. non sono riusciti a migliorare le buone cifre di dicembre (11-5), che avevano fatto pensare che la rincorsa alla post-season fosse pura formalità. Westbrook e KD rimangono due dei migliori realizzatori della Lega, ma questo non basta. La squadra mostra ancora tutti i suoi limiti offensivi e difensivi , ormai da considerarsi cronici; l’inserimento di Waiters ha portato punti facili, ma ha anche limitato Reggie Jackson e aggiunto ulteriore “disordine”; infine, Durant è ricascato in qualche acciacco, obbligando Westbrook a sobbarcarsi tutta la leadership della squadra. Phoenix, che per ora occupa l’ultimo posto utile per la post-season, è a 1 vittoria e mezza. Tutti continuano a dare per scontato che alla fine OKC ce la farà, ma la certezza ancora non c’è.

Bryan Shaw: head coach dei Nuggets.

Bryan Shaw: head coach dei Nuggets.

Denver (19-33) continua a correre all’indietro. La classifica della squadra del Colorado si fa di volta in volta più cupa. Nell’ultimo mese i Nuggets hanno raccolto solo 2 W, cadendo in una mediocrità che sembra doversi prolungare sino alla fine della stagione. Anzi, in una vera e propria crisi, sia tecnica che motivazionale: “Per come arrivano queste sconfitte sembra quasi che la squadra giochi per perdereA questo punto la dirigenza dovrà prendere delle decisioni, non sono cose che posso controllare. Io posso solo continuare a lavorare nel miglior modo possibile e chiedere ai miei giocatori di fare altrettanto. Loro lo stanno facendo? No, ma anch’io mi devo prendere le mie responsabilità”: queste le emblematiche dichiarazioni di Bryan Shaw dopo la sconfitta contro Charlotte. Nonostante tutto, qualche buona notizia c’è: Nurkic si sta confermando un giocatore solido, JaVale McGee ha quasi del tutto risolto i suoi problemi fisici e, soprattutto, Danilo Gallinari è tornato. L’ex Olimpia ha fatto da poco ritorno sui parquet, e le cifre sono incoraggianti: nelle 4 partite di febbraio, 23 minuti di media impreziositi da 11 punti e 4 rimbalzi. L’unica speranza, condivisa tra Italia e Colorado, è che Danilo possa ritrovare continuità e pace, a questo punto in vista della prossima annata (per quel che ci riguarda anche per l’estate in azzurro).

A dispetto del loro record, i Jazz (19-33) sono una squadra tutt’altro che malvagia. Hayward, leader silenzioso sempre più convincente, guida un insieme di giovanotti (non che lui non lo sia) che stanno sfruttando bene l’opportunità di crescita che l’ambiente sembra volergli concedere. In particolare, convince il reparto lunghi, in cui Favors, Kanter , e ora anche Gobert, garantiscono fisicità, discrete mani e presenza nel pitturato. La strada imboccata sembra quella giusta, ovvi limiti a parte, e il terzo posto nella Division, che sembrava solo un miraggio, è ormai raggiunto (anche se in coabitazione con Denver).

Passiamo a Minnesota (11-41); e facciamolo partendo dalle buone notizie: Ricky Rubio e Kevin Martin sono finalmente tornati. La cruda realtà, però, è quella di una squadra che, comunque, rimane sul fondo dell’NBA. Il rientro dello spagnolo, comunque, resta una svolta più che positiva, ancor più se si pensa che nell’ultimo periodo la regia era stata affidata a Mo Williams: realizzatore eccelso e attaccante nato, ma di certo non l’uomo giusto per guidare  una squadra che necessità di ordine e raziocinio. Le cifre rimangono impietose, anche se migliori del solito: nell’ultimo mese 6-10.

HOT – La palma del migliore va ancora una volta a LaMarcus Aldridge, che nell’ultimo mese ha messo a referto in media 24 punti e 10 rimbalzi. Un vero leader, dentro e fuori dal campo, come dimostrato nel momento del già citato infortunio. Queste le dichiarazioni di LmA:“Ci ho pensato su a lungo, è scattato dopo la sconfitta con Boston, una partita che non dovevamo perdere: voglio vincere quest’anno, quindi ho deciso di tornare”. Una grande prova di orgoglio del  lungo di Portland, che in Oregon continuano a volere come MVP. Intanto, con la sua 220 doppia doppia in carriera, è diventato il recordman di franchigia in questa speciale statistica.

Menzione anche per Andrew Wiggins, la prima scelta assoluta dell’ultimo draft. Dopo le prime difficoltà iniziali, del tutto fisiologiche, il prodotto di Kansas ha cominciato a mettere sul parquet tutto il suo talento, strappando qualche sorriso agli abbacchiati tifosi dei Timberwolves. Tra gennaio e febbraio ha viaggiato a più di 16 punti e 5 rimbalzi (in ben 39 minuti di media), conquistando per la terza volta il riconoscimento di Rookie of the Month.

Nicolas Batum

Nicolas Batum

NOT – Dei 5 titolari di Portland, Nicolas Batum è l’unico che non è riuscito a migliorare le proprie cifre rispetto alla scorsa stagione. Un momento negativo che si sta trascinando da inizio anno, e che si è acuito nelle ultime settimane, spese per l’ennesima volta sotto la doppia cifra di media: 8.5 punti (9 punti in stagione). L’infortunio al polso ha fatto la sua parte, ma, se si dà un’occhiata ai numeri dell’annata, non ha influito poi molto.

UNEXPECTED – Mentre Batum stenta, un altro transalpino si sta mettendo in mostra. Dopo un anno da rookie con più bassi che alti, Rudy Gobert sta finalmente dando seguito alle buone cose mostrate nel Mondiale di Spagna. Nell’ultimo mese, in particolare, il nativo di Saint-Quentin ha sfruttato al meglio il minutaggio più alto che gli ha concesso coach Snyder (più di 25 minuti), mettendo a referto 9 punti, 6 rimbalzi  e più di 2 stoppate.

STATS – Tutti hanno negli occhi (giustamente) i 37 punti in un quarto di Thompson e i 55 di Irving, ma va ricordato che fino alla super-serata del play dei Cavs la miglior prestazione dell’anno è stata quella del 13 gennaio, a firma Mo Williams. Nella vittoria contro i Pacers, che aveva interrotto una striscia di 15 L consecutive, il veterano dei T-Wolves ha messo a segno 52 punti (career high e record di franchigia), con 19/33 dal campo, 6/10 dalla lunga.

Con il compare Durant costretto ai box per qualche serata, tutto la leadership dei Thunder è ricaduta su Westbrook. Russell non si è fatto trovare impreparato: 5 partite consecutive a 34.3 punti, 7.4 rimbalzi, 8 assist e 2.2 palle rubate. Cifre da urlo, che proiettano il prodotto di UCLA nella storia.

INJURIES – Sembra  incredibile, ma, dopo mesi di infortuni su infortuni, le infermerie si sono svuotate. Come già noto da tempo, Alec Burks starà fuori per tutta la stagione. Per il resto, sono out solo Freeland di Portland e Hood dei Jazz; entrambi dovrebbero rientrare entro la fine del mese.


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