La stagione. Che dire della stagione dei Lakers? Anzi, delle stagioni dei Lakers. L’annata dei gialloviola, infatti, si può dividere in due parti abbastanza nette: se a inizio anno, nonostante una squadra di livello evidentemente sempre più basso, l’attitudine era positiva e ottimista, in attesa del rientro di Kobe Bryant, dalla metà di dicembre, subito dopo il nuovo “season-ending injury” della stella di Los Angeles, la squadra ha ceduto di schianto, passando da un decoroso record sempre intorno al 50% (13-13 al 20 dicembre) a un tremendo 14-42, pari al 25% di vittorie. È come se i Lakers abbiamo buttato il cuore oltre all’ostacolo nel primo mese abbondante di stagione, per “consegnare” al rientrante Bryant una squadra in grado di lottare per i playoff. Poi, quando dopo appena 6 partite Kobe ha dovuto nuovamente dare forfait, sono rimaste poche alternative: a scelta, crollo psicologico o tanking spudorato? Ai posteri l’ardua sentenza… anche se la sorte non ha esattamente premiato l’ormai seconda franchigia losangelena, che avrà solo la scelta n. 7 al prossimo draft.

Mike D'Antoni e Pau Gasol: addio per entrambi a L.A.? (Foto: espn.go.com)

Mike D’Antoni e Pau Gasol: addio per entrambi a L.A.? (Foto: espn.go.com)

MVP. Fino agli anni scorsi questa voce era più che scontata. Quest’anno, invece, è arduo trovare il “migliore”, in una stagione che per la maggior parte del tempo è stato un continuo “garbage-time”. Andiamo forse controcorrente premiando Pau Gasol, prima di tutto per le cifre (che, in una stagione in cui tutti i giocatori, o quasi, hanno pensato per prima cosa ad accumulare statistiche e mettersi in mostra, contano non poco), che lo collocano tra i migliori insieme a Nick Young e Jodie Meeks: 17,4 punti, 9,7 rimbalzi, 3,4 assist, 48% dal campo. Ma non sono le buone statistiche l’unico merito del catalano: abituato a un contesto vincente, e già dotato di un certo pedigree, avrebbe potuto comodamente “evitare” di giocare; invece, nonostante le continue voci su una sua cessione e le pesanti critiche per il fatto che in campo non dia sempre il 100% (vero, e forse appunto comprensibile quest’anno), Gasol ha dato il suo contributo, mostrando a sprazzi un talento che, pur diluito dai suoi 34 anni, può ancora far comodo a parecchie squadre di alto livello.

La sorpresa. Che Nick Young e Jodie Meeks sapessero far canestro, soprattutto se privi di particolari pressioni, si sapeva. Qualche dubbio in più invece c’era su Kent Bazemore, il quale, arrivato da Golden State a metà stagione, è passato dai 2,3 punti in 6 minuti di media in maglia Warriors ai 13,1 in 28 minuti, con il 37% da tre, 3 rimbalzi e 3 assist di media in maglia Lakers. Cifre da prendere con le pinze, ovviamente, ma intanto un segnale alla dirigenza Kent lo ha dato…

Ennesima stagione deludente per Wesley Johnson (Foto: usatoday.com)

Ennesima stagione deludente per Wesley Johnson (Foto: usatoday.com)

La delusione. Dovendo costruire un roster con le briciole lasciate nel salary cap dai contrattoni dei vari Bryant, Gasol e Nash, i Lakers hanno dovuto per forza di cose puntare su giocatori dal buon potenziale che però, per un motivo o per l’altro, fino a quel momento avevano deluso (o perlomeno reso al di sotto delle aspettative) nella loro carriera NBA. Se i vari Nick Young, Xavier Henry, Kendall Marshall o il cavallo di ritorno Jordan Farmar, pur tra alti e bassi, possono dire di aver vissuto una stagione positiva, Wesley Johnson ha giocato la solita stagione senza infamia e senza lode: scelto addirittura al numero 4 nel draft del 2010 (prima di gente come Gordon Hayward e Paul George, giusto per limitarci al suo ruolo), ha deluso sia ai T-Wolves che ai Suns; quest’anno era forse la sua ultima, grande occasione, e l’ha sprecata collezionando appena 9,1 punti, con il 42% dal campo, 4,4 rimbalzi e 1,6 assist.

Prospettive future. Posto che, se alla dirigenza gialloviola è rimasto un minimo di buonsenso, Pau Gasol saluterà Los Angeles quest’estate, i Lakers puntano con decisione all’estate 2015, quando saranno free agent giocatori del calibro di Kevin Love, LaMarcus Aldridge, Rajon Rondo e Marc Gasol, solo per citarne alcuni, e quando l’unico giocatore sotto contratto sarà Kobe Bryant. Il futuro a breve termine, però, è ancora più spinoso: prima di tutto, tornerà Kobe? Quando? Come? Da questo dipende tutto, anche quello che verrà dopo. Secondariamente, la questione coach: chi verrà scelto al posto del dimissionario, e molto discusso, Mike D’Antoni? Terzo: chi verrà pescato con la settima scelta al draft? Si punterà su un prospetto da sviluppare o su un giocatore in grado di dare una mano fin da subito? Infine, come scegliere chi confermare, tra i giocatori che già si hanno in casa? Al momento, oltre a Kobe, sono sotto contratto solo Steve Nash e Robert Sacre, mentre Kendall Marshall ha una team option e Nick Young una player option. Per il resto… Non è così facile scegliere, dato che, tra garbage-time e infortuni vari, sono addirittura otto i giocatori che hanno segnato in doppia cifra di media, più altri quattro con oltre 8 punti a partita (basti pensare che il peggiore, Sacre, comunque ne ha messi 5,4!). Il momento è delicato e ci sono troppe variabili in gioco: il prossimo anno, in casa Lakers, sarà tutto da scoprire.