ANDREA BARGNANI, Toronto Raptors (6W-13L: con lui è 6W-7L)
23.5 pts, 47.6% FG, 34.0% 3p, 84.3% FT, 6.4 reb, 2.1 ast

Andrea Bargnani (foto AP)

Ma c’era proprio bisogno di schierare subito Bargnani, al rientro dopo 6 gare e 12 giorni di lontananza dal parquet, per 42 e 40 minuti nelle due sfide di un back-to-back? L’osservazione sarà forse banale e scontata. Ma di solito, al rientro da un infortunio muscolare, il fisico richiede un riadattamento più graduale all’impegno agonistico. Andrea non ne ha avuto il tempo, coach Casey ha dimostrato chiaramente come i Raptors non possano fare a meno del numero 7 e lo ha subito chiamato a fare gli straordinari, ne ha ricavato 61 punti in due sere col 50% da tre ma la conseguenza peggiore è che nella seconda sfida di quel back-to-back, a Salt Lake City, il polpaccio già infortunato l’11 gennaio contro Sacramento ha ceduto di nuovo. L’annuncio di poco fa non è certo incoraggiante: il Mago sarà fuori a tempo indeterminato. Ed è un vero peccato, perché Bargnani, seppur in una squadra perdente, stava disputando una grande stagione, giocando ad altissimi livelli di fiducia ed efficacia, giocando da punto di riferimento e da leader. Quello che non sarà mai con le parole ma che sa essere con i fatti, all’interno di un gruppo che durante la sua assenza ha mostrato tutte i propri limiti tecnici e di personalità, perdendo tutte le 6 partite disputate con numeri – specie offensivi – piuttosto preoccupanti.

La serie negativa era arrivata – dopo la sconfitta sul campo dei Clippers – a quota 8, quando Andrea è rientrato a Phoenix. E miglior rientro per lui non poteva esserci: 36 punti, 10/21 totale dal campo di cui 4/6 da tre, 12/12 ai liberi, 6 rimbalzi e Raptors che tornano subito al successo. Una grandiosa prova per il Mago, che ha segnato 27 punti nella ripresa, di cui 18 nel solo 3° quarto, quello che ha permesso ai canadesi di ribaltare una partita iniziata male, che li aveva visti anche andare sotto anche di 14 nel 1° tempo. La chiave è stato il tiro da fuori, perché colpendo con precisione dall’arco – soprattutto dopo i puntuali pick&pop con Calderon – è riuscito ad aprirsi gli spazi che non ha trovato dentro l’area nella prima frazione. “Non ho fatto niente di diverso rispetto all’inizio perché anche nei primi minuti ero aggressivo solo che non riuscivo a segnare. Calderon mi ha detto di tirare da lontano, perché stavo penetrando troppo e la difesa mi aspettava. Così quando sono riuscito ad avere spazio, ho tirato e i palloni sono entrati” ha commentato Andrea, che ha ricevuto anche le parole d’elogio di Steve Nash: “Riesce ad aprire bene il campo e, quando ha cominciato a segnare dall’arco, è diventato anche più pericoloso in entrata. E’ stato semplicemente troppo per noi”. Detto da lui, è un grande riconoscimento.

I Raptors non battevano i Suns dal febbraio 2004, e sempre dallo stesso anno – ma da dicembre – non vincevano a Salt Lake City. Sono riusciti ad infrangere anche questo tabù nella seconda sera del back-to-back quando Casey, ben consapevole di non poter fare a meno di Bargnani (“Il suo ritorno ha reso più facile ogni cosa anche per gli altri” ha detto dopo la gara di Phoenix), ha chiesto ancora all’azzurro di trascinare i compagni ma forse si è convinto troppo in fretta che il suo numero 7 fosse già tornato alla piena efficienza fisica. Andrea ha risposto comunque con 25 punti e 5 rimbalzi, pur tirando solo 10/26, risultando determinante insieme a Kleiza dopo la partenza disastrosa (-18 sul 30-12 nel corso del 1° quarto, con i Jazz che andavano a canestro a piacimento) ma purtroppo dopo 40 minuti sul parquet, sul finire del 1° dei 2 tempi supplementari, è arrivato il nuovo infortunio. Subito sensazioni negative per un Bargnani costretto poi a lasciare l’arena sulle stampelle (“Stavolta è brutta, sono abbastanza sicuro che dovrò stare fuori un po’ di tempo” erano state le sue prime dichiarazioni), poi confermate dalla risonanza magnetica che ha confermato lo stiramento, ma quantomeno non ha rivelato danni strutturali ai muscoli del polpaccio.

L’immediato ritorno ad alti livelli di rendimento sembrava poter lanciare Bargnani, che ha trovato in Casey l’allenatore che meglio lo sta valorizzando tecnicamente da quando è nella NBA, ma questo nuovo problema muscolare, più grave del primo – come spesso accade per le ricadute – spegne le già non moltissime speranze di convocazione tra le riserve della Eastern Conference per l’All-Star Game di Orlando. Ed è un duro colpo anche per la stagione di Toronto che naviga nei bassifondi della Eastern Conference e sta chiaramente ragionando più in prospettiva che sul presente. Ma, visto che ad est un’occasione quantomeno di annusare la zona playoff non si nega a nessuno, ha il dovere di continuare a lottare. Anche se senza Bargnani non sarà facile, c’è bisogno che salgano stabilmente di livello Calderon e un DeRozan che deve migliorare la selezione dei tiri, ma serve anche che qualcuno dei lunghi riesca a produrre attacco, perché ci sono 20-25 tiri a sera da riassegnare tra diversi elementi: non sembrano avere le carte in regola per diventare autentiche minacce Gray – promosso in quintetto base, è un onesto comprimario che fa la propria figura al fianco di Andrea, ma non senza -, Johnson, Davis e Magloire, per questo una soluzione potrebbe essere l’impiego più frequente di un realizzatore che sa giocare anche in post basso come Linas Kleiza, in ripresa da un lungo infortunio, da numero 4.


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