James Harden, come sempre leader degli Houston Rockets  (fonte Photo Troy Taormina, USA TODAY Sports)

James Harden, come sempre leader degli Houston Rockets (fonte Photo Troy Taormina, USA TODAY Sports)

LA STAGIONE – I Rockets erano una delle squadre uscite vincitrici dalla passata off season grazie alla firma dell’ambito Dwight Howard (18,3 punti e 12,2 rimbalzi di media col 59,1% al tiro) e, almeno in stagione regolare, non hanno deluso le aspettative. I dubbi iniziali sulle scelte del quintetto base si sono risolti in favore di Patrick Beverley e Terrence Jones (a discapito di Lin ed Asik) che hanno affiancato il trio HardenParsonsHoward. Il gioco prettamente offensivo, basato molto sul tiro da 3, impostato da coach McHale ha fruttato il secondo miglior attacco della Lega a 107,7 punti di media (e, rovescio della medaglia, una delle peggiori difese a 103,1 punti subiti). Pur non dominando e steccando contro qualche big, i Rockets hanno portato a casa 54 vittorie che sono valse la quarta piazza ad ovest ed il vantaggio del fattore campo nel primo turno dei playoff contro Portland. Qui è però arrivata la delusione più cocente per l’annata dei texani che, dopo aver perso le due gare iniziali tra le mura amiche del Toyota Center, non sono riusciti a ribaltare completamente la serie in Oregon, venendo eliminati al termine di gara6 (con partite tutte molto equilibrate, tanto che 3 di esse sono terminate in overtime) solo per via di un incredibile buzzer beater di Damian Lillard.

MVP – Nonostante l’arrivo di Howard, la palma di leader e miglior giocatore rimane appicciata a James Harden. Il “Barba” si è confermato sugli standard realizzativi della passata stagione (25,4 punti per gara) migliorando però leggermente le percentuali al tiro, salite al 45,6% contro il 43,8% dell’anno scorso, ed il dato dei passaggi smarcanti (da 5,8 a 6,1), sfruttando al meglio l’attenzione sotto le plance ricevuta dal nuovo compagno di squadra.

LA SORPRESA – Qualche lampo si era già notato sul finire della sua stagione da rookie, ma Terrence Jones si è conquistato a pieno titolo i galloni di titolare più che raddoppiando le sue cifre: da 5,5 a 12,1 punti, da 3,4 a 6,9 rimbalzi di media col 54,2% al tiro ed un migliorabile 60,5% dalla lunetta. La sua doppia dimensione (anche se il tiro da 3 necessità ancora molto lavoro: 30,7% in stagione su 1,3 tentativi a gara) è l’ideale complemento al gioco interno di Howard e libera spazio per le penetrazioni di Harden. Da segnalare anche il rendimento nelle ultime gare di Troy Daniels. Dopo una stagione passata a crivellare le retine della DLeague, questa guardia ventitreenne ha mostrato qualche lampo anche al piano superiore e ci si aspetta molto da lui in ottica futura.

LA DELUSIONE – Vere e proprie delusioni non ce ne sono state, ma qualche giocatore ha reso sotto le attese. In primis Francisco Garcia, atteso ad un discreto impatto da veterano della panchina, dopo i buoni playoff scorsi e a maggior ragione con la partenza di Delfino. Invece il dominicano ha chiuso a quota 5,7 punti col 40,1% dal campo ed un deludente 35,8% da 3. Da Donatas Motiejunas ci si aspettava il salto di qualità e che potesse competere con Jones per il ruolo di “4” titolare ed invece il lituano si è mantenuto nella mediocrità (5,5 punti, 44,3% al tiro e 25% dall’arco). Infine Omer Asik, il più penalizzato dall’arrivo di Howard, ha visto drasticamente ridotto il suo minutaggio, risentendone nel rendimento (5,8 punti e 7,9 rimbalzi di media contro la doppia doppia della scorsa stagione).

Houston Rockets (Photo by Bill Baptist/NBAE via Getty Images)

Howard, Parsone e Jones, la front line degli Houston Rockets(Photo by Bill Baptist/NBAE via Getty Images)

PROSPETTIVE FUTURE – La dirigenza è intenzionata a fare le cose in grande e vuole aggiungere un terzo “big” alla coppia Harden-Howard, ancora sotto contratto per almeno 2 anni. I nomi che circolano sono quelli di Carmelo Anthony, Kevin Love e, addirittura, LeBron James. Per fare ciò, però, è necessario liberare spazio salariale, attualmente impiegato per ben 71 milioni di dollari. Gli indiziati principali sono ovviamente Jeremy Lin e Omer Asik, titolari di un ultimo anno di contratto da quasi 15 milioni di dollari l’uno. La prima mossa ufficiale, intanto, è stata quella di non confermare la team option su Chandler Parsons (16,6 punti di media conditi da 5,5 rimbalzi, 4 assist ed il 47,2% al tiro di cui 37% da 3), rendendolo subito restricted free agent (così da poter pareggiare eventuali offerte che riceverà) anzichè unrestricted nel 2015. Troy Daniels e la piacevole conferma Patrick Beverley sono nelle stesse condizioni di Parsons, ma non conoscono ancora il loro futuro mentre Garcia ha una “player option” che probabilmente sfrutterà. Al draft i Rockets hanno le scelte n° 25 e 42 e, in un’annata così “profonda” e possibile che vengano selezionati giocatori che possano tornare utili fin da subito (servirebbe un playmaker “costruttore” di gioco essendo Beverley di “rottura” e Lin un realizzatore, così come il rookie Canaan, visto poco quest’anno). Il GM Daryl Morey da questo punto di vista ha dimostrato buon fiuto, così come non ha mostrato alcun timore a rivoltare come un calzino il proprio roster pur di ottenere dei risultati concreti. Come sempre, da qualche anno a questa parte, si attende un’estate movimentata in Texas.


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