David Stern

La rottura delle trattative tra NBA e NBPA potrebbe davvero scatenare una migrazione di massa dei giocatori dagli Usa verso altri continenti. Dalle voci che circolano, la questione può riguardare anche elementi di spicco nel panorama NBA, come Paul Pierce (che ha corteggiatori in Spagna) e Kevin Durant (trattativa in Germania), ma anche Dwyane Wade ha cominciato ad ascoltare gli interessamenti europei, e pure i due amici Rajon Rondo e Kendrick Perkins di comune accordo hanno aperto le porte al trasferimento oltreoceano. Invece Luol Deng e soprattutto Kevin Love sono già sulla “lista della spesa” del Besiktas, che vorrebbe affiancarne almeno uno a Deron Williams (più probabile il secondo che, con D-Will, condivide l’agente Jeff Schwartz). Nocioni è andato al Penarol, Nowitzki parrebbe intrigato dall’interessamento del Real Madrid, Tiago Splitter è rientrato in Spagna, dove è appena tornato Goran Dragic (il Caja Laboral è in contatto anche con JJ Barea) e dove vorrebbe tornare anche Rubio – in caso di cancellazione della stagione -, magari al Barcellona e magari insieme ai fratelli Gasol, ma i blaugrana non paiono interessati a giocatori da prendere con la clausola “NBA-out”. Quest’opzione non esiste, per regolamento del campionato, in Cina, dove ha firmato Aaron Brooks. Il restricted free-agent dei Suns, popolare in estremo oriente per essere stato compagno di squadra di Yao Ming a Houston, giocherà tutta la stagione a Guangdong. Luther Head invece si è accordato con Jiangsu e Tyson Chandler sta parlando con diverse formazioni.

Le voci sono davvero tante, anche se c’è da credere che i contratti di certe superstar non siano facilmente alla portata delle squadre europee e le assicurazioni da stipulare possano facilmente fungere da freno verso la firma di tanti accordi di questa portata. Più facile pensare allora ai trasferimenti delle scelte dell’ultimo draft. Per cui ad esempio Veselj potrebbe presto tornare al Partizan.

Ma molti di questi movimenti sono legati allo sviluppo delle trattative per portare alla chiusura del lockout. A dispetto delle class-action intentate dai giocatori e dalla loro decisione di sciogliere l’associazione diretta da Billy Hunter e presieduta da Derek Fisher, sembra che i legali di entrambe le parti stiano continuando a cercare un punto di incontro per salvare una stagione in serio pericolo. La NBA, secondo alcune fonti, pare però ormai aver perso le speranze di giocare prima di gennaio e dunque salvare i sempre importanti, soprattutto televisivamente, appuntamenti natalizi.

Cuttino Mobley

MOBLEY – Nel frattempo, sempre restando in tema di questioni legali, Cuttino Mobley ha fatto causa ai New York Knicks, colpevoli a suo dire di avergli fatto grande pressione per spingerlo al ritiro e risparmiare così 19 milioni di dollari. Alle prese col tentativo di liberare spazio salariale in vista dell’estate 2010, i Knicks – pur a conoscenza delle condizioni cardiache di Mobley, questo sostiene l’accusa – avrebbero insistito in ogni caso per completare la trade con i Clippers che lo coinvolgeva, in modo da mandarlo da uno specialista di fiducia, che gli avrebbe impedito di giocare. Così il suo contratto sarebbe stato pagato dall’assicurazione e non avrebbe inciso sulla luxury tax, come poi è in effetti avvenuto. Mobley intende difendersi e chiedere un risarcimento anche per “i danni materiali ed emotivi e l’umiliazione subita per essere stato vittima di una pratica discriminatoria”. I Knicks, pur dichiarando comprensione per la frustrazione del nativo di Philadelphia, si sono detti molto delusi dalla sua iniziativa. “Quando i Knicks acquisirono Mobley nel novembre 2008, la squadra puntava a fare di lui la guardia titolare. E’ stato un colpo pesante per noi scoprire, a seguito delle visite mediche, che non sarebbe stato in grado di giocare – si legge in un comunicato della franchigia – La squadra e Cuttino concordarono nell’andare a sentire il parere di grandi esperti per valutare ogni opzione. E nel giorno del suo ritiro, lui stesso disse che era costretto a seguire le indicazioni dei medici e lasciare la lega. Siamo fiduciosi che il suo reclamo non avrà successo”.

