LeBron James

LeBron James

LeBron James si è accordato per tornare a Cleveland. Nella lettera riportata da Sports Illustrated ha mostrato tutta la forza del legame non solo sportivo con la sua terra d’origine. Ed ha sostanzialmente confermato, dopo essersene andato malamente quattro anni fa, di voler terminare la carriera in Ohio. Fondamentale, in questo senso, è stato l’incontro riappacificatore avuto in gran segreto a Miami con Dan Gilbert: le scuse per la famigerata lettera da una parte, le scuse per “The Decision” teletrasmessa su ESPN dall’altra. Da lì è nato il riavvicinamento, che ha reso possibile il ritorno a casa del “Prescelto”.

Però, pur con tutto l’amore dichiarato, LeBron si è accordato per un contratto breve: massimo salariale (42.1 milioni totali) ma solo per due stagioni. E, per di più, con opzione d’uscita a suo favore tra soli 12 mesi. Soprattutto quest’ultimo aspetto ha fatto sorgere qualche sospetto ai più maliziosi, che già ipotizzano un nuovo capitolo della sua free agency, rimarcando soprattutto le parti della lettera in cui sottolinea “di voler vincere l’anno prossimo” ma anche “di essere realista, sarà un processo lungo e la mia pazienza sarà messa alla prova”.

E’ vero, il ritorno a casa è stato anche un’azione mirata a ripulire l’immagine macchiata quattro anni fa, ma pur impegnandosi – a parole – a lungo termine a favore dei Cavs, LeBron sembra essersi lasciato qualche via d’uscita. Molto probabilmente non le userà – perché l’immagine, che lui ha fatto capire di tenere in grande considerazione, ne uscirebbe definitivamente distrutta – ma di sicuro serviranno quantomeno a mettere pressione alla franchigia che, al momento, è ben lontana dall’avere un roster da titolo. E questo gli permetterà di avere enorme potere contrattuale e decisionale, in sostanza avrà in ogni momento il classico coltello dalla parte del manico, potendo anche solo minacciare di andarsene. Conterà più dei dirigenti e la sua opinione dovrà essere ascoltata. Impossibile per i Cavaliers rifiutare.

La scelta di firmare un biennale lascia aperte varie possibilità, ma in ogni caso è economicamente ben orchestrata. Il massimo salariale, per i giocatori nella lega da almeno 10 anni, non può superare il 35% del salary cap, attualmente fissato a 63.2 milioni. Se avesse firmato ora, al massimo avrebbe potuto ottenere 88 milioni in 4 anni, perché la percentuale sarebbe stata calcolata sull’attuale salary cap. Ma quel numero è previsto in ascesa tra due anni, quando scadrà il contratto televisivo, che attualmente frutta alla lega circa 930 milioni.

Ed è una parte significativa delle entrate della NBA, che rientrano nel cosiddetto BRI (“Basketball-related income”), da cui, in percentuale, viene calcolato il salary cap. Il mercato dei diritti televisivi è in forte crescita: la MLB ha raddoppiato gli introiti nel 2012, la NFL è cresciuta del 60% nel 2011. Per la NBA sono attesi aumenti simili, che potrebbero portare il salary cap, secondo alcuni economisti, fino agli 80 milioni di dollari nel 2016 con conseguente impennata del salario massimo che permetterebbe a James, rifirmando a Cleveland, di incassare fino a 140 milioni in 5 anni. E il nuovo contratto, entrando in vigore tra 24 mesi, non rischierebbe neanche di essere intaccato dalla minaccia di un possibile lockout che pende sull’estate 2017. Geniale.