La celebrazione del titolo (fonte: nba.com Garrett Ellwood/NBAE/Getty Images)

La celebrazione del titolo (fonte: nba.com Garrett Ellwood/NBAE/Getty Images)

I San Antonio Spurs non si fanno sfuggire l’occasione e, dopo un inizio a dir poco difficoltoso (6-22 a metà primo quarto), forse dettato dal nervosismo, ricominciano a macinare gioco e a suon di triple (12/26 il computo complessivo) prima riaprono il match sul finire del primo quarto, poi allungano prima dell’intervallo (dove arrivano avanti 47-40) ed infine scappano nel terzo parziale controllando poi agevolmente il resto del match. Una serie dominata, in particolar modo a partire da gara3, non a caso la partita della definitiva esplosione di Kawhi Leonard, non a caso votato MVP delle Finals.

UPS:

Kawhi Leonard E da chi, se non da lui, potevamo partire nell’analisi di questa gara? 22 punti, doppia doppia con 10 rimbalzi, 7/10 al tiro (3/4 da tre). Queste le nude cifre. L’impatto sul match è stato decisamente più d’effetto. E’ lui a rompere l’impasse al tiro dopo quasi 5 minuti di astinenza neroargento (fin lì solo 2 liberi di Duncan). E’ sempre lui a metter paura per la prima volta agli Heat ad inizio secondo quarto (26-29) nonché a siglare il primo vantaggio interno dopo quasi 20’ con una tripla in transizione che vale il 37-35. Da lì sarà un crescendo-Spurs.

Patty Mills Cresciuto esponenzialmente in questi playoff e soprattutto nel corso delle Finali (tanto da scalzare il nostro Belinelli nelle rotazioni), è lui a mettere i chiodi sulla bara degli Heat già moralmente affossati dal recupero di San Antonio. L’aborigeno australiano infila 14 dei suoi 17 punti (con 5/8 da 3) nel solo terzo periodo che dilata il vantaggio interno fin oltre i 20 punti di margine.

Greg Popovich L’artefice (insieme al GM R.C. Buford) del progetto-Spurs ha visto premiata la sua filosofia votata al collettivo a discapito delle star (ad averne comunque di giocatori come Duncan-Parker-Ginobili). Col suo metodo e insegnamento ha portato nell’Olimpo del basket giocatori su cui nessuno ormai credeva più (Diaw, Mills, Green…) e dei semplici comprimari (Splitter, Belinelli, Bonner…) consentendo l’esplosione di un talento purissimo e giovanissimo come Kawhi Leonard. Il thumb ring (il quinto anello, per il quale è necessario usare anche il pollice, thumb) è strameritato.

LeBron James Rendiamo l’onore delle armi alla stella degli Heat che, come da pronostici, ha provato a caricarsi la squadra sulle spalle. Un primo quarto da 17 punti (sui 29 di squadra) sembrava un ottimo viatico per riportare la sfida a South Beach ma, col suo fisiologico calo e senza il dovuto supporto, le speranze di Miami si sono affossate, tanto che coach Spoelstra gli ha risparmiato gli ultimi 6’30” di gioco.

Kawhi Leonard, 3° più giovane vincitore dell'MVP delle Finals (fonte: nba.com Andrew D. Bernstein/NBAE/Getty Images)

Kawhi Leonard, 3° più giovane vincitore dell’MVP delle Finals (fonte: nba.com Andrew D. Bernstein/NBAE/Getty Images)

DOWNS:

Dwyane Wade & Chris Bosh Gli “altri” due dei Big Three erano chiamati al riscatto, alla prova d’orgoglio dopo le deludenti prestazioni all’American Airlines Arena, ma anche in questa gara5 steccano oltre il lecito: 24 punti complessivi con 10/24 al tiro (0/5 da 3 per l’ex Raptors). Wade, dopo essere stato centellinato per tutta la regular season è arrivato abbastanza stremato all’atto finale del campionato. Bosh semplicemente si trova in un ruolo non suo, chiamato ad una continuità di rendimento ad alto livello che raramente ha sfoggiato.

Supporting cast di Miami Coach Spoelstra ha provato a rivoluzionare (forse troppo tardi?) le rotazioni, inserendo Ray Allen in quintetto al posto di Mario Chalmers e proponendo per la prima volta nel roster attivo Michael Beasley ma il risultato è stato comunque deludente: 32 punti il fatturato complessivo, di cui 17 dal duo Chalmers-Beasley quando la gara era già saldamente indirizzata verso gli Spurs. Allen ha sparacchiato (1/8 dal campo per 5 punti) e gli altri semplicemente non hanno la personalità per ribaltare da soli una gara di Finale.

Danny Green L’unica nota stonata (solo perché Parker ha aggiustato la mira dopo un inizio da 0/10 al tiro) della serata, ma certamente non della serie, in casa neroargento è fornita dalla guardia titolare che sparacchia al tiro (0/5) e contribuisce marginalmente anche sotto gli altri aspetti (0 punti, 2 rimbalzi, 2 assist, 2 palle recuperate ed 1 persa in meno di 20’).

 

NEXT:

Ovviamente non ci sono più gare in programma per questa stagione, ma quella alle porte sarà un’estate molto “calda” tanto in Texas quanto, soprattutto, in Florida. Nella squadra campione molti sono i tasselli già sotto contratto, ma Tim Duncan, Boris Diaw e Patty Mills potrebbero non far parte del roster 2014/2015. Il caraibico ha una player option, ma valuta l’ipotesi ritiro. Le due rivelazioni di queste Finals sono invece unrestricted free agents e, soprattutto Mills, riceveranno sicuramente molte offerte remunerative.

Sul versante Heat questa serie ha dimostrato i limiti di un supporting cast non troppo profondo ed abbastanza logoro, così come Wade. Lui, James e Bosh (ed anche Haslem) possono uscire dall’ultimo anno di contratto e diventare free agents. Gli altri, ad eccezione di Norris Cole, già lo sono. Se Pat Riley incasserà nuovamente la fiducia dei “Big Three” dovrà comunque trovare il giusto mix di freschezza ed esperienza per puntare di nuovo subito al titolo. Altrimenti si ripartirà da zero.


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