Greg Oden

Greg Oden

NBA “goes violent” – “Boobie” Gibson, unrestricted free agent, oltre che senza contratto nella NBA, ha anche attualmente qualche problema con la giustizia americana. L’ex Cavs infatti è stato accusato di aver colpito un altro uomo con un pugno, causandogli la rottura della mascella. Curiosamente, è stato lo stesso Gibson a consegnarsi alle forze dell’ordine, affermando di aver fatto solamente “quello che mi sembrava necessario per gestire la situazione”. In effetti sembra che lo sfortunato uomo in questione si sia rivolto in modo molto aggressivo nei confronti della moglie del giocatore, che a quel punto ha reagito in modo violento.
Essendo ancora alla ricerca di una squadra per la prossima stagione, la guardia si è detta preoccupata per gli effetti negativi che una notizia del genere potrebbe avere sul suo mercato.
In ogni caso Gibson è stato rilasciato dietro il pagamento di una cauzione da 20.000 dollari.

Greg Oden: il ritorno e la decision – In NBA ormai vanno di moda le “decision”. Così, dopo quella di Howard, si attende anche quella di Greg Oden, ovviamente meno influente ma comunque interessante. Lo sfortunatissimo centro 25enne, scelto addirittura con la numero 1 al draft 2007 da Portland, è pronto a tornare a recitare un ruolo nella lega dopo quasi tre anni interi di inattività.
Numerose erano le squadre interessate a lui (evidentemente si è pronti a scommettere sulla salute del suo ginocchio, vero tallone d’Achille dell’ex Portland), ma la scelta ricadrà su una tra Heat e Pelicans, con la franchigia della Florida al momento nettamente favorita.
Oden firmerebbe con Miami al minimo salariale per un veterano, e se dovesse risultare una buona scommessa andrebbe a colmare uno dei (pochissimi) buchi del roster della squadra di Spoelstra: la mancanza di centimetri e peso sotto canestro. Evidentemente dalle parti della Florida l’incubo di Roy Hibbert aleggia ancora minaccioso dopo la serie di playoffs contro Indiana, e ci si vuole cautelare. Ginocchia permettendo.

Panchine che scottano – 13: nella smorfia corrisponde a Sant’Antonio, nella NBA alle panchine saltate quest’anno. Una vera e propria girandola di nomi, una tendenza al cambiamento sconosciuta al basket americano: mai c’erano stati così tante rivoluzioni in panchina. Che sia un record positivo o negativo, questo ancora non si può dire.
Le scommesse più interessanti sono, senza alcun dubbio, quelle di Brooklyn e Boston: la franchigia del magnate russo Prokhorov ha azzardato il tutto per tutto, consegnando la guida tecnica di una squadra zeppa di veterani a un signore che l’NBA la conosce perfettamente, ma dal punto di vista del parquet e non della panchina. I bianco-verdi hanno provato invece a pescare il coniglio dal cilindro, andando a scegliere un allenatore giovanissimo (e, per quel che si sa, assolutamente valido) dal mondo del College. Attenzione però al passaggio dal basket universitario a quello professionistico: Brad Stevens potrebbe essere l’ultimo di una lunga serie di coach a perdersi una volta catapultato nel mondo “dei grandi”.
In tutto questo l’unica squadra ancora priva dell’allenatore è Philadelphia: il nome caldo delle ultime ore è David Vanterpool, attuale assistente dei Blazers e prima ancora giocatore sia di Avellino che di Siena, che avrebbe fatto un’ottima impressione al General Manager dei 76ers Sam Hinkie.

Gary Neal (Kyle Terada-USA TODAY Sports)

Gary Neal (Kyle Terada-USA TODAY Sports)

Un Gary Neal in più per i Bucks – Perso Brandon Jennings (andato a Detroit) Milwakee avrà invece modo di contare su Gary Neal, reduce da una buona stagione negli Spurs. L’ex sperone ha spiegato come  la scelta non sia stata difficile, dal momento che la sua volontà era di trovare una squadra in cui essere un giocatore di riferimento e non un semplice comprimario, come accadeva (e sarebbe ancora accaduto) in Texas. In arrivo anche Antetokounmpo, scelta numero 15 dell’ultimo draft, nome impossibile da pronunciare e buone cifre nell’ultima stagione, passata nella seconda divisione greca.

Daye e Blair trovano casa – I Raptors si sono accordati per due anni a 2 milioni totali con Austin Daye. Figlio del grande Darren (tuttora idolo di Pesaro con cui ha vinto due scudetti), il prodotto di Gonzaga, prima scelta (n.15) del 2009, non ha mai trovato la propria collocazione nella lega passando da Detroit a Memphis nell’ultima stagione nella trade a tre squadre che portò in Canada Rudy Gay, che ora trova come compagno di squadra. Rimane in Texas, invece, DeJuan Blair che passa però da San Antonio a Dallas: contratto annuale al minimo salariale per il giocatore che nelle idee di Popovich era diventato poco più di un comprimario da allenamento ma che alla corte di Carlisle – e in un frontcourt meno profondo – si augura di trovare maggiore spazio. (Davide Sardi)

I Pellicani si muovono – I Pelicans annunciano che Jeff Withey, selezionato da Portland con la scelta numero 39 all’ultimo draft, ha firmato il suo contratto da rookie. L’ex centro di Kansas, che ha stabilito il record dell’università per numero di stoppate in carriera (312, in quattro anni) è stato coinvolto nella trade che ha portato, tra gli altri, Tyreke Evans a New Orleans, Robin Lopez a Portland e Greivis Vasquez a Sacramento.

Classe 2010: tempo di scelte – E’ un momento importante per i giovani approdati in NBA durante il draft del 2010. Se John Wall e Paul George sembrano saldamente aggrappati alle rispettive attuali squadre, pronte e dispostissime ad investire su di loro come nuovi uomini franchigia, la situazione è leggermente diversa per altri grandi nomi. Di chi si tratta?
DeMarcus Cousins, Evan Turner, Larry Sanders, Greg Monroe, Derrick Favors, giusto per citare i più importanti.
Le rispettive squadre dovranno decidere se bloccare questi ragazzi, dimostrando fiducia nei loro confronti, entro il 31 ottobre, o aspettare gli sviluppi di questa stagione, rimandando la decisione alla prossima estate. Con un aumento notevole, ovviamente, del rischio di perderli.

Luis Scola

Luis Scola

Scola, ora di vincere – Ho 33 anni. Non so quanti anni giocherò ancora. Ma più invecchi e più sai che conta solo vincere. A nessuno realmente interessa ciò che fai in una squadra perdente o quali numeri ottieni se non hai mai giocato ai playoffs”, firmato Luis Scola.
L’argentino proveniente da Phoenix si sente finalmente arrivato in una squadra importante, in grado di lottare per traguardi degni di nota, e non nasconde il fatto che per lui potrebbe essere l’ultima reale occasione di vincere un trofeo in NBA, considerata l’età.
Vogel ha avuto parole al miele per il sudamericano, affermando che “migliorerà il nostro QI cestistico, grazie alla sua esperienza internazionale e alla sua intelligenza. Renderà l’attacco più fluido e farà migliorare anche i suoi compagni. Infine, darà più profondità alla nostra panchina. È semplicemente un grande innesto per la nostra squadra”.
Se questo rapporto di amore a prima vista proseguirà si questa lunghezza d’onda, solo il campo potrà stabilirlo. L’inizio però è dei migliori.