5. POSTERINGIS

Il ragazzino lettone si è preso troppi riflettori, mentre Superman è da tempo criticato e declassato a semplice comune mortale. Trama perfetta per una vendetta coi fiocchi.

Dwight Howard ha voluto far capire a Kristaps Porzingis che sì, ha talento e avvenire, ma, per ora, deve abbassare la cresta. E quando DH si mette in testa di schiacciarti in testa, lo fa. Che sia in forma o meno, anche se sei 221 cm e hai braccia infinite.

Ovviamente, Rockets- Knicks, al Madison Squadre Garden: il palcoscenico per eccellenza. Overtime, parità sul 101 e Thornton che decide di premiare il taglio nel pitturato del suo centrone. Il risultato è roboante e imperioso, con il povero Porzingis posterizzato a due mani.

Istantanee di vecchio Dwight…

   

 

4. PHInaLLY

E c’è stata la prima volta anche per la Cenerentola Philadelphia.

Finalmente, dopo un’infinità di sconfitte consecutive: 18 in fila in questa stagione, che diventano 28 contando quelle conclusive della passata annata. Nessuno aveva mai “osato” tanto nello sport americano.

Il tabù è stato sfatato contro gli altrettanto malconci Lakers (103-91 il risultato finale), proprio nella serata dell’ultimo viaggio di Kobe nella sua Philadelphia, che ha gioito per ogni canestro del “suo” #24, anche se da avversario, e, soprattutto, per l’inaspettato successo della sgangherata banda guidata dal “manesco” Jahlil Okafor.

Insomma, una di quelle notti che la Città dell’amore eterno si ricorderà a lungo. Anche perché, visto l’andazzo, potrebbe passare molto tempo prima del prossimo sorriso.

   

 

3. STOP ME IF YOU CAN

Dev’essere il peggior incubo di qualsiasi giocatore di basket: vedersi arrivare LeBron James lanciato in campo aperto.

Non è il più alto, grosso e muscoloso della Lega, ma, se ha tempo e spazio per accelerare, diventa devastante. Non c’è modo di fermarlo. Con lui il falletto tattico non funziona quasi mai. Puoi appenderti alle sue braccia o strattonarlo in qualsiasi modo, ma lui non se ne cura: tira dritto e arriva al ferro. Sempre.

Ne ha dato gentile, ed ennesima, dimostrazione nella contro i Pelicans (vinta da questi ultimi): palla rubata, Eric Gordon rimbalzato come fosse un ometto da 60 kg e Dante Cunningham portato a canestro nonostante le reiterate smanacciate del malcapitato giocatore di New Orleans.

Una furia.

 

2. LA FEBBRE DEL SABATO SERA, A 40

Sabato sera: chi esce con gli amici, chi va al cinema con la ragazza e chi segna 40 punti in una partita NBA.

A partire da Steph Curry, mirabolante con i suoi 44 punti contro i Raptors, decisivi per allungare a 21 la striscia di vittorie dei suoi Warriors. Giusto un 14/24 al tiro, con 9 bombe su 15 tentativi. Ah, primo giocatore della storia a far registrare almeno 40 punti e 8 triple segnate in back-to-back.

Il #30 ha dovuto sudarsela, e non poco. Perché Kyle Lowry, che gli stava di fronte in maglia Toronto, ha sfoderato una prestazione altrettanto micidiale: 41 punti, con 14/26 dal campo e 6/10 dall’arco. Avrebbe meritato una W pure lui.

Insomma, all’Air Canada Center si sono divertiti quel tantino.

A un bel po’ di chilometri di distanza, nello Utah, il Signor Paul George decideva di scriverne 48, prolungando lo stato di grazia che lo accompagna da inizio stagione. 8 triple anche per lui, con 15/27 al tiro. Per il #13, un career high dal sapore un pò amaro, visto che i suoi Pacers non sono riusciti a sconfiggere i Jazz, tra le cui fila, tra l’altro, va segnalato un Favors da 35 punti.

 

1. THE LAST SWEET MAMBA

E’ la notizia della settimana. Forse, dell’intero anno o di tutto il decennio cestistico: Kobe ha detto basta. Questa sarà la sua ultima stagione. Il “farewell tour” è già cominciato, tra standing ovation in ogni palazzetto e messaggi d’ammirazione di ex compagni, avversari e supporters.

Inutile dilungarsi in commiati e discorsi malinconici che suonerebbero ridondanti e stucchevoli. E’ un campione, un’icona e una leggenda. Ci mancherà.

Decisione che era nell’aria, rinforzata dalle ultime altalenanti prestazioni del Mamba. Dunque, il tutto ha suscitato la giusta sorpresa. Nulla di così inaspettato.

Magnifico e sublime è, invece, il modo in cui Kobe ha detto al mondo che smetterà: una lettera semplice e sentita scritta non dal giocatore che ha vinto tutto e ha dominato la NBA, ma dal ragazzo che è diventato uomo con un pallone in mano, vivendo sulla propria pelle una favola che ogni bambino sogna e insegue.

Un saluto in grande stile e di gran classe di chi rimarrà per sempre nella storia del Gioco.