LeBron James

LeBron James

Indiana Pacers @ Miami Heat 3-4

LA PARTITA. LeBron James prende per mano i Miami Heat e li conduce alla terza Finale NBA consecutiva. Parte una spanna davanti agli altri per determinazione, aggressività e concentrazione. E, quando si rende conto che costruire tiri per i compagni non basta per staccare i Pacers, avanti di 2 dopo un quarto, diventa assolutamente devastante. E’ lui, con 12 punti, la chiave del 2° periodo da 33-16 che gira la partita, perché manda gli Heat negli spogliatoi con un entusiasmo e un’autostima alle stelle. Ma un ruolo fondamentale sin dai primi palloni lo ha giocato la pressione difensiva altissima chiesta da Spoelstra, con frequenti raddoppi, soprattutto sui lunghi, in modo da bloccare le principali bocche da fuoco dei Pacers. Gli ospiti così, pur dopo un inizio che poteva apparire incoraggiante per i canestri di Hibbert – poi limitato dai falli –, di un combattivo West e di un coraggioso Stephenson, sono andati fuori ritmo, cadendo vittima delle troppe palle perse (21 alla fine). E nella ripresa, Miami ha continuato ad infierire, toccando anche un +28 pesante, ma che rappresenterà una lezione utile da ricordare in futuro per i Pacers e soprattutto per un Paul George, annichilito dal duello con James e mai protagonista in una gara7 da 7 punti con 2/9 e chiusa per 6 falli a 7’43” dal termine. I 32 punti con 8 rimbalzi e 4 assist (15/16 ai liberi) di LBJ sono la parte più luminosa del tabellino dei campioni in carica, che però possono apprezzare con grande soddisfazione anche il ritorno su eccellenti livelli di Dwyane Wade (21 e 9 rimbalzi: forse il ginocchio sta meglio?), per la prima volta oltre i 20 da gara2 del primo turno con Milwaukee, le zampate dall’arco di Ray Allen (dalla sua tripla del 26-23 gli Heat non si sono più voltati indietro, i rimbalzi di Bosh (però negativo in attacco). Già, i rimbalzi. Sempre un problema per una squadra non particolarmente fisica sotto i tabelloni, i padroni di casa stavolta hanno saputo compensare le loro lacune con la voglia e l’intensità, andando a lanciare un chiaro messaggio in questo senso sotto il canestro avversario sin dai primi possessi ed anche nel 2° quarto, quando hanno attaccato benissimo un’area aperta dal quintetto con Mike Miller in ala piccola e LeBron James come ala forte.

LA SERIE. Serie equilibrata (la voce dei punti totali, prima di gara7, diceva: Heat 569, Pacers 564), emozionante, con ribaltamenti di situazioni a volte anche inaspettati. Sorprende un ultimo capitolo così poco combattuto, ma, come accade a volte, è emersa la differente confidenza con queste situazioni e questo genere di pressioni. “Sono un gruppo fantastico” ha commentato con soddisfazione il proprietario degli Heat, Micky Arison, che ha visto i suoi vincere la 78ª partita stagionale, anche grazie ad un Chris Andersen, idolo del pubblico, che ha portato un’energia e una presenza fisica notevole, di cui si è sentita davvero la mancanza in gara6, ed in difesa su West nel 2° quarto è stato monumentale. “Tornare ancora alle Finali è fantastico. Sono orgoglioso di questo risultato” ha detto Wade, spiegando anche di essersi lasciato alle spalle luci e ombre delle gare precedenti: “Per noi contava solo gara7, il resto non aveva più nessun valore”. “Ci hanno dato una bella lezione. Loro sono già stati a questi livelli, hanno già vinto il titolo. E sanno come alzare l’intensità difensiva in modo da decidere una partita” ha riconosciuto il coach dei Pacers, Frank Vogel, abilissimo comunque a portare la squadra oltre i propri limiti, pur giocando tutto l’anno senza Granger e con una panchina rivelatasi insufficiente per i massimi traguardi. Deluso ma non rassegnato in prospettiva futura Paul George: “Siamo una squadra giovane ed abbiamo già costruito qualcosa di importante. Questo è solo il primo anno in cui abbiamo cominciato a sperimentare il successo. Continuando così, possiamo vincere presto”.

HEAD TO HEAD. Nel 1° tempo si è interrotta la striscia di 15 canestri consecutivi nella serie di Chris Andersen per una Miami capace di stravincere pur rimanendo sotto al 40% dal campo ma andando in lunetta ben 38 volte. Negli ultimi 11’ prima dell’intervallo, la squadra della Florida ha piazzato un 33-14 con James e Allen da soli a superare gli interi Pacers. Al riposo, sul 52-37, 18 di James, 17 combinati di Bosh e Wade e 15 palle perse di Indiana, un abisso da cui gli uomini di Vogel (Hibbert 18 e 8 rimbalzi, ma non un fattore) non sono riusciti a riemergere.