Per la prima volta nella storia della franchigia, i San Antonio Spurs tornano alle NBA Finals in due anni consecutivi e, così come era successo l’anno scorso, gli sfidanti saranno i Miami Heat. Gli Oklahoma City Thunder tornano a casa ma non prima di aver regalato ai propri fans una partita eccezionale. E’ servito l’overtime per decretare il vincitore di una gara intensissima e giocata su livelli fisici e tecnici elevatissimi. Proviamo a guardare chi sono i promossi e i bocciati di questa Gara 6.
UPS
Boris Diaw: 26 punti dalla pachina per il francese che sembra non sentire la mancanza del suo capitano e compagno fraterno di nazionale, Tony Parker (costretto a uscire poco prima di metà gara per un problema alla caviglia sinistra, ndr). Diaw è un fattore in difesa e in attacco si fa trovare pronto.
Kawhi Leonard: gli Spurs sono la squadra perfetta per Leonard per moltissimi motivi. Ma il più importante di tutti è che Tim Duncan ha preso Leonard sotto la sua ala protettiva. Scordatevi di carpire qualcosa del carattere di Leonard dal suo sguardo o dalle sue parole. Esattamente come Duncan, Leonard è una maschera impossibile da decifrare. Esattamente come Duncan, Leonard è uno scienziato del gioco. Esattamente come Duncan dopo il primo titolo nel 1999, Leonard ha nel suo destino i San Antonio Spurs. Finita l’era dei Big Three, sarà Leonard a ereditare la squadra. Questa notte, il numero 2 ha chiuso con 17 punti, 11 rimbalzi e 4 assist che non spiegano tutto di una partita dominata in tutte le sue pieghe e risvolti.
Tim Duncan: Fresco trentottenne (!) Tim Duncan sta giocando una post-season perfetta. Il caraibico sa bene che la verticalità, e anche l’orizzontalità, del suo gioco non sono più quelli di una volta. Il Q.I. cestistico e l’esperienza gli permettono però di essere tra i migliori della lega. Pur saltando meno di tutti, raccoglie più rimbalzi di tutti (15), pur essendo il più lento di tutti, è sempre presente sotto canestro ad aggiustare a canestro i tiri sbagliati dei compagni (19 punti). Una partita eccezionale la sua.
Russell Westbrook: se c’è una cosa che questi playoffs hanno chiarito in casa Thunder è che la guida in campo non indossa il numero 35 ma il numero 0, quello di Russell Westbrook. Il destino dei Thunder passa sempre più dalle mani di Westbrook che sa che solo con la sua lucidità, e velocità, si può fare il passo mancante. Tutto comunque rimandato all’anno prossimo.
Serge Ibaka: Non doveva neanche giocarla questa serie per un problema muscolare. Invece Ibaka è tornato disponibile, ha sofferto, ha giocato sul dolore (caratteristica imprescindibile per fare bene in NBA-e nello sport in generale ndr) ed è stato un fattore fondamentale per i Thunder. Nella notte, 16 punti, 4 rimbalzi e 4 stoppate.
DOWNS
La panchina dei Thunder: Scott Brooks ha dovuto fare i conti con una panchina non all’altezza degli avversari. Se pensiamo che uno dei break decisivi per la vittoria di questa Gara 6 è stato propiziato da quello che potremmo definire il terzo quintetto degli Spurs, capiamo bene che non c’era praticamente speranza per i Thunder che hanno chiuso con solo 5 punti dalla panchina. Troppo poco per questi livelli.
Kendrick Perkins: Ancora una volta il centro dei Thunder ha chiuso con 0 punti. Sommando le prestazioni dei sei appuntamenti di questa serie, Perkins ha totalizzato solo 14 punti in poco più di 110 minuti totali di utilizzo. Cifre che si commentano da sole.
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