Continuiamo la carrellata dei prospetti in vista del draft, sempre in collaborazione col blog Draftology. Oggi parliamo di ali piccole: il draft di quest’anno è di sicuro interesse per la posizione, in virtù di qualche freshman di talento che si è dichiarato e di qualche sorpresa (anche negativa) che ha rimesso un po’ in discussione le gerarchia per quanto riguarda questo ruolo.

Ma andiamo con ordine e iniziamo dal primo della classe:

 

1. MICHAEL KIDD-GILCHRIST (Kentucky)

Venuto fuori in maniera prepotente nel corso della stagione. Istinti per il gioco di primissimo livello, capace di piazzare la giocata giusta per portare a casa la partita su entrambi i lati del campo. Atletismo di primissimo livello, dovrà certamente lavorare sul tiro da fuori, al momento tutt’altro che sicuro.

A rimbalzo si difende bene, aiutato dal fisico compatto e da buon tempismo, in difesa ha dimostrato durante il torneo di non aver paura di affrontare e limitare l’esterno avversario più pericoloso ed in attacco con spazio a disposizione riesce ad attaccare in maniera efficace il canestro.

Di certo nessuno ad inizio anno si sarebbe aspettato un prospetto così maturo da aver praticamente ipotecato una chiamata nelle prime 5, con buone possibilità di sentire il proprio nome come secondo chiamato in assoluto, visto che anche il potenziale è enorme.

 

2. HARRISON BARNES (North Carolina)

Di sicuro non il salvatore del gioco dipinto al suo arrivo al college, ma non si può negare che il talento sia di alto livello. Purtroppo sembra mancare di quel fuoco negli occhi che distingue il buon giocatore di talento dal buon giocatore di talento vincente; anche le ultime uscite sulla voglia di affermare il suo “brand” non depongono a suo favore.

Dal punto di vista tecnico siamo di fronte ad un’ala piccola dalla mano educatissima capace, quando servita (e quindi aiutata ad entrare in ritmo), di creare da sola il solco nel corso di una partita, sfruttando alla perfezione anche il gioco dalla media distanza in cui si è dimostrato abilissimo.

Non un leader, ma giocatore intelligente anche se nel corso dei due anni di college ha dato l’impressione di essere monodimensionale, vista anche la poca intraprendenza nell’andare ad attaccare il canestro. Difensore spesso sottovalutato, se capisce che il centro del suo mondo è la pallacanestro e non tutto il resto, rimane un potenziale All Star.

 

3. TERRENCE JONES (Kentucky)

Mi rendo conto di andare un po’ alto mettendolo in terza posizione, ma la motivazione che mi ha spinto a questa scelta è stata nella sua abilità a calarsi in un ruolo nuovo nel corso dell’ultima stagione, con abnegazione e spirito di sacrificio, piuttosto che puntare i piedi e lamentarsi per non essere (più) la stella della squadra.

Mancino, genio e sregolatezza, può fare praticamente di tutto sul parquet: trovare il canestro in qualsiasi modo,liberare un compagno con un passaggio illuminante, ma anche deludere profondamente e quando ciò succede non ci sono mezze misure (a partire dai segnali che manda, costringendo spesso il suo allenatore a metterlo in panchina per lunghi minuti). Questa inconsistenza è stata forse alla base della scelta di tornare al college ed è stata fugata solo in parte, dimostrando però allo stesso tempo di aver fatto importanti progressi a rimbalzo.

Se una squadra è in grado di aspettarlo e gli offre  l’ambiente giusto per crescere, rischia di trovarsi per le mani un ottimo giocatore. Ma il rischio di bruciarlo rimane sempre.

 

4. MOE HARKLESS (St. John’s)

One-and-done forse a sorpresa, ha sfruttato al meglio la rinnovata pubblicità offerta da St. John’s per mettersi in luce con un gioco di sicuro impatto: atletismo che gli ha permesso di avere la meglio su buona parte delle ali a livello collegiale, va certamente ancora “educato” tecnicamente quando si allontana da canestro.

Possiede le dimensioni ideali per giocare stabilmente da ala piccola anche tra i pro, dopo una stagione da freshman in cui ha giocato spesso molto più vicino a canestro. Oltre a sviluppare il proprio tiro da fuori, dovrà mostrare progressi anche in difesa, dove non potrà più accontentarsi di sfruttare l’atletismo e preservarsi solo per la fase offensiva.

Se scelto nei primi 15-20 (come sembra possibile) sarà in gran parte sul potenziale, trattandosi di fatto di un cantiere aperto sotto troppi punti di vista per essere un fattore da subito.

