harden_cartoon2“James Harden is a player we can build around, and continue to improve the team around his skills.” (Daryl Morey, GM dei Rockets)

“His story is one of the most remarkable I’ve seen in all my years of basketball. There were so many times in his life where he was set up to fail. Every time, he overcame just enormous odds. When you talk to him — and he’s hesitant to talk about his life — you just have this feeling that this kid has greatness in him.” (Un gm NBA prima del Draft 2011)

L’asse piccolo-lungo ha fatto la fortuna di tante squadre che nella storia sono arrivate al titolo e, in alcuni casi, hanno segnato delle dinastie durate più e più anni. Due anni fa, a Los Angeles sponda Lakers, Kobe Bryant si trovò a giocare con Pau Gasol e Dwight Howard come lunghi, potenzialmente un trio di giocatori di livello assoluto. Non andò bene, con i giallo viola arrivati settimi ad ovest e usciti subito al primo turno per 4-0 contro gli Spurs. In estate Howard firmò con i Rockets, mentre quella successiva Gasol si accasò a Chicago.

Trovarono, rispettivamente, James Harden e Jimmy Butler, ovvero il talento ex OKC andato in Texas per essere il primo violino di una squadra in pieno restyling e una guardia in costante crescita in un sistema ambizioso afflitto però dall’assenza di Rose nel periodo strettamente precedente. Le storie di Harden e Butler sono di sicuro differenti, a partire dall’attenzione mediatica, ma ciò che li accomuna è la fame e l’atteggiamento di chi la storia del Gioco vuole scriverla per davvero. Il Barba era ben stufo di essere la terza opzione offensiva assieme ad Ibaka, ma sempre dietro a Westbrook e Durant, mentre il prodotto di Marquette veniva da due 3 stagioni in costante crescita sotto gli ordini di coach Thibodeau, quintuplicando buona parte delle sue statistiche.

Mentre l’anno volge al termine, stiamo parlando di due elementi che viaggiano a 27.0 e 21.7 punti a partita, protagonisti indiscussi di questa stagione cominciata da due mesi e membri di due squadre che possono seriamente puntare all’anello. Il numero 13 dei Rockets è stato nominato giocatore della settimana ad ovest nella settimana dall’8 al 15 dicembre, mentre la guardia dei Bulls non ha mai avuto questo riconoscimento, vincendo però il premio di giocatore del mese ad est per quel che riguarda novembre. Nelle ultime due settimane Harden si è travestito da MVP e ha piazzato due prove da 44 punti, una da 41 e ha fatto segnare una tripla doppia. Butler è invece andato sopra i 30 per ben due volte, ma il dato sorprendente riguarda i rimbalzi: 6.2 sia per Harden che per Butler, più che notevole per due guardie.

È quasi commovente la storia di Jimmy, ma proprio per questo motivo è uno di quei giocatori che gli allenatori vorrebbero a tutti i costi nella loro squadra, uno di quelli che ha fame ed è in grado di incanalare questo sentimento sul campo, fornendo prestazioni da all-star. Thibodeau ci ha visto lungo e ha dichiarato: “Se la deve cavare da solo”, come per dire: “Gli darò tempo, ma so benissimo che ce la farà”. Fino ad ora ha avuto ragione lui, alla grande.

Harden, invece, è seriamente in corsa per il titolo di MVP, compatibilmente con il record dei Rockets e la costanza nel fornire prestazioni superlative, alle quali sta abituando non solo il Texas, ma l’intera Lega. Quarto posto all’est per Chicago, quarto posto all’ovest per Houston. Premettendo che nella west coast ci sono almeno 6 squadre che potrebbero arrivare fino in fondo, sul lato opposto degli states la situazione sembra più circoscritta a 2/3 squadre, e i Bulls hanno elementi e ampiezza di roster che non ha eguali nella conference.
A giugno, potremmo sentire, durante le Finals, lo speaker chiamare a distanza di pochi minuti “James Harden from Arizona State” e “Jimmy Butler from Marquette”, nei ruoli di guardie. E che guardie.