5. STILL READY?

Viene chiamato “Born Ready”, ma non sempre è sul pezzo. Giusto per usare un eufemismo.

Lance Stephenson è, e resterà, uno di quei giocatori difficili da comprendere. Talento e incostanza, arroganza e inconsistenza.

Nel derby di Los Angeles, comunque, ha lasciato il segno. Indelebile. 16 punti, 5 rimbalzi e, soprattutto, la schiacciata della settimana. Un po’ alla Blake Griffin, di potenza, atletismo e superiorità. Rimanendo in aria giusto una mezz’oretta e spazzando via il povero Julius Randle senza indugi e ripensamenti.

Stavolta era pronto, ma per davvero.

 

4. QUOTIDIANA STRAORDINARIETA’

Ed è dura la vita del “Prescelto”: alzarsi, allacciarsi le scarpe, dominare e triturare record su record. Una faticaccia, ma qualcuno la deve pur fare.

LeBron riscrive per l’ennesima volta il libro dei record, personali e dell’NBA. E, aggiungerei, della storia della pallacanestro mondiale. Nella sfida vinta dai suoi Cavaliers sui Pistons, il Re ha toccato, e superato, quota 26 mila punti in carriera. Traguardo già raggiunto da sedici illustri colleghi, ma lui è il più giovane a farcela: 31 anni e 30 giorni. Kobe, che deteneva il primato, aveva “spuntato la casella” alla veneranda età di 32 anni e 80 giorni.

E chissà se ancora sente il peso e l’emozione per certi risultati e certi obbiettivi. O se, come probabile, la sua sia stata solamente una qualsiasi altra giornata “in ufficio”.

 

3. NOUVELLE COUSINS

Quest’uomo non è stato selezionato per l’All Star Game. Quest’uomo ha ricevuto meno voti di Zaza Pachulia ed Enes Kanter. Ma quest’uomo è anche uno dei centri più dominanti della Lega, la stella assoluta dei Kings, un fenomeno vero e uno capace di far registrare il massimo stagionale in una partita: 56 punti!

Avrete facilmente intuito che si sta parlando di DeMarcus Cousins, a.k.a. Boogie.

Il #15 di Sacramento piazza lì la prestazione monstre della settimana, il career-high e l’ennesimo tassello di un curriculum, ancorché verdissimo, che gli vale l’etichetta si stella assoluta, al di là di ciò che le votazioni per un ASG possano dire.

Nella sconfitta con gli Hornets, dopo due overtime, tutto il meglio del repertorio: canestri da sotto, dalla media, da lontano (ora che è pure tiratore dall’arco), 12 rimbalzi, 2 stoppate, 4 assist per gradire e l’assoluto controllo dei pitturati. Con la forza di un bulldozer e la tecnica di un esterno. Impressionante!!

Nota a margine: il signor Rondo, nella stessa partita, ha distribuito 20 passaggi decisivi. Così…

 

2. SPERONATE GIALLOBLU

Settimana scorsa li abbiamo celebrati per aver triturato i Cavaliers; ora dobbiamo osannarli per essersi sbranati anche gli Spurs.

Contro la difesa che, numeri alla mano, è la migliore di sempre, i Golden State Warriors danno ulteriore dimostrazione del perché sono e rimarranno i più seri candidati al titolo.

Popovich non si nasconde troppo, anzi. Solo Duncan rimane fuori. San Antonio se la vuole giocare. Ma tra il “dire e il fare”…. Pronti, via, e i gialloblu impongono il loro miglior basket, prendendo d’infilata i texani e colpendoli da ogni lato. Impossibile, anche per i fini dicitori neroargento, leggere il mirabolante attacco californiano. Punto dopo punto, canestro dopo canestro, la forbice si allarga e le facce di Pop, Parker e Leonard (ma quella non fa testo) si fanno sempre più cupe. Sino ad arrivare a un impronosticabile, lunghissimo garbate time. E chi l’avrebbe mai detto?

Un cappotto nei numeri: 120 a 90, 45 rimbalzi a 38, 31 assist a 21, 25 palle perse Spurs ecc. Ma anche nel morale: Leonard impotente davanti a Curry, Aldridge e Parker completamente fuori partita, Popovich che non sa come fermare l’ondata gialloblu…

Ai playoff, nel caso si rincontrassero, magari in finale di Conference (speriamo), sarà tutta un’altra storia, ma la gara di lunedì notte rimarrà ben scolpita nel film dell’anno. E, conoscendo un po’ l’orgoglio spursiano, siamo sicuri che la mente sia già alla “rivincita”.

 

1. VOI SIETE LEGGENDA!

“La leggenda che segna in faccia alla leggenda”.

Potrebbe essere epicamente riassunto così il buzzer beater di Dirk Nowitzki che ha deciso Mavericks-Lakers. Ovviamente un jumper come mille altri; ovviamente immarcabile e inarrestabile tanto quanto quegli altri.

Dirk attacca in 1-vs-1 Randle, si sistema per il tiro alla sua maniera e fa partire l’infinita parabola che si spegne placida nella retina. Alla sua maniera. Per poi girarsi e ricevere i complimenti di quell’uomo in borghese che spicca nella panchina dei gialloviola. Un certo Kobe Bryant, compagno-avversario di mille battaglie nel corso dell’ultima quindicina d’anni.

Dirk condanna L.A. alla sconfitta, ma Kobe, che ormai vive ogni match con animo differente da chiunque, non si arrabbia, non fa smorfie o sbuffa. Si complimenta con il tedesco, gli dà una pacca (ricambiata) e strizza l’occhio. Quasi come se dicesse: “Bravo Dirk, fai vedere a questi qui cosa noi vecchietti siamo ancora capaci di fare…”.

Stupendo il canestro, memorabile tutto il resto. Una delle scene dell’anno.