5. TIMO SUPERSTAR – Timo Mozgov sta giocando delle Finals eccezionali. Alzi la mano chi ci avrebbe scommesso. Eppure è così: il russo è un assoluto protagonista, grazie alla sua presenza nel pitturato e all’abilità nei tagli. LeBron, si sa, ha occhi ovunque, ma lui si fa pescare libero spesso e volentieri. I numeri confermano la bontà del suo momento: 17 punti e 8.3 rimbalzi a partita, con la perla dei 28 messi in gara-4. Tuttavia, il meglio del meglio, o il peggio del peggio, Mozgov lo dà in conferenza stampa. Diciamo che il suo inglese zoppica un pochino. Sul campo si esprime bene, davanti ai giornalisti molto meno. Anzi, è già un miracolo che capisca le domande. Esilarante la sua performance dopo gara-4.

4. DELIRIO ALLA Q – Di belle giocate  ce ne sono state tante. Schiacciate, assist magnifici, saggi di ball handling… Una delle immagini più significative, almeno sinora, è quella dell’alley-oop tra Mat Dellavedova e LBJ in gara-3. In realtà, ne hanno confezionato uno simile anche nella partita successiva, ma quello della prima sfida alla Quicken Loans Arena è stato sensazionale, anche perché arrivato in un momento di pura esaltazione, con i Cavaliers che volavano verso una straordinaria vittoria, la seconda in fila. Ma, soprattutto, rimarrà ben scolpito nelle menti degli appassionati perché ‘inscenato’ dai due uomini simbolo del momento di Cleveland: il Re e il suo ‘improbabile’ (nel senso buono) scudiero australiano.

3. COSE DELL’ALTRO MONDO – E’ passata quasi una settimana, ma non penso vi siate scordati di cosa sia stata la gara-2 di LeBron James. Una robetta da 39 punti, 16 rimbalzi e 11 assist. Una tripla doppia buttata lì come nulla fosse. Oracle Arena espugnata, Warriors battuti e serie portata sull’1-1. In maniera principesca naturalmente. Pardon, regale. Ha fatto 11-35 al tiro e ha giocato 50 minuti e 20 secondi, tenendo il pallone in mano per un quarto d’ora circa (per davvero). Isolamento su isolamento su isolamento. O dritto al canestro o bomba da fuori (3-6 dalla lunga), con qua e là quei passaggi che somigliano più a fucilate. Spettacolo.

2. GENERALE IGGY – L’MVP di queste Finals per Golden State? Beh, Andre Iguodala. Eh sì, perché Curry tentenna, Green, Barnes e Thompson sono discontinui e David Lee è uscito dal dimenticatoio da troppo poco. Iggy, invece, è sempre lì. Che entri dalla panchina o scenda in campo sin dalla palla a due. E’ il trascinatore assoluto, con la sua voglia, il suo impegno e le sue volatone a velocità supersonica. In più, è l’unico in grado di limitare, per quanto possibile, il ‘Prescelto’. Si è guadagnato il quintetto, giustamente, e sembra difficile che Bogut possa riprendersi il ruolo (soprattutto dopo la funesta apparizione in gara-4).

 

1. DEL-LINSANITY – Quella di Matthew Dellavdova è una storia che va oltre il basket e lo sport. E’ un romanzo, una leggenda epica, un sogno. Da undrafted e ultimo della panca a titolare e go-to-guy della Finals NBA. Nella squadra di LeBron James. Una trama degna di un film. Anzi, una trama già vista e stravista in molti film. Quelli che fanno commuovere e credere negli ‘uomini del destino’, negli ‘uomini in missione’. E’ passato da brutto anatroccolo a eroe di culto. LBJ non si tocca, ma l’attenzione che viene data all’australiano è pari solo a quella riservata a qualsiasi altra superstar della Lega. La sua è la maglietta più venduta durante queste finali. La sua faccia, da lottatore ed eroe improvvisato, campeggia su tutti i siti e le testate americane. Macchè americane, diciamo anche mondiali. Comunque andrà, sarà una favola.


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