Beno Udrih, "l'eroe che non ti aspetti= di questi solidissimi Grizzlies (Foto: scoopnest.com)

Beno Udrih: “l’eroe che non ti aspetti” di questi solidissimi Grizzlies (Foto: scoopnest.com)

5. “STAY HUNGRY, STAY UDRIH” – L’equilibrio è sempre il tema dominante dei playoff. E’ così anche quest’anno. Ogni partita è una guerra, ogni possesso è una battaglia. Anche i testa-coda non sono già scritti: Golden State deve sudare ogni volta sette camicie per domare i Pelicans, Atlanta sta faticando molto più del previsto contro i Nets. Ci sono serie già chiuse o quasi, ma questo non significa che le perdenti si siano offerte come vittime sacrificali.

L’unico incrocio poco combattuto sembra quello tra Grizzlies e Trail Blazers. Sia per merito degli uni che per demerito degli altri. Portland si ritrova in piena emergenza, con le rotazioni ridotte all’osso e un meccanismo di gioco rovinato dalle continue defezioni. Aldridge ci prova ma non basta, anche perché manca l’apporto del ‘compagno di merende’ Lillard, stranamente impreciso e confusionario.
I ragazzi di Stotts si stanno inchinando ai ringalluzziti Memphis.

Messasi alle spalle il balbettante finale di stagione, la franchigia del Tennessee sta impressionando tutti, mostrando quella verve che aveva stupito gli addetti ai lavori nei primi mesi di regular-season. Il segreto? Beh, come accennato, le difficoltà dei Blazers stanno facendo la loro parte, ma ciò non toglie che Gasol e compagni abbiano ritrovato smalto e concretezza. Su tutti, l’insospettabile Udrih. Che lo sloveno fosse uomo di ‘attributi’ era ben noto, ma che potesse essere così incisivo lo immaginavano in pochi. 20 punti, 7 rimbalzi e 7 assist in gara-1, 10 punti e +9 di plus-minus nei 18 minuti di gara-2. Nel mezzo, tante giocate di intensità, voglia e dedizione. Premiare Beno è, in primis, riconoscere il buon momento dei Grizzlies, ma anche dare il giusto omaggio a tutti quei giocatori che possono decidere una serie anche senza la fama o il blasone delle super-star. Per informazioni, citofonare Barea.

4. LO SBALLO DEI DEBUTTANTI – C’era molta attesa per il debutto in una post-season di tre giocatori molto speciali: Anthony Davis, Kyrie Irving e Kevin Love. Esordienti di lusso e fuori dal normale, perché stelle già affermate del ricchissimo firmamento NBA. Come è stata la loro prima volta? Storpiando una famosa espressione del duo Mamoli-Tranquillo, “Bene; anzi, benissimo”.

Pur giocando male (ma per davvero), in gara-1 della serie con Golden State, Anthony Davis ha messo a segno 35 punti, 7 rimbalzi e 4 stoppate: cifre clamorose, che gli hanno spalancato le porte dell’Olimpo della Lega. Tra una difficoltà e l’altra, ed è proprio questo che impressiona, AD ha fatto registrare la quinta migliore prova degli ultimi 40 anni per un novizio dei playoff. Numeri simili, prima di ieri, li avevano messi insieme solo Kareem Abdul-Jabbar (36 punti nel 1970), Gary Brokaw (36 nel 1976), Derrick Rose (36 nel 2009) e Chris Paul (35 nel 2008).
E pensare che 19 dei suoi 35 punti totali, il ‘Monociglio’ li ha segnati nel solo ultimo quarto. Eh sì, perché per 36’ era sembrato un pesce fuor d’acqua, stretto nella morsa de duo Green-Bogut e in balia della marea gialla che popolava gli spalti della Oracle Arena.

Inizio simile anche per Kevin Love. Il #0 dei Cavs ha sonnecchiato per tutti i primi due quarti di gara-1 con i Celtics, dando la sensazione, per l’ennesima volta, di essere un oggetto estraneo al sistema Cavaliers. E invece, un po’ a sorpresa (non ce ne voglia il povero Kevin, ma la stagione parla da sola), il talentuoso californiano si è svegliato d’incanto, chiudendo il match con 19 punti e 12 rimbalzi.

Il suo compagno Kyrie Irving, al contrario, non ha avuto nessun tentennamento. Il ‘cocco’ di LeBron ha preso in mano le redini della partita già nel primo quarto, sciolinando quei colpi di classe che tanto piacciono al ‘Prescelto’. 30 punti, con 5/9 da tre, e l’incoronazione da parte del King: “Penso che il cielo sia l’unico limite per questo ragazzo (Irving), per il suo talento, per la sua etica del lavoro e per il fatto che ama continuare a imparare il gioco”.

3. BLAKE RUNNER – Blake Griffin è tra i migliori giocatori di questo primo scampolo di playoff (tralasciamo gara-3). Tornato da poco da un infortunio, che l’ha tenuto fuori per buona parte del finale di regular-season, il prodotto di Oklahoma ha ricominciato a fare ciò che gli sia addice di più: dominare. BG32 si è conquistato il terzo posto della nostra classifica settimanale non tanto grazie al suo impatto sulla serie, quanto per il minuto di ordinaria follia durante il quale ha demolito il malcapitato Aron Baines. Era gara-1 ed era il terzo quarto. Parola alle immagini… 

2. OH MY CURRY!! – Basta, non c’è critica che tenga: Steph Curry è il miglior giocatore della stagione. Per chi ancora avesse dubbi, è consigliabile dare un’occhiata a quello che il genio di Golden State ha combinato in gara-3. La prova da 40 punti e 9 assist, con 7/18 da tre e 13/14 dalla lunetta, sarebbe sufficiente per conquistarsi titoloni e prime pagine, ma Steph non è uno che si accontenta, soprattutto quest’anno. Vuole essere l’uomo copertina, ma alla sua maniera. La tripla che ha mandato il match all’overtime è di quelle che ti fanno saltare sul divano con le mani tra i capelli, chiedendoti se stai sognando o è tutto vero. Fuori equilibrio, con mille avversari che gli si gettano addosso (poi si scoprirà che c’era pure il fallo), il cronometro che scorre e tutto il palazzo che trattiene il fiato e ti rema contro: un tiro umanamente impossibile. O, se preferite, il pane quotidiano di Wardell Stephen Curry.


1. AUGURI MAESTRO – Il 25 aprile di 39 anni fa, sull’isoletta di Saint-Croix, nasceva un bambino con le stimmate del campione. 1331 partite e 18 stagioni NBA dopo, Tim Duncan detta ancora legge. Su una gamba sola e con gli ‘anta’ dietro l’angolo, il #21 spende le sue giornate a insegnare basket, flirtare con il tabellone e aggiornare i libri dei record. Vederlo giocare commuove. Segna, prende rimbalzi e stoppa come se fosse un ragazzino, maledicendosi ogni volta che sbaglia un facile appoggio o un passaggio. Domina gara-2 della serie con i palestratissimi Clippers (28 punti, 11 rimbalzi e 4 assist) e la prima cosa che fa è scusarsi con i compagni perché ha “giocato un ultimo quarto deludente”. Se non ami Duncan non ami il basket. Anzi, non ami lo sport. Timmy, il primo posto nella nostra chart è solo un piccolo e insignificante riconoscimento alla tua grandezza.


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