 

5. QUINCY MILLER (Baylor) 

Altra sorpresa il suo ingresso al draft negli ultimi giorni disponibili, decisione forse legata alla situazione non limpidissima che sta passando Baylor; il talento c’è (e pure tanto), i dubbi che lo circondano (e che mi hanno fatto propendere di farlo scivolare di una o due posizioni) sono principalmente di carattere fisico, e rimandando al grave infortunio patito al ginocchio durante l’ultimo anno di high school da cui non sembra essersi (ancora) ripreso del tutto.

I problemi fisici non gli hanno impedito di mostrare sprazzi assoluti durante la stagione, ma non con quella continuità sperata per fugare i dubbi: capace di trovare il canestro in molti modi diversi (aiutato anche da un’ottima altezza e un’apertura di braccia riportata di più di 220 cm), jump shot affidabile a tratti che va affinato, i dubbi che lo accompagnano stanno sulle sue capacità difensive (tutte da provare) e dalla necessità di migliorare e recuperare soprattutto negli spostamenti laterali dove non si trova ancora a proprio agio. Dovrà inoltre passare un po’ di tempo in palestra prima di affrontare la competizione tra i pro.

Se dimostra in fase di provini predraft di aver recuperato non va esclusa una sua chiamata in tarda lotteria

 

6. TERRENCE ROSS (Washington)

Solido prospetto che fa della capacità realizzativa il suo marchio di fabbrica. Molto buono il tiro dalla media e lunga distanza (ha migliorato le percentuali dalla lunga nella stagione da sophmore a dispetto delle maggiori responsabilità offensive). Estremamente veloce nel rilascio, riceve considerazione perchè a queste caratteristiche abbina una buona stazza per il ruolo, anche se probabilmente ci troviamo di fronte ad un ibrido tra le posizione di 2 e 3, quantomeno fino a quando non metterà su qualche ulteriore chilo di muscoli.

Essendo stato utilizzato principalmente come finalizzatore fino ad oggi non si è preoccupato di curare in modo particolare il trattamento di palla ed il passaggio, rendendo in questo modo il suo modo di attaccare assai più prevedibile. Inevitabile inoltre sarà la necessità di migliorare le scelte di tiro, in un contesto di gioco dove il suo ruolo sarà gioco forza ridimensionato.

Difensivamente meno indietro di quello che si pensi, parte da una buona base, sulla quale il lavoro in palestra lo aiuterà a non patire troppo il duello fisico con tre più dotati dal punto di vista fisico.

Se preso intorno alla 20 rischia di essere una piacevole sorpresa.

 

7. JEFF TAYLOR (Vanderbilt)

Atletismo da urlo, difensore di livello, in attacco capace di attaccare in maniera efficace il canestro, ben supportato da primo passo ed elevazione. Nel corso dell’anno da senior è migliorato sensibilmente anche nel tiro da fuori, anche se ancora tutt’altro che automatico. Quest’ultimo è stato il progresso più evidente che ha fatto ricredere, come chi scrive, sul fatto che potesse essere sempre e solo un grandissimo atleta senza tiro da fuori.

Difensivamente è probabilmente già pronto per non sfigurare tra i pro, la parte che va affinata maggiormente riguarda il trattamento di palla, migliorato anch’esso ma ancora non al livello da consentirgli di creare costantemente dal palleggio; questo aspetto del gioco influisce forse anche nelle scelte effettuate in campo, non sempre buone.

Chi pesca Taylor pesca un ragazzo con potenziale ed etica lavorativa (lo dimostrano i progressi effettuati), anche se nel giorno del draft avrà già compiuto 23 anni, quindi non esattamente giovane.

Pescato in fondo alla lotteria è un buon colpo, oltre la 20 un furto.

 

SLEEPERS

Per motivi diversi meritano di certo menzione come possibili sorprese: Draymond Green (Michigan State), che dovrà convincere gli scout di avere cittadinanza tra i pro come ala piccola ma sulle cui qualità (versatilità in primis) pochi possono dubitare, Khris Middleton (Texas A&M), giocatore che, complice un infortunio al ginocchio, ha fatto fatica a confermare quest’anno quanto di buono mostrato nell’annata da sophmore.

Menzione anche per Kostas Papanikolau (Olympiakos) protagonista delle Final Four di Eurolega e decisivo per la vittoria dei suoi (che grazie alle prestazioni offerte ha richiamato un bel po’ di interesse negli Stati Uniti) e per Kevin Murphy (Tennessee Tech) tiratore con raggio illimitato tutto da valutare però contro avversari di livello.

 

Andrea Crosilla

 

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