Danilo Gallinari

Danilo Gallinari (AP Photo-Barry Gutierrez)

Danilo Gallinari (AP Photo-Barry Gutierrez)

La settimana si apre con il botto con un’importante vittoria al Pepsi Center contro i San Antonio Spurs. Danilo segna il suo season high con 28 punti, partendo da un buon 1° tempo in cui è aggressivo, attacca il ferro, legge i mismatch e con 11 punti e 6 rimbalzi è il migliore dei suoi e guida Denver fino al +7. Nel 3° quarto segna 11 punti inclusa una schiacciata con il punto esclamativo su alley oop alzato da Andre Miller. Forza troppo dall’arco chiudendo con un impietoso 1/6, ma dando comunque il massimo vantaggio a Denver sul +17. I Nuggets dimostrano ancora una volta di non saper gestire i vantaggi nel corso di questa regular season e gli Spurs rientrano fino al -3. Nel momento di massima difficoltà ci pensa Danilo prima con una tripla frontale dopo un pick and roll con Lawson, poi con una tripla con step back di fronte alle braccia protese di Diaw, facendo esplodere il pubblico come se fosse una partita di playoffs. Gregg Popovich a fine partita riconosce l’ottima prestazione dell’italiano: “Gallinari ci ha affossato con quelle due triple. L’ultima con Diaw che lo contestava nel migliore dei modi, ma lui ha segnato ugualmente. Segnare canestri sul finire del tempo serve spesso a vincere le partite e Gallinari lo ha fatto”. Curiosa infatti la statistica per cui il Gallo è alle peggiori percentuali dal campo di sempre per lui, ma negli ultimi 5 minuti di gioco con Denver sopra o sotto di 5 punti o meno, Danilo tira con il 43% da 2 e il 40% da 3, cifre notevoli e ben al di sopra delle medie in carriera. Passano 48 ore e della splendida prestazione contro San Antonio non resta che uno sbiadito ricordo, perché i Nuggets incappano nella peggiore serata al tiro dell’intera stagione. Alla fine dei 48 minuti al Rose Garden di Portland il tabellino recita 0/22 da 3, nuovo record NBA all time. Danilo chiude una sfida anonima con 6 punti, 1/10 dal campo subendo l’energia di Batum sui due lati del campo. Non molto migliore la prestazione dall’arco contro i Bobcats, chiusa con un 6/20 complessivo, ma Denver spazza letteralmente via Charlotte in mezzo all’area con molte conclusioni al ferro, con gioco in post basso e con ritmi più elevati nella transizione. Gallinari resta in campo soli 22 minuti e a dispetto di un 1° quarto da 0/4 dal campo, nella seconda frazione guida Denver sul +18 con due importanti triple. È la sesta vittoria consecutiva in casa e il record dei Nuggets recita al momento 15 vittorie e 13 sconfitte. E ora 4 partite in 5 giorni, di cui 3 in trasferta, in questo folle calendario che li ha visti per ben 19 partite lontani dal Pepsi Center. — Matteo Plazzi

 

Marco Belinelli

Marco Belinelli (AP Photo-Mary Altaffer)

Marco Belinelli (AP Photo-Mary Altaffer)

Ultimi sette giorni piuttosto impegnativi per i Bulls, che avevano in programma quattro gare, di cui tre lontane dall’Illinois. Sono arrivate due vittorie e due sconfitte, ottimo bottino considerando che le trasferte erano contro le insidiosissime Memphis, New York ed Atlanta. Marco Belinelli ha vissuto alti e bassi durante la settimana, pur mantenendo, nel complesso, un rendimento abbastanza alto. Nella sconfitta coi Grizzlies e nella vittoria coi Celtics non ha brillato in maniera eccelsa, pur mettendo a segno 23 punti (7/20 dal campo) in 73 minuti di impiego.
Il picco di rendimento è arrivato nella folle partita al Madison Square Garden, che ha fatto parlare più per i tecnici e le espulsioni, che per il basket giocato. Marco a New York è stato uno dei migliori dei suoi, assieme a Kirk Hinrich e Joakim Noah, contribuendo alla vittoria dei Bulls con 22 punti e 7 rimbalzi. Notevole l’aggressività con la quale ha approcciato la partita, guadagnandosi ben 12 viaggi in lunetta (11/12). Beli non si è poi ripetuto nella partita seguente, giocando in maniera pessima sui due lati del campo, come tutti i suoi compagni di squadra, e facendo poco o nulla per contestare la pioggia di canestri con cui gli Atlanta Hawks sotterravano i Bulls.
Qualche giorno prima, Tom Thibodeau aveva parlato molto bene di Marco e dei suoi miglioramenti in difesa, e il ragazzo ha commentato così: “La difesa è la parte più importante per il nostro coach. Ho provato ad essere più concentrato quando mi trovo sul lato debole,  cercato di capire il sistema. Ho riguardato sempre le mie partite, per vedere i miei errori e cercare di fare meglio”. L’intera piazza di Chicago pare essersi affezionata al nativo di San Giovanni in Persiceto, tanto che le voci che vorrebbero uno tra Nate Robinson (contratto non garantito, tagliabile entro il 10 gennaio, ndr) e Rip Hamilton lontani dalla squadra entro poco tempo, si sono estremamente intensificate. “Non vedo l’ora di giocare con Derrick Rose. Sta lavorando molto duramente e tornerà presto, spero. Lo speriamo tutti”. Non resta davvero che aspettare che il roster dei Bulls sia al completo, per vedere che ruolo coach Thibodeau ritaglierà al nostro connazionale. — Carmine D’Amico

 

Andrea Bargnani

Andrea Bargnani (AP Photo/Duane Burleson)

Andrea Bargnani (AP Photo/Duane Burleson)

Sono diventate sei le gare consecutive di assenza di Andrea Bargnani, sempre ai box per l’infortunio al gomito. Si parla di lui ormai praticamente solo a proposito di possibili trade, che Toronto sta cercando per rinforzare una squadra che comunque negli ultimi 10 giorni ha vinto cinque partite in fila, più di quante ne aveva conquistate nel primo mese e mezzo di stagione. E dunque sembra aver sistemato alcuni ingranaggi importanti dei suoi meccanismi. Curioso che lo abbia fatto senza Bargnani e Kyle Lowry, teoricamente i due migliori giocatori della squadra, oltre a Landry Fields, strapagato in estate e mai incisivo anche prima di infortunarsi. Ed Davis ha preso il posto in quintetto del Mago, ma è stata soprattutto la regia di Calderon ad aver dato il cambio di marcia. Eppure lo spagnolo è in scadenza e sarà quasi certamente ceduto prima della chiusura del mercato, sembra addirittura che possa essere “impacchettato” e spedito insieme ad Andrea verso un’altra destinazione, che possa fruttare a Toronto quell’ala piccola da quintetto già cercata e non trovata in estate. Nel frattempo, sta crescendo il ruolo del rookie Terrence Ross, che comincia a tenere meglio il campo, e si è rivelato più prezioso del previsto il rientro dall’infortunio dell’ex virtussino Alan Anderson, elemento prezioso per attitudine in uscita dalla panchina. — Davide Sardi