BASKET-BKN-BKO-NBA FINALS-GAME 1-SPURS HEAT

Tim Duncan supera Chris Bosh e segna 1 dei suoi 9 canestri dal campo

Le finali che tutti attendevano con trepidazione si aprono con la vittoria dei San Antonio Spurs capaci di sfruttare i guai fisici di LeBron James per piazzare il parziale di 28-9 con cui hanno strappato ai Miami Heat la vittoria in gara 1. Tim Duncan e Manu Ginobili sono stati i trascinatori di una squadra che ha saputo resistere all’offensiva degli ospiti e che ha trovato nel finale di partita un Danny Green decisivo, come nelle Finals del 2013. A Miami rimane il rammarico di aver gettato un occasione che forse non si ripeterà più e c’è apprensione per le condizioni del prescelto.

UPS

Il quarto periodo degli Spurs. Snoccioliamo dei numeri: 36 punti segnati, 14/16 al tiro, 6/6 dalla lunga distanza, una percentuale effettiva al tiro (che tiene conto della pesantezza del tiro da tre) del 106% e 12 assist smazzata in 20 possessi. Con un quarto del genere, LeBron James o no, gli Spurs sono una squadra imbattibile. Certo, l’infortunio di James ha spianato la strada verso il successo in gara 1, ma il merito va dato in primis all’attacco degli Spurs, che è salito di livello sfruttando le incertezze e le paure degli Heat. In particolare la partita ha preso fuoco prima che James desse definitivamente forfait: Danny Green, 0/5 nei primi 23 minuti della sua partita, poi 3 triple a fila, una più pesante dell’altra e 11 punti che hanno spezzato in due la partita.

Tim Duncan. A 38 anni suonati Tim Duncan continua a sentirsi un ragazzino. La sua partita è stata pressoché perfetta e arricchisce il suo libro dei record di un ulteriore riconoscimento: Duncan è stato infatti il primo giocatore a distanza di 42 anni (l’ultimo fu Wilt Chamberlain nel 1972) a piazzare in una gara di finale una prestazione da 20 punti, 10 rimbalzi e il 90% al tiro. Ma non finisce qui, perché la sua 156° doppia doppia nei playoff, 21 punti e 10 rimbalzi in gara 1, lo porta a 1 sola gara di distanza dal recordman ogni epoca Magic Johnson.

Manu Ginobili. Coach Popovich lo ha chiamato in causa dopo appena 5 minuti di partita con i suoi che faticavano a trovare il ritmo contro la difesa degli Heat. Manu Ginobili arrivava a queste finali con la fame di chi vuole mangiare il mondo e prendersi la rivincita per le scorse finali giocate sottotono. Detto fatto. Appena messo piede in campo l’argentino ha piazzato 3 triple in 4 minuti che hanno spinto gli Spurs avanti nel punteggio dando il primo cazzotto nell’occhio agli Heat. Da lì in poi la sua partita è stata meno appariscente, ma la sua capacità di fungere da regista occulto e i suoi assist a Splitter e Duncan da pick & roll (ben 11 totali) sono stati il motivo per cui San Antonio è rimasta aggrappata alla partita prima della sterzata decisiva negli ultimi 4 minuti di 4° periodo.

DOWNS

L’aria condizionata. Fuori dall’AT&T Center di San Antonio i termometri registravano temperature di 27°, per una classica giornata di sole a cui gli abitanti del Texas sono abituati. Quello a cui nessuno è abituato è stato invece il caldo torrido che si respirava all’interno dell’Arena dove si sono oltrepassati i 30° di temperatura sul parquet. Il tutto causato da un guasto nel sistema di aria condizionata a cui non è stato possibile porre rimedio. Numerosi i tifosi che fradici di sudore hanno preso a sventolare qualsiasi cosa avessero sottomano per darsi refrigerio. A patire sono stati soprattutto i giocatori in campo: sulla panchina degli Heat i giocatori si passavano il ghiaccio sul collo nella speranza di abbassare la temperatura corporea e trovare sollievo. L’afa, è stata anche tra le causa dei problemi fisici di LeBron James.

Le palle perse Spurs. Se non è un record poco ci manca. A memoria d’uomo non ci ricordiamo una partita in cui gli Spurs hanno perso 23 palle perse, concedendo da esse ben 28 punti all’attacco dei Miami Heat. Il vanto del sistema offensivo degli speroni è appunto quello di sprecare pochi palloni e concedere pochi contropiedi agli avversari. Viceversa la forza della difesa Heat sta nel generare attacchi sporchi e palloni vaganti. Fino a che gli Spurs sono stati in balia delle palle perse gli Heat avevano assunto un vantaggio tattico importante nell’economia di gara 1.

I guai fisici di Lebron James. Molto spesso, visto le doti atletiche e fisiche che sciorina con una facilità disarmante in campo, parliamo di LeBron James come di un androide senza punti deboli. Non ha mai avuto problemi fisici rilevanti e vanta un integrità fisica che forse nessuno ha mai avuto nella storia dello sport americano. Ecco perché il suo infortunio in gara 1 è stato sotto certi punti di vista uno shock, per i tifosi Heat e soprattutto per i suoi compagni di squadra. LeBron James non è nuovo a problemi muscolari. In gara 4 delle finali NBA 2012 dovette abbandonare temporaneamente il campo salvo poi tornare in tempo per mettere la tripla che decise la partita. Questa volta non ce l’ha fatta. La temperatura all’interno dell’Arena non ha aiutato: James già a metà terzo periodo aveva chiesto il cambio perché stremato e in via di disidratazione. Ha resistito nel 4° periodo ma ha dovuto chiedere cambio un’altra volta dopo 2 tiri spenti. E’ tornato nuovamente in campo, ha segnato il canestro del pareggio a 4 minuti dalla fine, ma ricadendo ha avuto dolori lancinanti alla gamba sinistra, impossibilitato a muovere anche un solo passo in direzione della panchina. James, prima che la partita venisse definitivamente spezzata in due dagli Spurs aveva chiesto al suo coach di rientrare, ma Spoelstra, già con la testa a gara 2, non se l’è sentita di rischiarlo. Di fatto i 32 minuti in cui è stato in campo sono il suo career low in 23 partite di finale finora disputate.

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Recuperare LeBron James è l’unica cosa che interessa allo staff tecnico degli Heat che aveva impostato gara 1 seguendo un piano partita che si stava rivelando azzeccato: concedere a Tony Parker e Tim Duncan il pitturato ma estromettere dal gioco i tiratori. Ecco spiegati i 48 punti in vernice concessi agli Spurs che nell’arco di tutta la partita, sfruttando il pick & roll centrale, hanno mandato ripetutamente a segno Duncan e Splitter ma sparecchiando dal perimetro con un eloquente 7/19 al tiro da tre. Uscito Lebron James, Miami non è stata più in grado di tenere a bada l’esuberanza offensiva degli Spurs con un Green autore dei canestri della svolta.

San Antonio altresì dovrà limitare le palle perse, che sono il propellente delle esplosioni realizzative degli Heat. Viceversa gli Heat devono aggiustare la difesa in transizione, oscena in gara 1.

Da un punto di vista tattico in gara 1 sono passati inosservati 2 dei possibili X-Factor della serie: Mario Chalmers e Kawhi Leonard hanno toppato gara 1 a causa dei problemi di falli anche se l’ala degli Spurs nel finale è riuscito a incidere con la tripla della staffa.

Il problema dell’aria condizionata dovrebbe essere risolto per gara 2, e per gli Heat ha tutta l’aria di essere un pivotal game che non possono permettersi di perdere. Domenica notte, ore 2.00 la palla a due.