Lebron James e Dwyane Wade (Photo by Issac Baldizon/NBAE via Getty Images)

LeBron James e Dwyane Wade (Photo by Issac Baldizon/NBAE via Getty Images)

Quella di ieri è stata una serata molto particolare in NBA e non solo per LeBron James, ma per due città. “Il Prescelto” tornava a Miami per la prima volta da avversario e tutta l’America (e non solo) aspettava con impazienza di vedere cosa sarebbe successo: non a caso la NBA ha piazzato la gara nel giorno di Natale, quando gli ascolti sono tradizionalmente più alti. La serata di Miami è iniziata tra qualche timido fischio e qualche altrettanto timido applauso, all’ingresso dei Cavs per il riscaldamento. La “Triple A” infatti, come spesso accade, era ancora mezza vuota. Spalti molto più pieni invece per la palla a due, prima della quale James e l’amico fraterno Wade si sono scambiati un abbraccio che ha fatto immediatamente il giro del web.

Iniziata la partita Miami, nonostante l’assenza di Bosh, ha preso in mano le operazioni fin da subito guidata proprio da uno straordinario Wade, tornato in versione “Flash” per la serata. James, nonostante una buona partita è sembrato piuttosto contratto, mentre il numero 3 degli Heat è sceso in campo con la voglia di spaccare il mondo contro l’ex compagno, proprio come hanno fatto gli altri giocatori agli ordini di coach Spoelstra. Nel corso del primo quarto poi sul mega schermo del palazzetto è stato mostrato un video tributo per James, in questo caso tanti applausi e pochi fischi. Il secondo tempo si è aperto con un altro momento a dir poco televisivo, una lunghissima chiacchierata tra LeBron e Dwyane, appoggiati al tavolo in attesa della ripresa del gioco. Poi un secondo tempo decisamente dimenticabile, Miami si è bloccata, Cleveland senza strafare è tornata in partita, ma nel finale ha pagato lo sforzo e soprattutto gli evidenti problemi in difesa e di chimica. L’infortunio di Varejao pesa, come lo scarso coinvolgimento offensivo di Kevin Love e le bizze di un Waiters innamorato del pallone come pochi.

A fine serata insomma i Cavs e LeBron hanno lasciato il palazzo con molti pensieri in testa e qualche rimpianto, ma non certo per il passato o per l’accoglienza riservata al “King”. Le scene a cui avevamo assistito al primo “coming back”, quello del 2010 a parti invertite, sono infatti un pallido ricordo. Niente “traitor” questa volta, nessun “Akron hates you”, ma neppure una vittoria larghissima da parte della squadra in trasferta. Quegli Heat infatti, nonostante i problemi che ancora li frenavano, davano la sensazione di poter risolvere tutto da un momento all’altro e di dominare, questi Cavs invece danno l’impressione di una squadra lacerata e che avrebbe bisogno di tanto lavoro in palestra.


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