E’ vero, quella di questa stagione è la corsa al titolo di MVP più scontata della storia del gioco.

Dalle retrovie, però, salgono le quotazioni di chi, alla vigilia del campionato, non avrebbe dovuto entrare nel novero dei potenziali candidati a miglior giocatore dell’anno. Un nome su tutti? Quello di Isiah Thomas, vero segreto (insieme al suo coach, Brad Stevens) della splendida annata dei Boston Celtics.

La corsa al titolo di MVP sarà anche scontata, dunque, ma le storie di rilievo comunque non mancano…

 

1) Stephen Curry

Difficile, ormai, trovare le parole giuste per definire quanto stia facendo il #30.

L’ultima recita, quella ad Orlando, chiusa con 51 punti ed una serie di canestri pazzeschi, è la consueta dimostrazione di superiorità tecnica e mentale su chiunque. Compagni ed avversari, nessuno escluso.

Proviamo ad evidenziare un dato che crediamo serva a comprendere la grandezza del figlio di Dell.

Curry, ha segnato 40 o più punti in 10 partite, 9 delle quali in trasferta…

Lanciamo, inoltre, una provocazione che la dice lunga sulla meravigliosa stagione del natio di Akron: non solo è chiaramente il miglior giocatore della lega, ma è altrettanto nettamente quello più migliorato dell’anno. E pensare che lo scorso anno, il trofeo di MVP lo ha vinto proprio lui…

2) Kawhi Leonard

Se alla sua età, Popovich gli affida le chiavi della squadra, vuol dire che il giocatore in questione sposta gli equilibri. Una situazione simile, a San Antonio, si era verificata solo nel 1997, quando gli Spurs scelsero quel Tim Duncan che poi fece (e fa ancora) le fortune della franchigia presa a modello da gran parte della lega.

Sobrio ma efficace, concreto ma a suo modo anche spettacolare, l’ex San Diego State crediamo sia la chiave che permette ai San Antonio Spurs di essere la vera alternativa ai Warriors.

Russell Westbrook3) Russell Westbrook

Un animale da parquet. Un atleta di un altro livello, migliorato nelle letture del gioco e con una voglia di competere e di vincere tipica dei più grandi atleti del gioco.

Punti, rimbalzi, assist, recuperi, lungo i 28 metri Westbrook non si fa mancare nulla. All around player per eccellenza. Contro i Magic, in una partita di inizio febbraio, il nostro ha catturato 19 rimbalzi.

Statistica mostruosa per un playmaker.

4) Draymond Green

Se se ne fa una questione di talento puro, l’ex MSU non dovrebbe far parte dei primi 20, forse 30 giocatori della lega. Nella NBA, però, il solo talento non basta. Serve grande tenuta mentale, capacità di saper leggere il gioco, voglia di migliorarsi gara dopo gara. In questi aspetti, Green, non teme confronti.

Macchina da triple doppie, è il leader emotivo di una squadra che sta facendo letteralmente la storia.

Si, in NBA il solo talento non conta.

5) Kevin Durant

Fra qualche mese deciderà il suo futuro. Una “decision” attesa da tutto il mondo del basket, come quella di LeBron James nel 2010.

Nel frattempo, Durant pensa solo a dare il meglio di se stesso, e si vede. Il dato più sorprendente? Nel mese di febbraio, tira con percentuali incredibili dal campo considerato l’infinito range di tiro. Pensate che nelle serate di relativa ispirazione ha chiuso con il 47%. Pazzesco.

Damian Lillard

Damian Lillard

6)  Damian Lillard

In questo momento, Curry permettendo, è il giocatore più in forma della NBA. Proprio contro Steph ed i suoi Warriors, Lillard ha giocato una partita to the memories, come piace dire a loro. Le cifre? 51 punti, 9 su 12 da tre punti, 7 assist e ben 6 palle rubate.

Nel mese di febbraio viaggia a 30 punti di media. E’ grazie a lui che una squadra altrimenti discreta e nulla più come i Blazers, abbia concrete chance di accedere ai Playoffs.

La sensazione è che sia sottovalutato. Da sempre.

7) DeMarcus Cousins

L’approccio al gioco ed il carattere non sono dei migliori, eufemismo…

Il talento e la capacità di dominare in post basso sono, invece, fuori discussione. Così come sottolineato per Lillard, anche Cousins fa parte della categoria dei giocatori complessivamente sottovalutati.

Se in due partite consecutive (a gennaio contro Indiana prima e Charlotte poi) chiude con due doppie doppie da 48 punti e 13 rimbalzi per poi replicare con 56 + 12, vuol dire che su un campo da basket può fare quello che vuole.

Peccato che l’atteggiamento e la testa sono quelli che sono…

8) Isiah Thomas

Il sistema ideato da Brad Stevens lo esalta. Lui, però, ci sta mettendo del suo.

Il piccolo grande uomo arrivato in Massachussets dai Phoenix Suns sta esprimendo la migliore pallacanestro in carriera.

Attacca sempre, non risparmiandosi mai.

Il tiro da 3 va e viene, meno, molto meno la sua voglia di competere sera dopo sera.

9) Anthony Davis

E’ vero, ci si aspettava forse qualcosina di più dalla fenomenale ala grande dei Pelicans.

Gli infortuni che hanno azzoppato la squadra, hanno pesato, inutile negarlo, non dando mai la possibilità a Davis e compagni di lottare per un posto utile per la post season.

La partita con Detroit, chiusa con 59 punti con 24 su 34 dal campo e 20 rimbalzi è la chiara testimonianza di quanto sia dominante l’ex UK. Ci si aspettava qualcosa di più, forse, ma resta uno dei primi 5 giocatori del lotto.

Prima o poi, il titolo di MVP sarà suo, è solo questione di tempo.

harden10) James Harden

Houston continua ad alternare qualche alto e basso di troppo. Harden prosegue, invece, ad accumulare cifre di tutto rispetto. Nella notte di giovedì ha asfaltato Portland in virtù di 46 punti messi a referto. Due sere prima, ne aveva realizzati 42 nella trasferta di Salt Lake City.

Gioca più per se stesso che per i compagni, di certo non spicca per sviluppate doti di leadership, ma è un attaccante come pochissimi altri, forse 2-3 al massimo.