IVERSON – Buona notizia per “The Answer”. Il giudice federale Nancy Edmunds ha archiviato l’accusa che riteneva Iverson colpevole di una rissa in un nightclub di Detroit nel 2009. Secondo la sentenza, nessuna prova dimostra che Iverson possa aver colpito con un pugno l’uomo – tale Guy Walker, nativo dell’Ohio – che lo aveva denunciato (chiedendo 2.5 milioni di danni) né che la persona che lo colpì fosse collegata in qualche modo ad AI.

Rajon Rondo al Boston Charity Classic

BOSTON CHARITY GAME – Parlando invece per un attimo di partite, seppur non ufficiali, ieri a Boston si è svolto il Boston Charity Classic, un’esibizione organizzata per raccogliere fondi a favore di tre enti di beneficenza locali. Rajon Rondo ha radunato per l’occasione un buon gruppo di giocatori NBA, tra cui Paul Pierce, Kendrick Perkins, Nate Robinson, Rudy Gay e Leon Powe. La gara si è giocata in pieno stile All-Star Game, con difese “allegre”, tanti alley-oop e situazioni impossibili da vedere in partite normali (tipo Perkins da point-guard…). L’evento, ampiamente documentato nella nostra sezione Video, è stato ancora una volta l’occasione per parlare del lockout. “Non pensiamo che la proposta della NBA ci avrebbe garantito un accordo equo. Se l’avessimo accettata, avremmo iniziato a giocare – ha detto Paul Pierce – e forse qualcuno l’avrebbe fatto ma, come maggioranza, sentivamo che non era l’accordo giusto per noi. Sarebbe semplice per i giocatori più vecchi dire ‘Accettiamo, perché intanto abbiamo già i contratti e ancora pochi anni da giocare’. Ma questo è un problema più grande di noi e delle nostre singole carriere, riguarda il futuro dell’intera lega. Di questo abbiamo parlato quando ci siamo ritrovati con Ray (Allen) e Kobe (Bryant), perché pensiamo che questo sia l’aspetto più importante per proseguire. Sono comunque ottimista sul fatto che avremo una stagione”.

HAZZARD – Si è spento venerdì all’età di 69 anni Walt Hazzard, ex stella di UCLA che con i Bruins ha vinto il primo titolo di ateneo nel 1964. In quella stagione, quando fu co-capitano dello storico team da 30 vittorie e 0 sconfitte di John Wooden, vinse anche il titolo di MVP del Torneo NCAA e la medaglia d’oro con gli Stati Uniti alle Olimpiadi di Tokyo. Diventò anche allenatore della “sua” UCLA per quattro stagioni negli anni ’80 (conquistando nella seconda il premio di allenatore dell’anno), ma prima giocò 10 anni nella NBA, passando dai Lakers (di cui fu la prima scelta assoluta), a Seattle, Atlanta, Buffalo e Golden State. La famiglia ha fatto sapere che stava cercando faticosamente di recuperare dalle complicazioni successive ad un intervento al cuore, che aveva cominciato a tormentarlo da quando ebbe un ictus nel 1996. Da quel momento le sue apparizioni in pubblico erano diventate sempre meno numerose e il suo ruolo sempre più defilato, visto che lavorò soprattutto come scout e consulente dei Lakers. Le parole più efficaci sono state quelle di Reggie Miller, suo giocatore a UCLA, che ha usato un noto social network per diffonderle: “Il mio pensiero e le mie preghiere vanno alla famiglia. Coach Hazzard è stato una point-guard fondamentale a UCLA sotto coach Wooden, ma anche un grande allenatore. Mi ha aiutato a formarmi e diventare il giocatore che ero, grazie tante Coach”.

MACAULEY – Pochi giorni fa anche un altro lutto aveva colpito l’America cestistica. Charles Edward Macauley, meglio noto come Ed, è scomparso per una grave malattia all’età di 83 anni nella sua casa di Saint Louis. Centro di 2.03, fu giocatore dell’anno al college nel 1949, MVP del primo All-Star Game NBA nel 1951, ma fu anche l’uomo scambiato dai Celtics nel 1956 al top della sua carriera per uno che nella NBA doveva ancora esordire, nientemeno che Bill Russell. Russell rivoluzionò il gioco e lo dominò guidando Boston a 11 titoli, ma la nuova squadra di Macauley, i St.Louis Hawks, vinse il campionato nel 1958 in finale proprio contro i biancoverdi.


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