5. ALTRO CHE GALLO…UN AVVOLTOIO!

Danilo all’All Star Game sì, Danilo all’All Star Game no. E chi lo sa. La discussione monta e l’Italia continua, in gran parte, a votare per il suo Gallo. Lui, nel frattempo, pensa a giocare. E che giocare…

Il #8 dei Nuggets prosegue nel suo eccezionale 2016 (26 punti e 6 rimbalzi di media) portandosi a casa anche lo scalpo più pregiato della Lega: quello di Steph Curry e dei suoi Warriors.

Golden State si presenta a Denver con Draymond Green in borghese, pensando, forse, di farsi una mezza passeggiata. Sbagliato. I padroni di casa ci sono, rimangono attaccati al match e cavalcano un super Gallinari da 28 punti finali (15 dopo la pausa). Anzi, i Nuggets, la gara, la comandano a lungo. Poi si mette in moto l’MVP, che ne piazza 20 nel secondo tempo (38 in totale) e si arriva all’epilogo con i Nuggets sopra solo di 2, 109-107. Danilo si fa stoppare a 20” dal termine e regala a Steph il possesso del possibile pareggio o, addirittura, sorpasso. Ma l’italiano non è uno che si fa abbattere. Curry si ritrova contro proprio Danilo, che non si fa incantare dai palleggi sotto le gambe del #30 e, al momento della rarissima indecisione di Steph, si getta sul pallone e sigilla la vittoria.

“Ho commesso un minimo errore e Gallinari ne ha subito approfittato” ha dichiarato l’MVP. Un furto da rapacione d’area di rigore.

 

4. THE HUMAN WALL

Terza tripla-doppia stagionale per Hassan Whiteside.

“Beh, nulla di speciale” direte voi. In effetti, Draymond Green ne ha già messe a referto otto. Eh sì, però il fatto è che Hassan non va in doppia cifra con gli assist ma con le stoppate. E, oggettivamente, è un po’ più difficile.

Proprio per questo, ogni volta fa notizia.

Contro Denver, nella notte (italiana) tra venerdì e sabato, 19 punti, 17 rimbalzi (e già così sarebbe un partitone) e 11 stoppate. U-N-D-I-C-I!! Pulite.

C’è chi è riuscito ad avvicinarsi al ferro e a piazzare qualche fragorosa inchiodata, Faried e Mudiay, ma sono le uniche eccezioni in una partita dominata dal #21, onnipresente nel pitturato. Come un libero vecchio stampo, piazzato davanti alla porta per intimidire e sbarrare la strada a chiunque.

Ah, era pure reduce da un infortunio. Tanto che Spoelstra avrebbe voluto risparmiarlo. Al che Hassan ha tranquillamente specificato: “Non limitate i miei minuti. Sono tornato quell’Hassan atletico che tutti voi conoscete”. Non mentiva.

 

3. “HEY POP, SPURS ARE DOING GREAT!”

Gli Spurs continuano a vincere. In trasferta di tanto, in casa di tantissimo. In totale, scarto medio attorno ai +17. Robe da pazzi.

I texani stanno superando i Warriors nel power ranking e sono indicati dagli addetti ai lavori come i principali candidati per il titolo. Hanno costruito (di nuovo) una macchina da guerra al limite della perfezione, con una difesa stellare e un attacco che le fa egregiamente da eco.

I margini di miglioramento, inoltre, ci sono. Eccome. Basti pensare che Aldridge non è ancora al 100% nei meccanismi “Popovichiani”, così come West, Danny Green spara a salve e Tony Parker è apparso sui radar solo ora. Eccome se è apparso!

Lasciata alle spalle la mediocre stagione scorsa, il francese sta finalmente ritrovando la forma. Sembra di nuovo quel folletto imprendibile che imperversava nelle aree della Lega fino a due anni fa. Nelle ultime due settimane, oltre i 19 punti di media e il 50% dal campo. 31 contro i Pistons, 24 contro i Cavaliers. E quella sensazione che gambe e cervello siano tornati a girare alla stessa, altissima, velocità.

Ce ne siamo accorti noi; se ne sono accorti loro. E se n’è accorto pure lui, il maestro Pop, che non ha resistito all’impellente bisogno di dire al suo #9 quanto bene stia facendo. Tra l’incredulità dei suoi collaboratori e dello stesso Tony.

Il siparietto dell’anno.

 

2. LILL-HARD

Torniamo a una settimana fa, quando Damianone scelse di deciderla da solo. Sì, perché questa è una di quelle situazioni in cui un giocatore prende in mano la partita e ne scrive l’epilogo in solitaria, senza l’aiuto di nessuno.

Oklahoma City contro Portland, a Portland. Ospiti che allungano nel terzo quarto grazie ai soliti noti Westbrook e Durant. A poco meno di tre minuti dal termine è 105-98 per i Thunder, ma la palla è nelle mani di Lillard. Ed è qui che tutto cambia. Il #0 comincia a far piovere triple da ogni lato del campo. Cinque in 160 secondi, più o meno ben costruite e consigliate. Frecce imparabili che stendono OKC e fanno esplodere il Moda Center, estasiato dal suo beniamino.

Finirà 115-110 per la RipCity, con 31 di Lillard, di cui 28 nel secondo tempo, con 8/14 dall’arco. Letale.

 

1. JIMMY BE GOOD

L’anno scorso si è preso, a mani basse, il premio di Most Improved Player. In questo 2015/2016, invece, se non ci fosse Steph Curry, sarebbe uno dei papabili per il titolo di MVP (e non è un’esagerazione).

Jimmy Butler non smette più di stupire. Ormai vederlo dominare è la piacevole normalità. Dopo i clamorosi 41 punti in un tempo che gli hanno spalancato le porte della storia dei Bulls, ecco arrivare anche il career high: 53 punti contro i Sixers, frutto di 15/30 dal campo, 2/4 da tre e 21/25 ai liberi. Aggiungiamoci 10 rimbalzi, 6 assist e 4 palle rubate.

Uno score pazzesco. Il primo giocatore di Chicago a superare i 50 punti dal 2004 (Jamal Crawford); pareggiato il massimo stagionale registrato sinora: quei 53 punti firmati da Steph Curry contro i Pelicans a fine ottobre.

Proprio quello Steph Curry che, forse, sta levando a JB il pensiero stupendo di poter accarezzare il sogno chiamato MVP.